Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Koper o Capodistria?Fiume o Rijeka?Merna o Miren?Londra o London? Trieste e Trst?


Esistono diversi processi di italianizzazione, i più noti sono quelli figli dell'abitudine, figli di quel modo di fare che hanno trasformato London in Londra, Berlin in Berlino, Barcelona in Barcellona, Marseille in Marsiglia ecc. Si dirà che è semplice traduzione. Fattore tipico di tutte le lingue. Poi vi sono luoghi che sono stati soggetti all'italianizzazione forzata tramite la nota opera nazionalfascista e di esempi ve ne sono a bizzeffe, se ne perde il conto, sia in Italia che in Slovenia che in Croazia che ovunque l'Italia abbia operato in tal modo.
Ad esempio Redipuglia  ha storpiato lo sloveno Sredipolje. In altri casi si utilizza l'italianizzazione per rispetto anche della comunità italiana che vi abita, non chiamare quei luoghi con il loro nome italiano significherebbe negare l'esistenza della comunità italiana, almeno per gli italiani autoctoni del luogo è così, pensiamo Capodistria il cui nome in sloveno è Koper, o Rijeka diventata Fiume. Italianizzazione che comunque risale in quasi tutti casi, ma non tutti, al 1923 in base a quanto venne disposto dal noto Regio decreto 29 marzo 1923, G.U. 27 aprile 1923, n. 99. 
Ma ovviamente la reazione che si ha da parte slovena o croata è che chiamare quei luoghi con il nome italiano potrebbe significare non rispettare le sensibilità slovene e croate, perchè l'italianizzazione nasce praticamente con lo spirito di mera prevaricazione fascista, con lo scopo di sopprimere l'identità slava. Così come vi sono nomi di località che hanno stravolto la storia e l'identità dei luoghi con l'aggiunta di suffissi talvolta impropri, talvolta totalmente antistorici, come dei Legionari di Ronchi. Ed allora qui sorgono mille interrogativi, come vanno chiamati i luoghi "italianizzati"?
La cui italianizzazione è sopravvissuta al nazionalismo del primo  '900, al fascismo?

Ben sapendo che il fascismo ha operato due tipi di italianizzazione. 

Quella nello spirito della romanizzazione, come il caso dei Legionari di Ronchi, Vibo Valentia, Agrigento per citarne alcune, e quella nello spirito della soppressione dell'identità "barbara", sulla base di quella presunta superiorità della "civiltà latina" secondo i dettami dannunziani, rispetto alla cultura "barbara" come quella slava, ed ecco che avrai ad esempio San Dorligo, dove si è arrivati al caso estremo di inventarsi addirittura un santo che non esiste.

Senza dimenticare i casi inversi. Guai chiamare Trieste, Trst, pur essendo un Comune dove per legge andrebbe garantito il bilinguismo anche visivo dove dovrebbe essere Trieste e Trst, ma ad oggi è solo ed esclusivamente Trieste.
Ed allora Londra può essere salvato come forma? Zagabria o Lubiana possono essere salvate? Opacchiasella, Merna, che in sloveno sono Opatje Selo e Miren, o Lussinpiccolo che in croato è Mali Lošinj, Cherso che in croato è Cres vanno chiamate solo con il loro giusto nome sloveno e croato? E' il contesto, il fine, che farà la differenza. Non una banale generalizzazione.

Anche perchè, come è ovvio, non tutti i nomi "italianizzati" lo sono stati per mano del fascismo.  Pensiamo al caso di Pula, Dante la chiamava Pola nel suo noto canto della divina commedia.

Oppure si deve perseguire la canonica via di mezzo? Riportando, almeno nella scrittura, entrambe le forme senza legittimare l'intento dell'italianizzazione? Ed ovviamente si ribadirà, ma come si può non legittimare ciò quando si utilizza, in determinati casi, un termine creato ad hoc dai fascisti per sopprimere l'identità slava? E qui si rischia di aprire un cortocircuito enorme. Senza dimenticare che la maggior parte dei luoghi "italianizzati" dagli italiani vengono riconosciuti solo con il nome italiano e non quello sloveno o croato.

