La bellezza di una città...

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  La bellezza di una città non è data dalle sue statue, dai suoi fiori o piazze rinnovate, ma dalla convivenza civile. Convivere pacificamente, ognuno con le proprie identità, peculiarità, nello stesso contenitore, insieme. Nulla di più bello di questo può esserci in una città, il resto, è solo specchietto per le allodole. mb

L'ossessione razzista contro i migranti dal Wi Fi alle panchine,dal lavoro al far niente. A quando i campi di sterminio?

Esiste una ossessione, una psicosi collettiva, un senso di fastidio, di cattiveria, di odio, di intolleranza, che ha un solo nome e cognome, razzismo. E' inutile ricordare che l'Italia così come tutti i Paesi del mondo, ha sempre e dico sempre vissuto di immigrazione ed emigrazione. Ma il particolarismo nella difesa dell'autoctono come entità divina, pura, è diventata la priorità nelle priorità, il monte Olimpo da difendere dall'invasione di essere inferiori. Anche se respirano nello stesso modo, anche se il sangue è dello stesso colore, per differenziare il primato nella stupidaggine collettiva, un bel dì qualcuno si è inventato la razza nella razza umana. "Negri", "musi gialli" ecc, considerati come parassiti della società, esseri squallidi, da annientare. Per non parlare dell'essere "frocio","zingaro", "terrone". Non son bastati i campi di sterminio nazisti, non son bastate guerre, colonialismo, schiavismo, per insegnare all'essere umano che in questo mondo siamo tutti uguali, che le razze non esistono. No. Paure, ignoranza, crisi della società che aveva promesso benessere collettivo, ed ha solo determinato diseguaglianze profonde sociali ed economiche, fattori eterogenei che messi insieme hanno prodotto il mostro del razzismo. Nella modernizzazione della società e del linguaggio il concetto di razza è stato superato da quello di etnia, il razzismo da xenofobia, ma cambia poco, il succo amaro è sempre lo stesso. E lo continuiamo a vedere quotidianamente nei nostri luoghi, nelle nostre città. Nostre, non nel senso di proprietà, ma nel senso di luogo vissuto. Nostre pur non essendo nostre, ma di chiunque voglia viverle. Ma quello che molti tardano a comprendere è che quando si esaurirà il razzismo nei confronti dei migranti, non è che i problemi saranno venuti meno. Il popolino avrà sempre bisogno di uno sfogo su cui accanirsi, e dopo i migranti si ritornerà indietro, per difendere sempre il particolarismo all'ennesima potenza, e dunque sarà facile immaginare che si ritornerà ad odiare nuovamente i "terroni", ad esempio. Odio mai sparito, pregiudizi mai spariti, ma solo superati, per ora, dalla situazione che ben conosciamo. E si assiste a situazioni folli. Se un migrante usa il WI FI, per connettersi con il suo mondo di provenienza, o per fare i cazzi suoi come chiunque, il WI FI andrà chiuso, se prendono i mezzi pubblici, questi andranno fermati, se usano le panchine, queste vanno eliminate, se lavorano, non dovranno lavorare perchè lo tolgono agli italiani, se non lavorano, sono un problema per la società perchè non si può tollerare il loro non far niente nel non far niente globale.  Se delinque, è un delinquente cento volte peggiore dell'autoctono. I migranti son diventati un nemico facile da colpire, su cui accanirsi, perchè nella fragilità e debolezza collettiva, è più facile prendersela con il più debole, con l'ultimo degli ultimi, che contrastare il sistema. Il razzismo è anche un prodotto di quella vigliaccheria e debolezza sociale che acceca totalmente il miope ignorante.  Diciamolo pure, se potessero aprire i campi di concentramento, lo farebbero senza pensarci due volte. Se potessero aprire i campi di sterminio, lo farebbero senza pensarci due volte. La società finge di commuoversi quando questi sventurati crepano come bestie nel Mediterraneo o chissà dove. Lacrime per spolverarsi la coscienza nella colpevolezza globale. Ma quando il prossimo obiettivo della società sarà il razzista a cosa si appellerà? Nessuno lo difenderà, perchè non ci sarà più nessuno, perchè rimarranno solo una marea nauseabonda di razzisti che si mangeranno tra di loro, cannibali di esseri umani.

Marco Barone

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