Intervento pubblicato per GIAP WUMING Foundation
Wu Ming1 scrive :" Grande merito di questo post
è di sottolineare, a colpi di citazioni e dati di fatto innegabili, lo
schifoso razzismo di D’Annunzio e di tutta la retorica su cui si basava
l’impresa. Razzismo antislavo che, come giustamente dice Tuco, è il
principale anello di congiunzione col fascismo e – come dice Barone –
con la seconda guerra mondiale, cioè con l’occupazione dei Balcani"
***
Nel centenario dell’inizio della Grande guerra, questo articolo affronta nodi simbolici ed eredità odierne della cosiddetta «impresa di Fiume». Evento che, per linguaggio, stile, retorica e violenza, fu un’anticipazione del fascismo e un anello di congiunzione tra le due guerre mondiali. Un
post che partendo dalla Calabria, raggiungerà Fiume per poi
fermarsi a Ronchi dei Legionari, e attraverso una lettura critica
dell'impresa di occupazione fiumana metterà in discussione la
denominazione dei Legionari cercando di restituire la giusta dignità
ad un luogo, ad una comunità, ad una cittadina, che ha lottato
contro il fascismo per quella libertà e quella dignità che va
difesa anche attraverso i simboli ed è quello che ora tentiamo di
fare.
Ci
sono luoghi, a volte distanti mille e più chilometri, ma emblematicamente più vicini di quanto si possa immaginare. Esistono
storie, uomini o donne, che hanno scalfito, nel bene o nel male,
questione di prospettiva sociale, l'identità di quella terra che
ospita oggi giorno i tuoi passi, che hanno plasmato ideologie epiche
da cui sono sfociate violenze e sofferenze. Esiste
una storia che mai è stata superata, una storia che oggi ancora
bussa alle porte dell'indifferenza, contro ogni dormiente pensiero,
perché la storia non può dormire, la storia è il presente che
condizionerà quel futuro che ognuno di noi vuole mutare o
stabilizzare nel nome di un proprio ideale, nel nome della verità,
nel nome della giustizia laica e sociale, nel nome della dignità
collettiva ed individuale. Questo
è il caso, non casuale, non figlio di alcun fato, che lega
personaggi e città distanti e diverse, questo è il caso di Ronchi
dei Partigiani, di Fiume, di Vibo Valentia, di Luigi Razza, di
Mussolini, di D'annunzio, dell'irredentismo, del nazionalismo, del
fascismo e dell'antifascismo.
Egli
sapeva amarmi come tu medesimo sai. Dal Vittoriale degli Eroi egli
partì per la morte a tradimento. L’orbo veggente scoprì subito il
tradimento. I testimoni sono vivi. Anche
con queste parole di amicizia, d'amore fraterno, Gabriele D'Annunzio
ricordava il suo amico Luigi Razza
nato a Monteleone di Calabria (oggi Vibo Valentia),il quale è stato
redattore del Popolo
d’Italia e
segretario dei Fasci d’azione di Milano. E’ stato Deputato (dal
1924), divenne segretario e poi presidente della Confederazione dei
sindacati fascisti dell’agricoltura (1928-33) e membro del Gran
Consiglio del fascismo.
Fu ministro per i Lavori pubblici per Mussolini (1935); morì mentre
si recava all’Asmara. Ma
il legame che vi è tra D'Annunzio e Luigi Razza, passa anche
attraverso i luoghi, i simboli, attraverso il mito dell'Impero
Romano, che sarà la spada che violenterà la dignità di intere
comunità, popoli e semplici cittadini. Nel
1939 a Vibo Valentia, città natale di Luigi Razza, venne inaugurata
da Benito Mussolini durante la sua visita alla città, il monumento a
lui dedicato, il quale si erge in Piazza San Leoluca su un alto
piedistallo, sormontato da una stele recante in cima l’effigie
marmorea della Vittoria alata.
Un’altra
effigie gli è stata riservata nel Palazzo del Municipio, anche
questo a lui intitolato e con inciso la sua città grata,
scritta
che verrà riportata nella corona che periodicamente verrà apposta
alla base del monumento fascista di Vibo, probabilmente l'unico in
Italia ancora oggi esistente dedicato ad un ministro del Regime
fascista, con tanto di nastro tricolore.
Ma
a Luigi Razza sono state state intitolate e dedicate diverse vie,
il locale aeroporto militare, base del reparto “cacciatori
Calabria” dei Carabinieri, lo stadio comunale, una piazza e la via
principale del cimitero cittadino ove primeggia su tutte l'immensa
cappella del Ministro Fascista preceduta da un vialetto circondato,
ancora oggi, da fasci littori,
ed
ovviamente all'interno della stessa troverai foto di Mussolini e del
periodo fascista. Ma vi è di più, Poste Italiane, su richiesta del
Comitato Vibonese Luigi Razza, ha realizzato a margine di un recente
convegno su Luigi Razza, uno stand per lo speciale annullo filatelico
dedicato al ministro fascista, per essere apposto su una cartolina
celebrativa a tiratura limitata. Il
19 gennaio 1928, come molte altre città dell'Italia meridionale ma
non solo, Monteleone, venne richiamata con il suo antico nome latino
di Vibo Valentia, in omaggio alla politica fascista di romanizzazione
dell'Italia.
Iniziative
di omaggio e di identificazione con l'antica civiltà dell'Impero
Romano che si ponevano nell'ottica dell'italianizzazione e della
fascistizzazione dell'Italia, che vennero anticipate proprio da
quel luogo che altro non fu che una semplice base logistica per il
caro amico di Luigi Razza, Gabriele D'Annunzio, ovvero Ronchi di
Monfalcone, per la sua marcia su Fiume.
