Maggio 1948: il primo treno d'Italia a Monfalcone dopo la guerra

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Poche ore dopo l'insediamento del primo Presidente della Repubblica, a Trieste, giungeva il primo treno d'Italia, dopo la fine della seconda guerra mondiale. Treno che passava chiaramente anche dalla stazione di Monfalcone, come testimonia un breve fermo immagine tratto dal prezioso video dell'archivio dell'Istituto Luce. Il video interessa l'i naugurazione della linea ferroviaria Venezia-Trieste. Fu un fatto storico di estrema importanza, un piccolo segnale di ritorno alla normalità in un Paese ridotto in macerie a causa della seconda guerra mondiale. Le ferrovie sono sempre state importanti nel nostro territorio, soprattutto grazie agli investimenti originari effettuati dall'Impero asburgico. Nel 1854 venne infatti aperta la linea da Trieste a Vienna  attraverso il Semmering. Il progettista fu il veneziano Carlo Ghega, a cui a Trieste è dedicata una via in città, linea di 14 gallerie, una delle quali raggiungeva la lunghezza di  ben 1431 m, con 16 viadotti e

Il Concorso nazionale del MIUR per le scuole sule vicende del confine orientale ci manca solo il "ritorneremo"

Il MIUR ha comunicato a tutte le scuole la possibilità di partecipare ad un concorso nazionale, in vista del giorno del ricordo. Come è noto la storia del '900 è studiata poco, per nulla alla primaria, e comunque le vicende del confine orientale, che sono complesse ma anche un vero unicum, non vengono trattate. Partendo dal fatto che vi è un vuoto, proporre un bando come quello che ora brevemente commenterò per le scuole, che situazione si rischia di fomentare? Si sta dicendo in tutti i modi, in tutte le lingue che il nazionalismo è sempre stato un male, e che continua ad esserlo oggi, perchè tradisce lo spirito fondamentale della fratellanza dei popoli che avrebbe dovuto caratterizzare la nostra vecchia Europa. Il titolo già è fuorviante: Nasce la Repubblica italiana senza un confine. Si parla del referendum per la Repubblica dove si evidenzia che “Se il referendum istituzionale del 2 giugno è considerato l’atto di nascita della Repubblica italiana, una parte della popolazione non vi poté partecipare non per scelta ma per condizione in quanto il territorio della Venezia Giulia, pur formalmente ancora italiano, era diviso e sotto il controllo, rispettivamente, delle forze armate anglo-americane e jugoslave.” Sulla base di quale criterio storico, giuridico, sostanziale si può sostenere " formalmente ancora italiano"?  E poi, cosa intendono per Venezia Giulia? Quella che si è determinata dopo la prima guerra mondiale o quella attuale? Giocano sull'ambiguità. Forse si sono dimenticati che questa parte d'Italia era stata praticamente annessa al Litorale Adriatico (Adriatisches Küstenland), che verrà liberata nel maggio del '45, amministrata prima da comitati esecutivi italosloveni, poi angloamericani. Dimenticano l'esistenza della linea Morgan. Non era formalmente italiano questo territorio almeno da quando l'Italia crollò dopo l'armistizio del 1943 che diede il via libera all'occupazione nazista. E quel sentimento di italianità e di ingiustizia, in un tema che dovrebbe essere oggettivo,continua. “In verità un plebiscito ci fu ma simbolico e morale: prima con le manifestazioni in occasione della visita della Commissione alleata (marzo 1946) – quelle filo italiane nei territori controllati dagli jugoslavi furono ufficialmente impedite – e poi con la decisione di diversi partiti di accogliere tra i candidati all’Assemblea costituente rappresentanti delle province del confine orientale”. Ovviamente omettono le manifestazioni importanti pro-Jugoslavia. La Venezia Giulia viene fatta passare come solo vittima del fascismo “Erano momenti sicuramente di alto coinvolgimento e di passione civile, considerando che le popolazioni della Venezia Giulia non avevano votato alle elezioni politiche del 1919 mentre quelle del 1924 erano state condizionate dalla legge Acerbo che aveva consegnato l’Italia al fascismo.” Quando si omette che qui il fascismo è nato ben prima della Marcia su Roma, anticipato da quella su Fiume, dall'assalto al Narodni Dom di Trieste o di Pola nel 1920. Ma deve prevalere il sentimento di vittimismo. Così come il modo in cui ci si riferisce alla vicenda degli esuli: “ La Patria italiana era ciò che gli esuli giuliani, fiumani e dalmati andavano cercando, serbando in loro un rammento romantico e sentimentale di una Patria che non forse non era mai stata come l’avevano immaginata da quell’angolo remoto e verso la quale si sentivano legati da un debito di amara gratitudine, coscienti però che sul loro destino erano ricadute le colpe maggiori del fascismo e della guerra perduta, ma che non rimaneva altra strada da percorrere se non quella di rinunciare alla propria identità.” Ma chi ha scritto questo testo? E' innegabile che gli esuli hanno vissuto momenti drammatici, così come il fatto che poi in gran parte hanno avuto significativi aiuti da parte dello Stato italiano. Poi se si vuole fare di tutta l'erba un fascio generalizzando l'intera vicenda storica articolata degli esuli e si vuole sostenere la ratio che vennero tutti perseguitati perchè italiani, e non che in gran parte decisero di andare via perchè non volevano diventare cittadini Jugoslavi e vivere in un sistema comunista e per eventuali sentimenti di ostilità diffusa, che dire? 
Che se nella scuola italiana esiste un vuoto sulla storia del '900 questo concorso ancorato al giorno del ricordo è veramente pessimo ed il testo da riscrivere almeno nei suoi passaggi fuorvianti. La prossima volta cosa scriveranno? Riprendiamoci l'Istria? O ritorneremo?

pubblicato per Tecnica della Scuola 

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