Un problema culturale e "geografico" che non ha ancora oggi una soluzione condivisa ed effettiva e dove è  più facile erigersi forse a giudice sentenziando o condannando in una sola direzione, sia essa quella della forma italiana, che quella della forma slava, che comprendere la complessità di questo fenomeno che esiste senza cadere nella scontata banalizzazione.
E' innegabile che in Italia la quasi totalità delle persone chiamano certi luoghi sloveni o croati con il nome italiano. E non perchè son fascisti, o nazionalisti, o cultori della divina commedia, o perchè malvagi insensibili, o in cattiva fede, ma perchè è diventato consuetudinario nel corso dei decenni e perchè quando andava fermato il fiume in piena, subito dopo la caduta del fascismo, ciò non è avvenuto, almeno per i toponimi italianizzati o stravolti dal fascismo.
Si è tollerato ed accettato anche dopo il fascismo la denominazione maturata sotto quel periodo. Questo non significa che ciò sia giusto a priori, ma che la realtà è questa. Una realtà che per essere modificata, messa in discussione necessita di un lavoro culturale profondo, lungo, duraturo, e che coinvolga attivamente anche sloveni e croati e non solo italiani, pensando al caso della Slovenia e Croazia. Un lavoro che non è, salvo qualche caso specifico e sporadico, mai effettivamente iniziato.

E questa riflessione nasce da un terrone, che sarei io, un meridionale che è venuto qui, nel profondo nord est e che parla italiano, che non conosce lo sloveno, il croato, ma che si batte da sempre per la tutela del bilinguismo, del plurilinguismo contro ogni razzismo.
Marco Barone

Commenti

  1. Qui c'è una gran confusione sul concetto di "italianizzazione". Capodistria non è un'italianizzazione, semmai è Koper ad essere una slovenizzazione (tra l'altro dell'antico nome Capris, non di Capodistria, nome d'età moderna) e poi che c'entra il fatto che Dante chiamava Pola il capoluogo istriano, mica la si chiama così per quello! Altrimenti Firenze dovremmo chiamarla Fiorenza...
    Qua, alla base, manca completamente un'analisi sul concetto di esonimo ed endonimo. Una classificazione che peraltro non è immutabile nella storia e nemmeno dirimente sull'opportunità di usare un nome anziché un altro. Chi chiamerebbe Lubiana (esonimo italiano di Ljubljana) Aemona (antico endonimo latino del centro, desueto da almeno 1500 anni)? Tuttavia senza questa analisi non si riesce a capire la peculiarità delle italianizzazioni forzate (che il fascismo sdoganò ma che iniziarono ben prima, ad esempio nelle valli del Natisone nel 1866), ovvero esonimi arbitrari creati ex-novo ed imposti come endonimi alla popolazione, vere e proprie "tradizioni inventate".
    Opacchiasella e Merna per Opatje Selo e Miren sono due grotteschi esempi di questa tipologia e non vedo per quale ragione si debba continuare ad utilizzarli, visto che sono centri sotto sovranità slovena il cui unico retaggio italico è stato l'infame ventennio fascista...
    Invece Rovigno e Albona, per esempio, NON sono italianizzazioni... capisco che per un non autoctono sia un casino, in alcuni casi borderline è un casino pure per gli autoctoni anche perché qui accanto agli endonimi romanzi rimasti nel tempo, gli endonimi slavi - spesso di abitati a un tiro di "schioppo" dagli abitati "romanzi" - hanno subito nel tempo venetizzazioni prima, italianizzazioni d'epoca tardo-asburgica dopo (quando la Società Alpina delle Giulie coniava ex-novo perlopiù oronimi di monti sloveni), quindi italianizzazioni militari nell'epoca della prima guerra mondiale e della successiva occupazione fino ai toponimi fascistissimi. Così per Ilirska Bistrica per esempio hai Bisterza e Villa del Nevoso, due nomi ridicolissimi per vetustà e che non vedo quale diritto di cittadinanza abbiano nel XXI secolo.
    Imporre nomi è la prerogativa del potere, il buon senso nell'utilizzare un nome oggi senza offendere le sensibilità e farsi veicolo di manipolazioni nazionaliste dovrebbe passare da una coscienza critica postcoloniale.
    Purtroppo con wikipedia e google maps c'è stato un revival di sciovinismo e neo-irredentismo che rendono ancora più arduo districarsi in questo vespaio, per capire come gruppetti organizzati utilizzino la toponomastica come veicolo per sdognare il loro revanscismo (e per capire quanto sia importante non dar loro corda), consiglio di leggere uno storify che approntai anni fa:
    https://storify.com/LoFi/esonimi-su-it-wiki

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    1. Ciao,reputo importante il tuo contributo. Io ho posto una questione che esiste cercando di evidenziare diverse sfumature. Con diversi processi di italianizzazione. Politici,storici, di comodo ecc. Ad esempio mi è stato segnalato che Opacchiasella veniva chiamata così in alcune carte geografiche anche ben prima del fascismo. Questo non significa che sia giusto chiamarla oggi così se vengono esercitate rimostranze. Il punto è come vanno chiamati oggi i luoghi considerati?