Ronchi
di Monfalcone che divenne Ronchi dei Legionari, e fu uno dei primi,
se non addirittura, il primo cambio di denominazione che avvenne in
un Comune d'Italia nel pieno spirito della romanizzazione di questo
Paese durante il regime fascista. Già,
Ronchi dei Legionari deve il suo attuale nome alla spedizione di
occupazione dei legionari, capeggiati da Gabriele D’annunzio, del 12
settembre 1919. Una forza prevalentemente volontaria irregolare di
nazionalisti ed ex combattenti italiani, partendo da Ronchi, invaderà
ed occuperà Fiume. Impresa di chiara occupazione e non si deve
dimenticare che nel Patto di Londra del 26 aprile 1915 negli
articoli 4 e 5 Fiume non era inclusa nelle richieste italiane in caso
di vittoria.
“ In nome di tutti i morti per l'Italia giuro di
essere fedele alla Causa Santa di Fiume, non permetterò mai con
tutti i mezzi che si neghi a Fiume l'annessione completa ed
incondizionata all'Italia. Giuro di essere fedele al motto: Fiume o
morte”. Questa era la formula del giuramento di Ronchi per la
marcia di Fiume. Venti ufficiali, 222 granatieri, 4 mitragliatrici, 4
pistole mitragliatrici 16 mila munizioni per i fucili e la
spedizione ebbe luogo con alla testa la Fiat tipo 4 con l'ausilio
determinante di una parte di esercito che a seguito della pace, della
riduzione di personale, della smobilitazione, rischiava di perdere la
sua vera anima e che probabilmente avrà visto in D'Annunzio ed in
Fiume, con la piena complicità dello stesso Vate, uno strumento
utile per fini che solo la storia riuscirà a spiegare con gli eventi
che ne conseguiranno. Fiume era solo uno strumento e non il fine. E' interessante, a tal proposito, la testimonianza del maggiore Carlo Reina,Capo di Stato maggiore del comando fiumano dal
settembre al dicembre 1919,protagonista insieme a D'Annunzio della
marcia su Fiume, che poi per diversi motivi venne allontanato dal
Vate e spedito in via punitiva a Zara.
Nella sua relazione sulle
vicende fiumane del 1921 inviata a Prezzolini, così scriveva “
veniva trattato l'invio di circa un centinaio di Ufficiali in Italia
per avvicinare e lavorare gli ambienti più facilmente
rivoluzionabili, studiare gli edifici che in ogni singola Città
avrebbero dovuto essere occupati, come banche, stazioni ferroviarie,
poste, telegrafi ed infine studiare il moto di armare la milizia
cittadina. (…) Era intenzione del Poeta di inviare in Italia(
durante il periodo delle elezioni politiche ndr) un adeguato numero
di legionari col preciso mandato di rompere le urne il giorno delle
elezioni. Già tutto era pronto per questa spedizione quando corse a
Fiume Mussolini ad impedire l'attuazione”.
D’Annunzio, che è stato anche uno dei primi firmatari del manifesto degli intellettuali fascisti, scriveva,poco prima della partenza per Fiume, a colui che sarebbe diventato il dittatore fascista,Benito Mussolini, “domattina
prenderò Fiume con le armi”.
Poi lo implorava affinché il dittatore non lo lasciasse solo in tal
sventurata impresa di occupazione. Il 23 marzo del 1919 a Milano
Mussolini fondò i fasci di combattimento e sempre in tale anno
Mussolini finanziò l’impresa di Fiume raccogliendo quasi tre
milioni di lire. Una prima tranche di denaro, ammontante a 857.842
lire, fu consegnata a D’Annunzio ai primi di ottobre, altro denaro
in seguito. D’Annunzio inviò successivamente una lettera a Mussolini e certificò
che parte della somma raccolta fu utilizzata per finanziare lo
squadrismo a Milano richiamandosi ai legionari di FIUME ed
invitandolo a fare suo il motto degli autoblindo di Ronchi: « Mio
caro Benito Mussolini, chi conduce un’impresa di fede e di
ardimento, tra uomini incerti o impuri, deve sempre attendersi
d’essere rinnegato e tradito “prima che il gallo canti per la
seconda volta”. E non deve adontarsene né accorarsene. Perché uno
spirito sia veramente eroico, bisogna che superi la rinnegazione e il
tradimento. Senza dubbio voi siete per superare l’una e l’altro.
Da parte mia, dichiaro anche una volta che — avendo spedito a
Milano una compagnia di miei legionari bene scelti per rinforzo alla
vostra e nostra lotta civica — io vi pregai di prelevare dalla
somma delle generosissime offerte il soldo fiumano per quei
combattenti. Contro ai denigratori e ai traditori fate vostro il
motto dei miei “autoblindo” di Ronchi, che sanno la via diritta e
la meta prefissa. Fiume d’Italia, 15 febbraio 1920 Gabriele
D’Annunzio.»
Certo
quell'impresa è stata ben vista anche da una parte di sinistra,
anche per alcuni principi adottati nella Carta
del Carnaro,
eppure era una carta che aveva diversi aspetti di autoritarismo
puro, come il divieto di sciopero,in caso di grave pericolo per la
Repubblica l’Assemblea Nazionale poteva nominare un Comandante per
un periodo non superiore ai sei mesi. Il Comandante durante il
periodo in cui rimaneva in carica esercitava tutti i poteri politici
e militari, sia legislativi che esecutivi. I membri del potere
esecutivo funzionavano come suoi semplici segretari. Allo spirare del
termine fissato per la durata della carica del Comandante,
l’Assemblea Nazionale si doveva riunire nuovamente e deliberare
sulla conferma in carica del Comandante stesso, sulla sua eventuale
sostituzione o sulla cessazione della carica. Una carta che
legittimava la proprietà privata e pur confermando la sovranità
collettiva di tutti i cittadini senza distinzione di sesso, di razza,
di lingua, di classe e di religione riconosceva maggiori diritti ai
produttori.
