Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

La carta di Gorizia sulla storia del Confine Orientale

Vista la centralità che Gorizia riveste dal punto di vista storico e la grande attenzione che sussiste per la storia in questa zona, penso sia arrivato il momento di ragionare su quella che ora io definisco come la Carta di Gorizia. Cosa intendo per ciò? Venne in passato realizzato un rapporto che analizzava le relazioni sloveno-italiane tra gli anni 1880 e 1956. Si tratta del frutto del lavoro di ricerca della "Commissione storico-culturale sloveno-italiana", protrattosi per ben sette anni, dal 1993 al 2000 Nel suo messaggio vi era " la consapevolezza che i contrasti avuti nella storia non devono trasformarsi in discordie del presente e oberare le relazioni del futuro". Lavoro che è finito chiuso in un cassetto, non è circolato nelle nostre scuole, e come ha detto Boris Pahor, ciò non ha reso onore alla nostra democrazia. La Carta di Gorizia non vuole coltivare la memoria condivisa, che è una mera offesa alla intelligenza della storia e delle persone, non esiste memoria condivisa così come non esiste verità condivisa. La storia non è una opinione, non è un sentimento, la storia non può accettare compromessi e la condivisione presuppone il compromesso.

La memoria è labile, spesso condizionata da emozioni e sentimenti che rischiano di compromettere l'oggettività, la contestualizzazione storica, la causa o l'effetto.  Con la mostra sul '900 goriziano sono stati tentati passi importanti verso la via dell'unificazione. Importanti ma non sufficienti. Perché, ancora, in alcuni passaggi caldi che riguardano soprattutto i fatti del maggio del 1945, macchiata da qualche sfumatura impropria.  Per capire le vicende del Confine Orientale non basta soffermarsi agli effetti del Memorandum di Londra, ma arrivare almeno sino alla dissoluzione della Jugoslavia, passando per la strategia della tensione. Sarà necessario il contributo di storici, e non solo italiani e sloveni, ma di tutti i Paesi interessati, penso a quelli della ex-Jugoslavia, a storici russi, americani, neozelandesi, inglesi, e dei vari Paesi dell'Europa, per avere un quadro più completo, diverse prospettive e tendente ad essere compiuto e privo di elementi nocivi nazionalistici. Ciò potrà essere utile per riportare Gorizia ed il nostro territorio al centro delle relazioni internazionali ed al centro della Storia e per porre delle basi solide per un futuro certamente migliore rispetto al nefasto presente. 

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