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    2. Come dicevo ci sono stratificazioni di "poteri" diversi sul territorio, non mi risultava che per Opatje Selo ci fossero precedenti alla dominazione italiana, può essere che mi sbagli. Talvolta l'amministrazione fascista recuperò denominazioni d'origine liberal-nazionale, talvolta riesumò desueti esonimi veneti o addirittura ladinizzazioni dialettali fino ad arrivare ai nomi romani come hai scritto tu. Alcuni si sono radicati, come Postumia (che inizialmente i comandi militari italiani chiamavano "Postoina"), altri sono caduti in disuso come Nauporto (per Vrhnika, credo che Postumia si sia impressa anche per ragioni turistiche). Importante è capire il "segno" di queste denominazioni, che non sono mai neutre: si recuperavano nomi di qualsiasi origine e quando non se ne trovava uno lo si inventava, l'importante era negare la matrice slava. Se certe trascrizioni fonetiche come Divaccia (come, all'opposto, Izola) mi sembrano tutto sommato soft Opacchiasella suona proprio come un nome volto a cancellarne la slovenità, indipendentemente dal contesto in cui nacque inizialmente l'esonimo. Purtroppo se già la defascistizzazione delle istituzioni italiane è stata parziale se non nulla in molti casi, figuriamoci quanto indietro è la defascistizzazione culturale, così accade che vestigia di quella mentalità sopravvivano nascoste anche in realtà insospettabili come l'ANPI.
      Chi preme per riesumare questi nomi per paesi attualmente non sotto sovranità italiana, specie per villaggi minuscoli come Opatje Selo, spinge per un preciso revival irredentista/revanscista e ogni volta che ci scappa un nome di questo tipo diamo corda a questa gente, soprattutto noi che ci occupiamo in maniera critica di confine orientale. "ecco vedi, anche l'organizzatore di "Cos'è il nome un nome" usa Oppacchiasella...", capisci cosa intendo?
      Per l'Istria è un terreno delicato, perché c'è una comunità italiana, ma bisogna anche stare attenti perché soggetti come ANVGD e persino Menia (addirittura Casapound!) cercano - almeno a parole - di dirottare quella che è una legittima difesa delle prerogative linguistiche di una minoranza minacciata da altri nazionalismi altrettanto virulenti di quello italiano in canali neoirredentistici e ultra-nazionalisti. Certo feticismo per nomi di paesucoli semidisabitati nel cuore della Ciceria, ad esempio, mi suona alquanto sospetto.

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    3. Infatti io il problema su Opatje Selo me lo son posto dall'inizio, quando mi son recato in loco. Per il gemellaggio. Son sempre stato attento all'utilizzo dei nomi. Ma siccome ho visto che tutti gli italiani antifascisti che vanno lì da 33 anni con cui son andato per la prima volta in questo 2017 la chiamavano con il nome in italiano e che li quando il luogo è stato chiamato come Opacchiasella non vi è stata alcuna reazione negativa da parte dei compagni sloveni, non l'avevo inteso il nome nel senso dell'italianizzazione fascista, ma come Lubiana, per fare l'esempio più banale. Come una sorta di traduzione, come facciamo con Londra ecc. E nessuno di quelli che ha usato quel termine ha voluto intenderlo in quel modo, nel senso fascista..sarebbe stato folle, no?. Solo che a ciò, forse per fraintese non so è nato un putiferio che non mi aspettavo, parole anche forti che non dimenticherò sicuramente ed il tutto mi ha fatto pensare. Ed allora ho detto provo a porre delle sfumature, diverse ipotesi, per lanciare la pietra per capire come fare Io ho una mia idea comunque. All'interno del post in questione avevo riportato entrambe le formule. Ma non devo giustificarmi, ed il fatto che sia stato quasi costretto a farlo mi ha lasciato perplesso. Uno ha commentato dicendo che nella "gostilna Štirna in centro ad Opatje selo" vi è una mappa ante fascismo dove già risulterebbe il nome in italiano...da verificare.