Certo,
la Russia bolscevica sarà l'unico paese a riconoscere la Reggenza
italiana di tal luogo, alcuni esponenti politici di allora di
sinistra vedevano, in modo illusorio, nell'impresa un momento per
rivoluzionare l'esistente verso uno stato nuovo, ma è il caso di
precisare che non tutta la sinistra non tutti gli intellettuali,
artisti e persone di cultura hanno sostenuto quella pagliacciata.
Ecco
cosa scrivevano alcuni professori od intellettuali in merito alla
volontà di realizzare il monumento a D'Annunzio a Ronchi: “Infatti
indipendentemente dai propositi di sincero patriottismo di taluno dei
partecipanti, oggi risulta chiaro – anche secondo il giudizio della
più recente storiografia – che l’impresa dannunziana rappresentò
il primo passo sulla via della sovversione violenta del costume
morale e civile di libertà trasmessoci dalle generazioni del
Risorgimento, nonché la premessa ideologica e tattica del fascismo,
e comunque un sintomo evidente di quel disordine spirituale che
interruppe il naturale sviluppo della democrazia italiana. D’altra
parte la stessa impresa, esasperando odi locali e conflitti
nazionalistici, ostacolò l’avvio ad un’equa soluzione dei
problemi politici dell’Alto Adriatico. Celebrare
oggi questo episodio significa screditare l’ordinamento democratico
del paese e compiere opera di diseducazione politica e civile,
particolarmente nei riguardi dei più giovani, ai quali si addita
come esemplare un gesto irrazionale di sovversione e violenza”.
Oppure
lo stesso Pasolini scriveva che
La sua importanza letteraria( D'Annunzio ndr) è soltanto negativa, e
cos’è la sua importanza nel costume e nella storia. Egli
rappresenta e esprime l’Italia nel suo momento involutivo: nel
momento cioè in cui il Risorgimento ha mostrato i suoi limiti, la
sua vera essenza di rivolta aristocratica, il suo liberalismo
apocrifo (cfr. Gramsci), e la nuova classe borghese è cominciata a
diventare quello che è: una mostruosa riserva di egoismo, di
conformismo, di paura, di mistificazione, di ristrettezza mentale, di
provincialismo. (…) L’impresa
di Fiume è stata una pagliacciata narcisistica. I poveri, onesti
nazionalisti friulani ne sono delle ingenue vittime
Od ancora: “Proprio in questi giorni ho visto in visione privata il filmAll’armi siam fascisti!– che è un film stupendo, una fra le più emozionanti opere cinematografiche che abbia mai visto. Tra le centinaia di altre cose, vi si vede, due o tre volte, D’Annunzio: regolarmente sfottuto dallo splendido commento di Franco Fortini: «Poeta, malgrado il suo cattivo gusto», lo chiama Fortini: ed è l’unico complimento che io non condivido. Perché il cattivo gusto di D’Annunzio è un cattivo gusto politico, cioè fascismo; e fascismo e poesia non possono mai coincidere, «per contraddizion che no’l consente».Per capire veramente D’Annunzio, il lettore medio deve vedere questo film, ammesso che la censura lo sblocchi. E se non lo sbloccasse, sarebbe davvero il caso più scandaloso di quanti hanno reso celebre la censura italiana in questi anni: un caso da dover scendere in piazza. Ripeto: solo in un simile contesto che mette davanti agli occhi in modo fulminante e indubitabile tutto ciò che ha costruito, prodotto e integrato il fascismo, si può intendere bene cosa è stata la poesia di D’Annunzio, col suo atroce gusto, col suo stantio spudorato classicismo, le sue facili orge di raffinatezza a poco prezzo. Pier Paolo Pasolini, articolo pubblicato sulla rivista Vie nuove, 30 settembre 1961
Narcisismo
ed edonismo esasperato tra le antiche mura di Fiume ove D'Annunzio ha protetto
anche le violenze e le nefandezze che si sono consumate in loco.
Reina,sempre nella relazione inviata a Prezzolini nel gennaio del
1921, denunciava che D'Annunzio proteggeva i consumatori di cocaina
esigendone l'incolumità, od ancora “ da lui venivano donne da
Trieste, Roma, Venezia. La Baccara era la favorita e in quel
simulacro di corte aveva le funzioni di Regina. Ogni sera il Poeta
andava a pranzo alla mensa degli Aviatori e sempre portava in regalo
a ogni commensale una bottiglia di champagne; 27 erano i commensali e
27 le bottiglie che ogni sera venivano sturate da quei signori,
mentre fuori la popolazione veramente soffriva la fame”.
Il
punto nodale della questione è il motivo reale del nome Ronchi dei
Legionari e dei simboli, monumenti ancora oggi esistenti, dedicati al
fascismo. A tal proposito è importante evidenziare che la Spagna ha recentemente rimosso tutte le statue di Francisco Franco, anche se
a dire il vero qualche via intitolata ai fascisti di Franco esiste
ancora. Dal libro Ronchi
dei Legionari Storia e documenti di
Silvio Domini, edizione dicembre 2006, a pagina 147 , emerge un
documento tratto dall'Archivio Comunale di Ronchi nel quale si
evidenzia la chiara volontà politica di stampo nazionalistico e non
solo , che sarà tipica del fascismo, che determinerà il cambio del
nome di Ronchi. Infatti, il motivo reale e sostanziale che ha
comportato il mutamento del nome, proposto il 4 ottobre del 1923 dal
Consiglio comunale popolar-fascista, sarà il seguente :“
rammentando
la nobile ed audace Impresa del Comandante G.D'Annunzio, il quale
partì con i suoi Legionari da Ronchi, per suggellare l'Italianità
della Città di Fiume, rendendo con ciò noto per la seconda volta il
nome di Ronchi nella storia delle rivendicazioni italiane”.
Mussolini ritardava dall'attuare tale richiesta come formulata dai
fascisti di Ronchi, probabilmente perché in competizione con
D'Annunzio.
