C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

Il duello Piazza Duomo e Tito a Capodistria tanto tuonò che alla fine...

Forse si è trattato di un caso record. 48 ore, ora più ora in meno, è la vita che ha avuto la targa,  delle stesse dimensioni di quella Titov Trg, Piazza Tito, di Capodistria. Se ne è discusso molto nella cittadina slovena, non è stata digerita la provocazione o non provocazione del giorno, in cui è stata affissa, un giorno caro per la Jugoslavia,  il fatto che probabilmente non era neanche in bilingue, come Piazza Tito, e che è il primo passo, non ammesso e non affermabile, che porterà alla rimozione di Piazza Tito e delle altre intitolazioni politiche che ricordano la vecchia Jugoslavia comunista.
Tanto tuonò che è stata rimossa e verrà ricollocata a breve, a quanto pare.  Una tempesta fugace che ha lasciato comunque un segno, quello di quel vuoto sotto Piazza Tito.
Come è emerso su Radiocapodistria ,dove si è discusso in modo approfondito di questa vicenda,  nel seguito ed importante programma condotto da Stefano Lusa, alla fine pare che il tutto fosse solo un banale e semplice problema di mancanza di dialogo, di tanti errori, qualche mea culpa, che alla fine non comprometterà il ritorno di Piazza del Duomo che avverrà senza se e ma.
Non si è capito di chi è stata la responsabilità per quanto accaduto, sia per la rimozione che per l'errore, se errore si è trattato, della mancata comunicazione, quello che si è capito è che la toponomastica è e continuerà a rimanere ovunque un tema caldo, ed è normale che sia così, perchè esprime l'identità dei luoghi, la storia dei luoghi, perchè racconta un pezzo di vita vissuta che ognuno ricorderà a modo suo, la memoria condivisa è irrealizzabile perchè una grande cazzata.
L'idea di fare un referendum consultivo, non vincolante, ma che potrebbe essere l'occasione per discutere e confrontarsi su questa tematica, pare non essere preso in considerazione, non sempre la democrazia mantiene lo stesso passo delle necessità identitarie e delle memorie storiche di alcuni luoghi. 
Certo che se a Capodistria dovessero collocare le targhe con le vecchie denominazioni italiane, cosa lecita, ci mancherebbe, visto che esiste una importante e storica comunità autoctona italiana, e scritte solamente in italiano, lì dove in Friuli Venezia Giulia, ad esempio, ci sono comunità slovene come tutelate dalla legge, 32 sono i Comuni, con la loro presenza secolare, non si vede perchè non si possa fare la stessa cosa, ripristinare i vecchi nomi sloveni e rigorosamente in sloveno, anche con la sola dicitura "già..."

Marco Barone

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