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  3. Riguardo a Opacchiasella, la dizione tradizionale in lingua italiana durante il periodo aburgico e presente nelle carte K.u.k. era Oppacchiassella (con 2 p), Merna era bilingue Merna-Miren prima del 1918. Redipuglia, come tutto il monfalconese, è stata sotto dominio del patriarcato d'Aquileia prima e della Serenissima dopo, ed esisteva (derivando da Rodopolje e non da Sredipolje; attualemente gli sloveni la denominano Redipulja) ben prima del fascismo; la bufala di Sredipolje l'ho letta parecchie volte e anche ripresa anni fa da giornali nazionali di articoli scritti da "gionaliste" locali di chiara ascendenza slovena e con pregiudizi storici (italiano = fascista).
    Caro Lo Fi, leggi le fonti prima di dire che, con fare infame e fascista, si sia italianizzato tutto; non si puo' prendere l'attuale confine e dire che tutti i toponimi storici in lingua italiana di paesi e città nell'attuale Slovenia e Croazia sono fascisti tout-court.
    Nella maggior parte dei casi non vi è stata nessuna italianizzazione (piuttosto un adattamanto mutato nei secoli fino all'attuale grafia; si vedano le mappe del cartografo veneziano Cappellaris del 1780) in una zona mistilingue come il Litorale austriaco (è invece accaduta nella Carniola amministrata dal 1920 al 1943); posso aggiungere che nel Litorale austriaco, dopo il 1848, sono stati via via tolti quelli italiani (basta vedere i censimenti man mano che ci si avvicina al 1918). Su wikipedia si trovano tutte le fonti (vedasi catasto austriaco franceschino e censimenti asburgici) di quanto riporto sopra. Evitiamo di etichettare come fascista chi usa una parlata romanza in zone che da secoli, ben prima della calata degli slavi, è presente sull'adriatico orientale. Pola in italiano esiste già dall'epoca veneziana e ovviamente asburgica. Idem per Lussinpiccolo; in veneziano era Lussin e non Lussino. Prego considerare che la Repubblica di Venezia ebbe tra i suoi domini buona parte dell'attuale della costa croata e i toponimi in ligua italiana ancora da noi utilizzato derivano dal quel periodo e del fatto che il "confine mobile" in questa parte d'Europa fu la norma dal 1500 passando per le guerre gradiscane, Napoleone, la III guerra d'indipendenza.
    Riguardo a cosa riportare, esso dipende dalla storicità del toponimo (il Litorale austriaco era bi/tri-lingue), dagli statuti comunali e regionali (la regione istriana è bilingue; in Slovenia non vi sono regioni, quindi si rimanda agli insediamenti etcnicamente misti dei 4 comuni costieri parzialemnte bilingui) che in quest'ultimo caso rendono equipollenti i termini in lingua slovena o croata con quella italiana. Io sono per la biodiversità e il rispetto (usare il termine "italianizzazione" (esclusa la Carniola amministrata dal 1920 al 1943 dal Regno d'Italia) lo trovo antistorico e offensivo), come è stato fatto nella Regione Friuli Venezia Giulia ove si possono trovare cartelli stradali addirittura trilingui.
    Ricordo inoltre che esiste una legge della Repubblica italiana che prevede che chi sia nato nell'allora territorio italiano poi ceduto alla Jugoslavia, di avere sulla propria carta d'Identità la denominazione in lingua italiana del comune di nascita e non nato all'estero con il nome attuale. Ho scritto legge della Repubblica italiana, non regio decreto.

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  4. Scusami ma il tuo discorso non ha senso. Chiamare una città col nome italiano non vuol dire essere fascista così come chiamarla col nome straniero non vuol dire essere antifascista. Stai un po’ mescolando le cose per tua comodità. I nomi delle città si traducono in tutte le lingue, non solo in italiano. Si traducono anche in lingue di paesi reduci da dittature comuniste e non solo in quelli dove c’è stato il fascismo. Le città che in una determinata lingua non hanno un corrispettivo (e quindi per indicarla si usa il toponimo nella lingua locale) non lo hanno per la scarsa importanza di quella città nella cultura della lingua straniera in cui si traduce tale nome. E lo scopo di tradurre il nome di una città non è di certo quello di essere di destra o di sinistra, è una questione di linguistica che non ha un bel niente a che vedere con la politica. Tra l’altro spesso dovuta alla impronunciabilità del toponimo nella lingua locale. Tra l’altro, se la comunità germanofona di Bolzano ha il sacrosanto diritto di chiamare la città Bozen, spiegami perché dovrei chiamare in italiano Capodistria col toponimo sloveno Koper! Tra l’altro entrambe città dove vige il bilinguismo ufficiale. Forse non lo sai ma la minoranza italiana in slovena ha un seggio di diritto in parlamento, e nei comuni bilingui anche i documenti sono redatti in entrambe le lingue, esattamente come nella provincia autonoma di Bolzano. Prima di riempire internet con informazioni false documentati. A me risulta che è stata la dittatura comunista di Tito a fare un’opera di slavizzazione in Istria, soprattutto dopo la spartizione del territorio libero di Trieste. Se vuoi parlare di lingua italiana, per favore, tieni la politica fuori. La lingua italiana non è né di destra né di sinistra. È italiana. Tutto il resto sono sterili comizi politici che nulla hanno a che vedere con la Storia della lingua italiana.

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