Ma
quando comprenderà che la denominazione dei Legionari si conciliava
perfettamente con quello spirito della romanizzazione dell'Italia che
lui voleva imporre ed ha imposto, quando capirà che la Marcia su
Fiume altro non è stata che l'anticipazione della Marcia su Roma,
facendo proprio il fascismo quella pericolosa impresa dannunziana,
non potrà che acconsentire, ma per acconsentire sarà necessario un
mero atto di omaggio e di fedeltà che Ronchi doveva manifestare
espressamente nei confronti del Duce.
Ed
ecco che il 17 maggio del 1924 il Consiglio Comunale prevalentemente
fascista di Ronchi delibererà nella seduta straordinaria di
nominare Benito Mussolini “ cittadino
onorario di Ronchi di Legionari”
il quale il 2 novembre del 1925 con il Regio Decreto firmato da Rocco
e pubblicato nella G.U n° 283 del 5 dicembre 1925 decretò il nome
Ronchi dei Legionari ed il 20 settembre 1938 si fermò a Ronchi dei
Legionari, dopo la proclamazione delle Leggi Razziali a Trieste,
proprio
per consacrare la fascistizzazione del nuovo nome in armonia con la
fascistizzazione dell'Italia razzista.
Si deve precisare che la decisione di consacrare il nome di Ronchi
ai legionari di D'annunzio, all'impresa di Occupazione ed
italianizzazione di Fiume, coincide con il periodo delle leggi
fascistissime.
Come
la legge 26 novembre 1925 n. 2029 che predispone una mappatura
dell’associazionismo politico e sindacale operante nel regno, come
la legge 24 dicembre 1925 n. 2300 che predispone l' allontanamento
del servizio di tutti i funzionari pubblici che rifiutano di prestare
giuramento di fedeltà al regime, come la legge 24 dicembre 1925 n.
2263 (primo intervento strutturale in materia costituzionale), ed il
nome Ronchi dei Legionari cade proprio nel mezzo della
fascistizzazione dell'Italia. Il Fascismo farà propria l'impresa di
Fiume, farà propri i simboli introdotti dal guerrafondaio D'Annunzio
con quell'impresa di occupazione, come il saluto romano con il
braccio alzato, la camicia nera istoriata di teschi, ed il grido eia
eia alalà, il balcone di Fiume che diventerà il balcone di piazza Venezia, ed il nome Ronchi “dei Legionari” sarà fascista e non
potrà che essere fascista. “
E'
necessario impiegare il maggior numero di persone nella propaganda in
paese e fra le truppe, oggi bisogna agitare e far sì che la Nazione
tutta senta l'ora storica che attraversa. Il gesto compiuto a Fiume
deve aver termine a Roma” queste le parole di Giovanni Giurati
quando si rivolgeva ad un esponente di primo piano del combattentismo
giuliano, ringraziandolo per il contributo offerto da Trieste ai
legionari.
E
da Trieste, Giunta, dirà che bisognava liberare la regione intera
dall'incubo comunista-slavo,dimostrare a certi subdoli stranieri che
Trieste era una città italiana che non teneva affatto alla qualifica
anseatica e poi marciare su Roma e scacciare i mercanti del tempio (
dannunzianesimo e fascismo di confine di A.M.Vinci pag.123 e ss in
Fiume D'Annunzio e la crisi dello Stato liberale d'Italia)
E
non si deve dimenticare che il fascismo inserì D'annunzio tra i suoi
precursori anche grazie ad alcuni stretti collaboratori del Vate
come Malusardi, Marpicati, Amilcare De Ambris, che si congiunsero
senza perdere tempo alcuno con il nascente regime e sarà proprio
nell'impresa fiumana che si forgeranno i gusci più rilevanti del
primissimo fascismo giuliano,friulano ecc.
Anzi è il caso di ricordare, a tal proposito, per esempio che invece Alceste De Ambris fu anche un massone, e Camillo Berneri ricorda nei suoi scritti che ” Il Gran Maestro della massoneria Domizio Torrigiani quando fu proclamata l’annessione di Fiume, con una balaustra circolare (28 febbraio 1924) rivendicava al Grande Oriente il merito di aver proclamato fin dall ‘armistizio l’italianità di Fiume e le necessità dell’annessione. Si sa che l'impresa di Ronchi” fu possibile per l’appoggio della Massoneria, che si affrettò a garantire alla Massoneria scozzese-americana il governo provvisorio di Fiume. D’Annunzio fu perfino investito del cordone di 33 del Rito Scozzese antico”.
Vittorio
Graziani, invece, diviene il nuovo segretario del fascio urbano di Gorizia ed
era già stato segretario della componente goriziana della
Federazione nazionale dei legionari fiumani, il fascio di Udine avrà
luogo, guarda caso, all'interno della Rappresentanza per il Friuli
della Reggenza italiana del Carnaro, il Friuli fascista, un giornale
locale, altro non farà che riprendere la demagogia e lo stile
retorico del fiumanesimo dannunziano, a Trieste, Francesco Giunta ha
come modello D'annunzio e sarà proprio con il sostegno all'impresa
fiumana che inizierà la sua carriera violenta e fascista. (
dannunzianesimo e fascismo di confine di A.M.Vinci pag.123 e ss in
Fiume D'Annunzio e la crisi dello Stato liberale d'Italia)
Innanzi
al palazzo del Municipio di Ronchi domina nella piazza un monumento
dedicato alla resistenza, perché Ronchi tra le varie cose, ha la
decorazione al Valor Militare per la Guerra di Liberazione, perché
centinaia e centinaia sono stati i cittadini di Ronchi che hanno
combattuto per la libertà e contro il fascismo e che sono stati
uccisi per questo.
