La celebrazione del fascismo della passeggiata di Ronchi di D'Annunzio e l'occupazione di Fiume

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Mio caro compagno, Il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Ancora una volta lo spirito domerà la carne miserabile. Riassumete l'articolo !! che pubblicherà la Gazzetta del Popolo e date intera la fine . E sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio Non sarà stato forse un fascista dichiarato, D'Annunzio, certo è che non fu mai antifascista, era lui che aspirava a diventare il duce d'Italia e la prima cosa che fece, all'atto della partenza da Ronchi per andare ad occupare Fiume, fu quella di scrivere a Mussolini, per ottenere il suo sostegno. