Il tempo si è letteralmente fermato alla stazione di Miramare di Trieste

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Un gioiellino liberty di epoca asburgica, che consente di arrivare al castello di Miramare, attraversando il polmone verde di Trieste, che affascina il viaggiatore, perchè il tempo si è fermato in via Beirut, a  Grignano come in nessun altro luogo a Trieste.  Un gioiellino che è ora chiuso, ora aperto, ma che necessita di essere valorizzato, riqualificato. Purtroppo già in passato preso di mira da azioni di vandali, ragione per cui venne eliminato il glicine che caratterizzava la pensilina esterna, preso di mira con vandalismi che hanno comportato spese per migliaia di euro da parte di RFI per effettuare interventi di restauro di natura  conservativa. Quella piccola stazione affascina e non ha eguali in Italia, ed è auspicabile che si possano trovare le risorse, gli intenti, la volontà, per farla ritornare ai fasti di un tempo. Purtroppo il tempo fa il suo corso e dei lavori di manutenzione sono necessari per ripristinare quel bene storico che viene invidiato da chiunque si soffermi a

Monfalcone, la città del no se pol





Superata la via allegrissima dei cipressi, alberi più consoni ad un cimitero che all'entrata di una città, entri, appunto, a Monfalcone. Città vitale, energica, no scusate, mi son sbagliato. Città dove il vuoto è la normalità e la colpa è ovviamente della minoranza bengalese.  Su 27 mila cittadini circa, loro saranno 2/3 mila, ebbene questa minoranza tiene in ostaggio una intera città. Non esce più nessuno perchè in centro ci sono i bengalesi. Il motivo? Non si può circolare in una città dove qualche donna si copre con il velo, ciò è incompatibile con i valori supremi dell'Occidente che preferisce culi al vento come qualcuno ha commentato recentemente e rigorosamente brasiliani. Chissà cosa penseranno di ciò le donne brasiliane ridotte a culo al vento. Poco importa. Monfalcone è stata presentata come un Bronx tutto nostrano, quando in America il Bronx non è più il Bronx di una volta, questo lo sanno anche i più imbecilli, ma nell'immaginario collettivo poco importa. Ed allora ordine, disciplina che venerano il dio decoro siano la normalità. In una città dove succede che una scuola dell'infanzia è costretta a chiudere per una sorta di invasione di ratti, cosa che è stata tenuta pubblicamente nascosta per giorni, quali sono i problemi? Le panchine in centro, il fatto che qualcuno ogni tanto decida di pisciare per strada, cosa deprecabile certamente, ma proporre un fascio di luce, che ti illumina mentre fai la cosa più vecchia di questo mondo e forse anche la più incivile certamente, cioè pisciare per strada, è normale? E che dire dei dissuasori anti-culo? Certo, non si è arrivati ai livelli di Firenze, dove nel nome del decoro, si è proposto di pulire in pieno giorno, in più momenti, con l'acqua i luoghi ove si siedono turisti e "barboni" così nel nome della pulizia, dell'estetica se non vogliono subire una doccia gelata dovranno andare via.

Una città dove continuano ad accadere infortuni sul lavoro, dove si continua a morire per amianto, dove il lavoro è un miraggio, dove esiste quella che è stata definita come una delle spiagge più brutte d'Italia, la priorità al momento quali sono? No se pol il velo, no se pol negozi etnici, no se pol panchine in piazza, no se pol cultura controcorrente, no se pol alcol, non se pol campo di cricket, non se pol l'elemosina, no se pol giornali estremisti come l'Avvenire ( che comunque non leggerei mai) ed il Manifesto e chi più ne ha più ne metta. Ma a quando un se pol? Un qualcosa di propositivo? Certo, è innegabile che la voce grossa contro Fincantieri è stata usata, e che si è in cerca di un rimedio sulla questione transazione amianto, l'indecenza delle indecenze, ma ciò non basta e non può legittimare la politica continua ed inutile e costante dei divieti che non hanno mai portato a nulla.  E poi questi provvedimenti sanno molto di fumo e poco di sostanza. Alcuni diranno ma se un bambino x si arrampica sull'albero ed il genitore lo rimprovera solo perchè rischia una multa e non perchè rischia di rompersi l'osso del collo e danneggiare l'albero, i divieti con le sanzioni sono la normalità in una società che non ha mai e mai saputo fare pace con le regole civili e civiche. Dove una norma viene rispettata solo se sussiste una sanzione pesante e se vi è qualcuno che controlla il rispetto delle regole. Ma un conto è la regolamentazione finalizzata alla tutela del bene comune, come l'albero, un conto è l'eccessiva e fuorviante regolamentazione finalizzata a reprimere in eccesso comportamenti, situazioni, condizioni come quelle che si commentano che hanno poco da spartire con la tutela del bene comune.  
Ed allora perdiamoci nella via del vietare con un bel cartello di benvenuto a Monfalcone, la città del non se pol.

Marco Barone

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