Pensando
a ciò, alla contraddizione che emerge tra una denominazione che
nulla ha che vedere con la reale storia di Ronchi, con l'identità di
Ronchi, con la reale vita della comunità di Ronchi, con il senso di
appartenenza a Ronchi, ed è questo il punto nodale della questione,
visto ed anche rilevato che a quell'impresa di occupazione non
parteciparono cittadini di Ronchi, ma la città fu ed altro non fu
che una semplice base temporanea logistica, con un gruppo di
cittadine e cittadini in un giorno di fine estate 2013, decidiamo di
realizzare un gruppo facebook dal seguente nome Ronchi dei Partigiani. Lo scopo di questo gruppo, che ha centinaia di condivisioni, ha lo
scopo di
proporre una riflessione, una discussione, un dibattito
sull'imposizione della denominazione dei Legionari a Ronchi,
denominazione ottenuta in piena prossimità del periodo delle leggi
fascistissime e grazie alla cittadinanza onoraria riconosciuta a
Mussolini(con
deliberazione del consiglio comunale n. 1301/24 dd. 17.05.1924),
ma nello stesso tempo proponiamo anche la cancellazione, in modo
assolutamente democratico e partecipato e dal basso, della
denominazione dei Legionari perché la reputiamo impropria e non
espressione dell'identità di Ronchi, perché la reputiamo figlia
della cultura fascista, stante il fatto che è stato il fascismo a
far proprio l'evento, pericoloso per la pace e gli equilibri appena
maturati dopo la prima guerra mondiale, quale la marcia su Fiume.
Già, una azzardata impresa che ha reso reale il rischio di
isolamento politico ed economico per l'intero Paese, così come reale
era il rischio di un conflitto con la Jugoslavia, una “bomba”
quella dell'impresa fiumana che ha anticipato in via complessiva e
globale ed ispirato nei gesti, nei simboli, nel linguaggio, la marcia
su Roma e tutto ciò che ne è conseguito. E'
interessante a tal proposito riportare anche quanto scrisse
D'annunzio nel “libro segreto”:
“
Cursore
leale ho trasmesso con tutti i miei segni la face all' uomo novo che
l'Orbo veggente aveva annunziato nei suoi Canti della Ricordanza e
dell'Aspettazione”. L'uomo novo è Mussolini, e D'Annunzio consegna
la “vittoria non più mutilata” ovvero l'eredità dell'Impresa di
Fiume e di tutto ciò che vi è connesso a Mussolini. Nel
1903, nei versi di Elettra, quando introduceva la Città del
Silenzio, si parlava già dell'uomo nuovo, come l'Eroe da attendere,
e che arriverà e che verrà identificato al momento opportuno in
Mussolini a cui consegnerà la sua “eredità”. A
proposito del concetto di uomo nuovo, questo, ovviamente, lo farà
proprio Mussolini «Noi abbiamo respinto la teoria dell'uomo
economico, la teoria liberale, e ci siamo inalberati tutte le volte
che abbiamo sentito dire che il lavoro è una merce. L'uomo economico
non esiste, esiste l'uomo integrale che è politico, che è
economico, che è religioso, che è santo, che è guerriero.»
(Benito Mussolini, Discorso del 14 novembre 1933, in "Tutti i
discorsi - anno 1933 ) Dopo
l'Impresa d'Africa, D'Annunzio, maturò i massimi rapporti con
Mussolini e fu la censura fascista a conferire il nulla osta alla
stampa del libro segreto grazie specialmente all'immenso patriottismo
e nazionalismo ivi contenuto oltre che a qualche riferimento al
Dittatore oltre che indiretti, forse non poi tanto indiretti, sensi
di dispregio verso quelli che lui definirà barbari.” Dissi è da
cancellare il nome di Cattaro, che sta laggiù in fondo al suo golfo
rimoto come il Vallone di Risano dall'altra parte”(...) “ per
gioco non perfido io chiamai la mia azione inesorabile voluta da me
solo, io la chiamai Teodia” dalla baia di Teodo e Teodia è canto
in onore del dio. O ancora “ ma v'è una stirpe barbarica che
mostra una smisurata forza, ne sento la pulsazione nelle tempie, come
quando il rivolgimento tellurico si annunzia, noi latini diamo il
contributo verbale: telluris opes. V'è un Dio d'Italia che sollevi
domani di mille cubiti la statura nostra? Che ci renda la volontà
della potenza, del diritto divino, dell'imperio ereditato?”
Il
15 novembre 2013 proponevo una istanza di Accesso agli atti al Comune
di Ronchi dove formulavo vari quesiti che avevano lo scopo di
risollevare il problema della cittadinanza onoraria di Mussolini a
Ronchi, fatto strettamente connesso all'attuale denominazione.
Il
Sindaco di Ronchi risponderà in modo positivo, prendendo
pubblicamente l'impegno e l'iniziativa di adoperarsi il prima
possibile per revocare la cittadinanza onoraria a Mussolini dopo ben
quasi 90 anni dalla concessione.
Anche il Partito della Rifondazione
Comunista di Ronchi presenterà una mozione, successivamente a ciò,
per sollecitare la revoca della cittadinanza onoraria a Mussolini e
tutto ciò che è conseguito ad essa ed ovviamente l'ANPI locale
sostiene la revoca della cittadinanza
onoraria a Mussolini.
Ma,
come è ovvio che sia, il tutto inizia lentamente ad avere un piccolo
ma importante effetto domino. Sono ancora tanti i Comuni italiani che
hanno riconosciuto la cittadinanza onoraria a Mussolini senza mai
revocarla, uno di questi è Gorizia. Già,
anche Gorizia ha tra i suoi “cittadini” Mussolini, anche se i
motivi della cittadinanza riconosciuta a colui che è stato il
simbolo, l'artefice del fascismo e di tutto ciò che vi è connesso,
sono diversi rispetto a quelli di Ronchi, ciò perché la
cittadinanza riconosciuta dal consiglio comunale di Ronchi era una
forma simbolica, ma importante, per sollecitare il cambio del nome
nell'attuale Ronchi dei Legionari, cosa che è effettivamente
accaduta. Dal Piccolo del 13 dicembre 2013 si apprende che il Sindaco
di Gorizia avrebbe così risposto in merito al fatto di provvedere a
revocare la cittadinanza anche in detto Comune a Mussolini: “Mi
aspettavo che prima o poi qualcuno mi avrebbe posto questa domanda.
Mi sembra che ci siano cose più importanti da risolvere. Lasciamo
che la storia continui a dormire”. Uno schiaffo che viene dato
specialmente ai giovani, alle nuove generazioni che hanno raccolto i
valori dell'antifascismo che mai quanto ora sono attuali, basta
vedere quello che accade in questi giorni in Italia o nell'Europa
dell'Est dove attacchi squadristi, incitazione all'odio verso lo
straniero, tentati assalti alle sedi dei sindacati, giusto per citare
gli esempi più eclatanti, lasciano ben intendere come in questo
Paese, in particolar modo, il fascismo, con tutte le sue evoluzioni,
è un problema sociale attuale. Quella risposta è anche uno schiaffo
che viene dato a chi ha lottato contro il fascismo, a chi è morto
per colpa e mano del fascismo, uno schiaffo anche contro la
Costituzione nata dalla resistenza. La storia non può continuare a
dormire, l'indifferenza è il male dei mali e l'antifascismo è
sempre urgente, i principi, la dignità, i valori, i diritti civili,
l'etica, devono essere sempre al primo posto e su questo non si
discute. Il fatto che si dica che ci sono cose più urgenti è la
solita scusa adottata non tanto per non voler affrontare il problema,
che è un problema, bensì perché probabilmente si condivide ciò
che non si vuole revocare. Revocare l'atto di cittadinanza a
Mussolini non è un semplice atto formale e simbolico ed inutile per
la città considerata, è invece un mero atto formale che è sintomo
di sostanza e questa sostanza si chiama rispetto per la libertà, per
la dignità di una intera comunità, rispetto per l'antifascismo. Non
voler revocare la cittadinanza onoraria a Mussolini o lasciar dormire
la storia significa semplicemente essere favorevoli alla sua
cittadinanza ed a tutto ciò che lui ha rappresentato in questo
Paese, a tutto ciò che il fascismo ha rappresentato in questo Paese.
Ma
nello stesso tempo ecco risvegliarsi i sentimenti dell'Irredentismo.
La
lega nazionale di Gorizia ci accusava di essere grottescamente
antistorici, in merito all'iniziativa culturale, sociale, intrapresa
dal nostro gruppo quale Ronchi dei Partigiani che tra le varie cose
scrivevano: “Nessuno può modificare la storia ed è pretestuosa
qualsiasi divagazione sull'argomento il 12 settembre 1919 partì da
Ronchi la Marcia su Fiume e in seguito la città divenne parte
integrante dello Stato italiano!”. A tal proposito è il caso di
rimarcare che il legame tra l'impresa di Fiume e la comunità di
Ronchi è un grande artificio. E' lo stesso d'Annunzio nei suoi diari
dei giorni della marcia a definire Ronchi "piccolo borgo
inconsapevole". Inoltre l'impresa non ha inciso minimamente
nella coscienza collettiva dei ronchesi che in tutto questo non hanno
partecipato nè ne sono stati condizionati. Ne è dimostrazione poi
il forte impegno antifascista della popolazione durante la lotta di
liberazione e dunque rivendicare con un irredentismo , al di fuori
dalla logica, Fiume è incomprensibile oltre che anacronistico. Ma ci
accusavano anche di aver manipolato le foto storiche e che ciò
sarebbe degno della Enciclopedia Sovietica. In verità, premesso che
tutti gli abbonati dell'enciclopedia Sovietica sotto il regime di
Stalin quando un personaggio prominente "scompariva",
ricevevano delle nuove voci da incollare sopra quelle degli
scomparsi, noi non abbiamo cancellato o manipolato alcuna foto, ma
semplicemente e liberamente realizzato un logo che vede cancellato
con una x il nome dei Legionari ed emergere quello dei Partigiani.
Ronchi non è dei Legionari, non appartiene ai Legionari e mai potrà
appartenere ai Legionari, e quella denominazione dei Legionari,
ahimè, lascia, per grave errore storico, intendere il contrario.
Il
Dio di Dante è con noi –il Vate dirà in una nuova occasione, il 20
settembre 1919 –. Il Dio degli eroi e di martiri è con noi. È con
noi il Dio tremendo e soave che ha i suoi oratorii sul Grappa, sul
Montello, nel Carso, che ha le sue mille e mille croci nei cimiteri
silenziosi dei fanti, che ha quattordicimila croci in quella terra
arsiccia di Ronchi da dove l’altra notte ci partimmo credendo
sentire nell’aria l’odore beato del sangue di Guglielmo Oberdan
misto al fiato leonino dei combattenti di Marsala accorsi. […] Chi
può sperare non dico di abbattere ma di flettere questa volontà
umana e divina? […] E il Dio nostro faccia che il vento del
Carnaro, passando sopra Veglia, sopra Cherso, sopra Lussin, sopra
Arbe, sopra ogni isola del nostro arcipelago fedele e giurato, nel
natale italico di Roma e di Fiume romana, giunga ad agitare
vittoriosamente tutte le bandiere d’Italia.
