Una
marea credibile, perché avvenuta, di domande ha inondato il MIUR,
per partecipare al concorso illusorio per la scuola pubblica
italiana.
Tra
le tante problematiche che emergono ne devo sottolineare una che
rischia di aprire un nuovo e giusto contenzioso nel settore della
Scuola.
Come
è noto il CCNL della scuola ancora vigente prevede la possibilità,
mutata in diritto, per il personale assunto a tempo indeterminato di fruire, per la partecipazione al
concorso pubblico, di un permesso retribuito.
Il
personale assunto a tempo determinato invece si trova nella situazione come definita dall'articolo 19
del CCNL scuola vigente, il quale al
comma 7 specifica che "Al
personale docente, educativo ed ATA assunto a tempo determinato, ivi
compreso quello di cui al precedente comma 5, sono concessi permessi
non retribuiti , per la partecipazione a concorsi od esami, nel
limite di otto giorni complessivi per anno scolastico, ivi compresi
quelli eventualmente richiesti per il viaggio. Sono, inoltre,
attribuiti permessi non retribuiti, fino ad un massimo di sei giorni,
per i motivi previsti dall'art.15, comma 2".
Ed
il comma 8, come ulteriore beffa, prevede che "I
periodi di assenza senza assegni interrompono la maturazione
dell'anzianità di servizio a tutti gli effetti."
Il
CCNL scuola, è superato dalla giurisprudenza comunitaria, che
recepisce pienamente le disposizioni dell'accordo quadro sul lavoro a
tempo determinato, il quale afferma nella clausola 4 (dell’Accordo
quadro CES, UNICE e CEEP , allegato alla direttiva 1999/70/CE,) che
“per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo
determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei
lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di
avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno
che non sussistano ragioni oggettive e che i criteri del periodo di
anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro
dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato
sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi
in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni
oggettive”
Se
guardiamo il decreto legislativo 06.09.2001 n° 368 , G.U.
09.10.2001 , all'articolo 6 (Principio di non discriminazione),
si legge che
al prestatore di lavoro con contratto a tempo determinato spettano le
ferie e la gratifica natalizia o la tredicesima mensilità, il
trattamento di fine rapporto e ogni altro trattamento in atto
nell'impresa per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato
comparabili, intendendosi per tali quelli inquadrati nello stesso
livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dalla
contrattazione collettiva, ed in proporzione al periodo lavorativo
prestato sempre che non sia obiettivamente incompatibile con la
natura del contratto a termine.
E'
vero che l'articolo 10, del medesimo decreto, prevede al comma 4 bis
che sono altresì esclusi dall'applicazione del presente decreto i
contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle
supplenze del personale docente ed ATA, considerata la necessità di
garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo
anche in caso di assenza temporanea del personale docente ed ATA con
rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed anche determinato. In
ogni caso non si applica l'articolo 5, comma 4-bis, del presente
decreto; ma il quesito sorge spontaneo.
Partendo
proprio da questo articolo, il 10, rilevato che è stato concepito
per evitare la stabilizzazione del personale precario, non sembra
escludere certamente il diritto in essere nel normale svolgimento del
rapporto di lavoro.
E
per diritto in essere intendo per esempio il permesso retribuito come
riconosciuto al personale a tempo indeterminato.
A
livello comunitario, il principio di non discriminazione è previsto
come pure i permessi retribuiti per motivi di studio (Cass. 19 agosto
2011, n. 17401, in Guida
lav.,
2011, n. 41, 27; Cass. 17 febbraio 2011, n. 3871. Proprio questa
ultima sentenza afferma in base ad un'interpretazione coerente con
il principio di non discriminazione dei lavoratori a tempo
determinato, sancito dal D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 6, in
attuazione della direttiva comunitaria 70/1999 relativa all'accordo
quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e
dal CES, che deve ritenersi l'art. 13 del c.c.n.l. del 16 maggio
2001, relativo al comparto Ministeri e integrativo del precedente
c.c.n.l. del 16 febbraio 1999, nel prevedere la fruibilità di
permessi retribuiti per motivi di studio, nella misura di 150 ore, da
parte dei dipendenti con rapporto di lavoro a tempo indeterminato,
che non esclude che i medesimi permessi debbano essere concessi a
dipendenti assunti a tempo determinato, sempre che non vi sia
un'obiettiva incompatibilità in relazione alla natura del singolo
contratto a termine; nè l'esclusione del beneficio potrebbe
giustificarsi, in ragione della mera apposizione del termine di
durata contrattuale, per l'assenza di uno specifico interesse della
pubblica amministrazione alla elevazione culturale dei dipendenti,
giacchè la fruizione dei permessi di studio prescinde dalla
sussistenza di un tale interesse in capo al datore di lavoro,
pubblico o privato, essendo riconducibile a diritti fondamentali
della persona, garantiti dalla Costituzione (artt. 2 e 34 Cost.) e
dalla Convenzione dei diritti dell'uomo (art. 2 Protocollo
addizionale CEDU), e tutelati dalla legge in relazione ai diritti dei
lavoratori studenti (L. n. 300 del 1970, art. 10)"
Tanto
detto, questa massima in via analogica è estendibile al caso di cui
si discorre, e mi chiedo ma esiste una ragione certa, oggettiva, che
limita il riconoscimento del diritto al permesso retribuito per
partecipare al concorso, senza alcuna interruzione dell'anzianità di
servizio, per i lavoratori precari?
A
parer mio non esiste.
Una
soluzione intermedia potrebbe essere quella adottata da molti enti
locali, i quali in sostanza anche al personale con rapporto di lavoro
a tempo determinato hanno riconosciuto il detto diritto, con la
precisazione che tali giornate devono essere riproporzionate sulla
base della durata del contratto.
Una
soluzione che potrebbe essere adottata anche d'ufficio da parte del
Ministero, ma sarà così?
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