Possiamo raccontarci tante belle storielle, presentare una realtà diversa, fatta da tanti più, segni positivi, numeri e dati che illustrano un mondo di favole, di principi azzurri o principesse, di cenerentola o cavalieri, ma la realtà ci racconta che nel NordEst vi è un problema enorme. Un problema che si è allargato a dismisura dopo la crisi del 2007, con le principali mafie che hanno iniziato a consolidarsi, in silenzio, un silenzio rotto ogni tanto da qualche urlo mediatico, eco di stampa, importanti inchieste, per poi il tutto ricadere nella normalità. Il silenzio è sempre stato il vero tesoro delle mafie. Le mafie di oggi non sparano più, o meglio sparano molto di meno, si sono modernizzate, sono sempre un passo avanti rispetto a chi li contrasta, perchè lo Stato non ha mai voluto realmente contrastarle, nonostante il sacrificio di tanti. Ma il NordEst, il vecchio caro e ricco NordEst non è più solo terra di mafia, ma anche di caporalato. Insomma, tra disoccupazione, crisi economica, mafie e caporalato la questione meridionale è arrivata qui, esiste una nuova questione meridionale nel NordEst.
La Guardia di Finanza di Pordenone, nel suo comunicato stampa del 10 gennaio rende noto che "ha concluso le indagini di Polizia
Giudiziaria delegate dalla Procura della Repubblica alla sede che hanno
permesso di rilevare una fenomenologia criminale per volumi, dimensioni
geografiche e soggetti coinvolti di assoluto spessore e pericolosità
sociale."
Parole pesantissime.
Base a Pordenone
"Trattasi, in particolare, di condotte collegate a fattispecie di
intermediazione illecita di manodopera (cosiddetto “caporalato”) nel
settore manifatturiero/industriale, di emissione di fatture per
operazioni inesistenti e di riciclaggio per la quale è stata, anche,
rilevata l’esistenza di una associazione per delinquere la cui
principale figura con funzione di promotore, coordinatore ed esecutore
era un soggetto residente nella Provincia di Pordenone, attivo in ambito
pluriennale in tali attività criminose nonché già destinatario di
plurime condanne e denunce per reati economico/finanziari."
Le modalità del caporalato
"Nel corso dell’attività operativa si è riscontrato che la descritta
fenomenologia illecita si basava nel ricorso a dissimulati rapporti di
appalto/subappalto con società aventi minimo capitale sociale,
esistenti più su un piano formale che sostanziale e intestate a
“prestanomi”, sulle quali venivano fatti convergere gli obblighi fiscali
e contributivi della manodopera impiegata che appariva quindi, sul
piano “formale”, assunta e dipendente da tali imprese anziché da quelle
realmente fruitrici. I rapporti commerciali tra committenti e società
appaltatrici erano, pertanto, concepiti al solo scopo di “interporsi”
tra il personale e le aziende presso le quali lo stesso prestava
effettivo lavoro, tanto che le fatture emesse, palesando detta artefatta
realtà, giustificavano il costo per il mero impiego della manodopera
facendola ricondurre a fittizie prestazioni di servizio.
In buona sostanza nel descritto illecito si ricorreva a soggetti
giuridici "di comodo" usati come meri “contenitori” della forza lavoro
che veniva strumentalmente allocata - in contesti evasivi - mediante la
dissimulazione di contratti attestanti appalti per inesistenti
“prestazioni di servizio” in luogo alla reale “fornitura di manodopera”.
In tale ambito:
- i lavoratori, per lo più appartenenti a contesti c.d. “deboli”,
ovvero immigrazione esterna (Slovenia, Romania, Repubblica Ceca,
Slovacca, ecc.) e/o interna (regioni del Meridione d’Italia) risultavano
occupati senza provvedere (o ottemperando parzialmente) agli obblighi
fiscali, previdenziali, assicurativi e giuslavorativi;
- le società effettivamente utilizzatrici della manodopera evitavano
gli oneri previdenziali e assistenziali connessi alla stipula del
contratto di lavoro e potevano indebitamente detrarre l’iva esposta
nelle fatture dalla società appaltatrice;
- le società che fornivano i lavoratori venivano dopo breve periodo
messe in liquidazione o lasciate inattive e quindi sostituite con altre
dalle medesime caratteristiche cui veniva fatta convergere la
prosecuzione delle attività criminose. "
Le società coinvolte
Le indagini condotte dalla Guardia di Finanza di Spilimbergo hanno
consentito di individuare 13 società attive nella fornitura di
manodopera tutte aventi strumentalmente la sede legale nella provincia
di Sassari malgrado che nessuno delle centinaia di lavoratori impiegati o
delle decine di aziende utilizzatrici degli stessi manifestasse una
concreta presenza o interessi economici in Sardegna.
I luoghi di impiego dei lavoratori
Per contro i lavoratori venivano occupati in 37 aziende, con sede
nelle provincie di Venezia, Brescia, Padova, Treviso, Vicenza, Bergamo,
Modena, Pavia e Milano (i cui rappresentanti legali sono ora indagati).
Per tali attività illecite risultano indagate dalla Procura della
Repubblica di Pordenone complessivamente 59 persone dei quali 4 per
associazione a delinquere, 48 per reati tributari e 7 per reati di
riciclaggio, questi ultimi in relazione ad attività distrattive, per
circa 700.000 euro, effettuate sui conti correnti societari operate per
il tramite di carte prepagate e vaglia postali.
Sono state, inoltre, complessivamente individuate 1.057 posizioni
lavorative collegate a siffatti impieghi illegali di manodopera per le
quali sono state rilevate plurime violazioni alle normative fiscali,
previdenziali, assicurative e giuslavorative nonché l’emissione di
fatture per operazioni inesistenti per circa 21 milioni di euro a queste
correlate.
Beni sequestrati
Il Giudice delle Indagini Preliminari di Pordenone su richiesta della
Procura della Repubblica ha disposto un sequestro per equivalente per
l’importo di 3.978.000 euro nei confronti del soggetto promotore delle
illecite attività, la cui esecuzione ha consentito di sequestrare due
immobili di pregio, disponibilità finanziarie e due autovetture (una
Porsche 911 versione 993 e una BMW 650i). Nel corso di una perquisizione
domiciliare effettuate nel pordenonese nei confronti del medesimo
soggetto sono stati infine sequestrati 55.000 euro in contanti (in gran
parte in banconote da 500 e 200 euro) da questi occultate sotto il
ripiano di una scrivania."
Che altro si deve aspettare per capire che qui esiste un problema enorme?
Marco Barone
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