Queste
sono alcune parole di D'Annunzio nel
Natale di Roma che venne pronunciato il 20 settembre 1919. Ecco lo spirito
dell'irredentismo essere dominante, ovviamente, anche nella Marcia su
Fiume e che ovviamente viene ancora oggi difeso e rivendicato. La
Fiume romana che festeggia i propri natali assieme a Roma, sua madre
ideale, il ricordo di Buccari, con l’indiretto ma ovvio richiamo
alla Grande guerra, il tema fondamentale dell’italianità
dall'area adriatica, il richiamo al luogo della cattura di Oberdan
che era proprio a pochi passi dalla dimora che ha ospitato D'Annunzio
prima di partire per Fiume, il richiamo al primo martire
dell’irredentismo, alla redenzione, tutti elementi che ben
connotano cosa è anche stata la marcia su e di Fiume. Eppure
Ronchi è un luogo collocato vicino al confine. E ciò che era oltre il confine italiano veniva anche considerato come barbaro e selvaggio. Infatti,
D'Annunzio, a cui recentemente è stato anche dedicato uno spazio espositivo in via temporanea altamente celebrativo dell'impresa fiumana e del poeta a pochi passi dal Municipio di Ronchi e poco storico, nei confronti dei croati per esempio nella lettera ai
Dalmati - E in me e con Lettera ai Dalmati così scriveva : (...) il
croato lurido, s’arrampicò su per le bugne del muro veneto, come
una scimmia in furia, e con un ferraccio scarpellò il Leone
alato oppure (…) quell’accozzaglia di Schiavi meridionali che
sotto la maschera della giovine libertà e sotto un nome bastardo mal
nasconde il vecchio ceffo odioso...oppure da Gli ultimi saranno i
primi. Discorso al popolo di Roma nell'Augusteo, 4 maggio 1919 (…)
Fuori la schiaveria bastarda e le sue lordure e le sue mandre di
porci! «Di
fronte a una razza come la slava, inferiore e barbara, non si deve
seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone. Io
credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000
italiani.» Erano invece le parole
esplicite, pronunciate da Mussolini durante un viaggio nella Venezia
Giulia nel settembre del 1920, e come si può notare erano in piena
sintonia con il linguaggio, lo stile, e l'intento dannunziano che ha
caratterizzato anche i suoi versi razzisti nei confronti della
comunità slava. Ed
a tal proposito è interessante riportare quanto scrive AnnaDi Gianantonio in relazione alle barbarie del fascismo che si sono verificate in questa fetta di terra. “Nel nostro territorio in quel breve lasso di tempo il duce aveva già mostrato il suo volto anti slavo, accanendosi contro gli sloveni della zona per non macchiare l'identità italiana di luoghi per la cui “redenzione” erano morte centinaia di migliaia di soldati durante la guerra. Territori per nulla compattamente italiani e che bisognava dunque stravolgere nella loro identità. Da qui spedizioni punitive nei villaggi intorno a Gorizia, legge Gentile sulla scuola che prima limiterà, poi impedirà di parlare la lingua slovena, inizio della procedura di italianizzazione dei cognomi, prime persecuzioni contro il clero. E siamo appena agli inizi della dittatura. Mi pare inutile continuare nell'elenco dei successivi, e ben noti, crimini del fascismo al confine orientale, segnati in maniera radicale dalla politica razzista nei confronti degli slavi, che non erano affatto, come ha recentemente affermato Sergio Romano, esclusivamente provenienti dal “contado” ma costituivano un pezzo importante della borghesia cittadina. Intervistato sulla questione della cittadinanza al duce, il sindaco Romoli ha detto che “bisogna lasciare dormire la storia”, dimenticando che è proprio perché la storia si è lasciata troppo a lungo sonnecchiare che la città ha un'identità così frammentata e debole. E' proprio perché come italiani non abbiamo mai voluto chiedere scusa agli sloveni e riconosciuto i nostri errori che la città ha stravolto a fini ideologici il suo passato, cercando di guadagnare il più possibile dalla finta identità del “bono italiano”. Ora i tempi sono maturi per chiudere i conti con quelle vicende e iniziare una fase nuova di collaborazione tra le popolazioni del goriziano. Il GECT, l'organismo che lo stesso sindaco ha individuato come quello che dovrà rilanciare l'economia di Gorizia, è ospitato proprio nel Trgovski dom, edificio sottratto agli sloveni dal fascismo. Come si può collaborare senza togliere la cittadinanza al duce che ordinò il sequestro e la razzia di quell'edificio?” Parole che ovviamente condivido. Eppure in una delle pareti del Palazzo che ospita il Comune di Ronchi sono riportate due date, la prima è quella dell'impresa di Fiume, la seconda quella dell'annessione di Fiume all'Italia avvenuta simbolicamente il 16 Marzo 1924 quando il Re Vittorio Emanuele III arrivando a Fiume, ricevette simbolicamente le chiavi della città.
Date emblematiche, rilevanti che si pongono in linea con il processo dell'italianizzazione che ha partorito immense sofferenze per migliaia di persone la cui unica colpa era quella di non appartenere in sostanza alla folle razza italica, di non parlare italiano, di non essere italiano e figlio della Madre Roma. Luca Meneghesso scriverà che “esistono, come nel caso di Ronchi, imposizioni di tipo ideologico. Più diffuse quelle di tipo nazionalistico: basti pensare a tutti i toponimi slavi (ma anche friulani?) stravolti. Ad esempio il caso del monte Krn che in italiano diventa monte Nero (per la somiglianza di Crn – nero in sloveno – e Krn) nonostante si tratti di un “becco affilato” che scintilla candido di neve per tutto l’inverno come ricorda Boris Pahor. Oppure il caso che unisce entrambe le imposizioni con Sdraussina (Zdravščine) che diventa Poggio Terza Armata: deslavizzazione, italianizzazione ed esaltazione dell’esercito al tempo stesso. Pasolini( con riferimento alla lettera di Pasolini sopra riportata ndr) però, che nella parte critica mi pare convincente, nella parte propositiva, un monumento (?) a Ascoli, mi pare ingenuo e fuori luogo. Graziadio Isaia Ascoli non solo non fu rivoluzionario, ma neanche f
u una vittima del fascismo (essendo morto nel 1907). A lui
inoltre è dedicata quella Società Filologica Friulana che, nata nel
1919, è cresciuta durante il fascismo senza rischi. Ascoli, inoltre,
è stato l’inventore di quel nefasto neologismo concettuale di
“Venezia Giulia” che è da rigettare per diversi ordini di motivi
che altri
prima di me hanno
analizzato e che sono gli stessi, più altri, per cui rigettare il
monumento ai legionari (oltre che il suffisso a Ronchi). È
possibile a posteriori una revisione critica di un’opera
imperialistica anche su un piano semplicemente toponomastico? Ronchi
dei Partigiani mi
piace ma la questione è più complessiva e non la risolveranno i
‘taliani/talians/italiani in quanto amministratori (e gli
amministratori anche se furlani bisiachi e sloveni pur sempre
italiani restano). D’altra parte neppure i sottani, furlani,
bisiachi o sloveni che siano, si interesseranno alla cosa. La
nominazione-denominazione è annichilente atto d’imperio. Cose da
padri e padroni: non è di là che passa l’emancipazione…
Scardinare il linguaggio istituzionale, viralizzare i dialetti,
imbastardirsi, ripartire dal basso. Nessuno in dialetto dice “Ronchi
dei Legionari” o “Venezia Giulia”: è così che Legionari e
gens italiche sono già morti", E
dunque Fiume sfociò a Ronchi dei Partigiani, per restituire la
dignità ad una comunità che ha lottato per la libertà e la
resistenza e chissà che magari un giorno, quando oltre a revocare la
cittadinanza onoraria a Mussolini non si procederà anche con la
cancellazione della denominazione dei Legionari, semplicemente
perché impropria e non rispettosa della vera identità storica,
sociale, culturale di Ronchi; e chissà che in tal momento non sarà
possibile realizzare tra Fiume e Ronchi un gemellaggio nel nome di
una storia che non dorme ma è viva e sveglia, perché la storia
siamo noi . Ronchi
potrebbe essere uno dei primi, come Comune, ad essere intitolato
formalmente ai partigiani, e la forma sarà sostanza, sostanza di
dignità.
"Già
duramente provato dalle operazioni nel primo conflitto mondiale e,
forte delle sue tradizioni di dignità civile e politica, reagendo
con indomito coraggio alla lunga e crudele dittatura fascista, il
popolo di Ronchi dei Legionari, pur se in condizioni di grave
inferiorità tecnica e numerica, dopo l'8 settembre 1943, organizzò
la Resistenza contro l'occupatore, impegnandolo in numerosi e cruenti
scontri. Nel corso di venti mesi di lotta partigiana, malgrado
persecuzioni, deportazioni nei campi di sterminio, distruzioni e
torture, i Ronchesi furono tra i protagonisti della rinascita della
Patria, lasciando alle future generazioni un patrimonio di elette
virtù civili, di coraggio e di fedeltà agli ideali di giustizia".
( motivazioni Medaglia d'Argento al valor militare per l'attività partigiana svolta dai suoi cittadini in quel tragico periodo che seguì l'8 settembre 1943 a Ronchi)
WuMing1:
RispondiEliminaGrande merito di questo post è di sottolineare, a colpi di citazioni e dati di fatto innegabili, lo schifoso razzismo di D’Annunzio e di tutta la retorica su cui si basava l’impresa. Razzismo antislavo che, come giustamente dice Tuco, è il principale anello di congiunzione col fascismo e – come dice Barone – con la seconda guerra mondiale, cioè con l’occupazione dei Balcani.
Marco Barone:
Ronchi non è dei Legionari, non appartiene ai Legionari e mai potrà appartenere ai Legionari. Ronchi di Monfalcone divenne Ronchi dei Legionari. Fu uno dei primi, se non addirittura, il primo cambio di nome di un Comune d’Italia, nel pieno spirito della romanizzazione del Paese a opera del regime fascista. Chissà che magari un giorno, oltre a revocare la cittadinanza onoraria a Mussolini, non si proceda anche a cancellare la denominazione «dei Legionari». E chissà che in tale momento non sia possibile realizzare tra Fiume/Rijeka e Ronchi un gemellaggio, nel nome di una storia che non dorme ma è viva e sveglia, perché la storia siamo noi.Ronchi potrebbe essere uno dei primi comuni a essere intitolato formalmente ai partigiani, e la forma sarà sostanza, sostanza di dignità.
Anna Di Gianantonio :Nel nostro territorio in quel breve lasso di tempo il duce aveva già mostrato il suo volto anti slavo, accanendosi contro gli sloveni della zona per non macchiare l’identità italiana di luoghi per la cui “redenzione” erano morte centinaia di migliaia di soldati durante la guerra.
Luca Meneghesso:
La nominazione-denominazione è annichilente atto d’imperio. Cose da padri e padroni: non è di là che passa l’emancipazione… Scardinare il linguaggio istituzionale, viralizzare i dialetti, imbastardirsi, ripartire dal basso. Nessuno in dialetto dice “Ronchi dei Legionari” o “Venezia Giulia”: è così che Legionari e gens italiche sono già morti.
Piero Purini:
Considerando che l’intervento dell’Italia nella prima guerra mondiale fu una specie di colpo di stato antiparlamentare organizzato da Vittorio Emanuele, Salandra e Sonnino con l’aiuto della piazza sobillata in primis da d’annunzio e mussolini, mi pare che la figura di D’annunzio possa essere tranquillamente associata a quella di Junio Valerio Borghese o a De Lorenzo.
Tuco:
L’impresa di Fiume col fascismo c’entra eccome
Salvatore Talia:
Non mi risulta che l’impresa di Fiume sia mai stata “guardata con simpatia” da Gramsci. In un editoriale pubblicato su “L’Ordine Nuovo” del 4 ottobre 1919, Gramsci definisce D’Annunzio “servo smesso della massoneria anglo-francese”, lo paragona a Kornilov (il generale golpista che nell’agosto del ’17 aveva tentato di instaurare in Russia una dittatura reazionaria) e paragona Fiume alle roccaforti “bianche” di Omsk, di Krasnodar e di Arcangelo, che durante la guerra civile russa furono altrettanti quartieri generali delle truppe zariste.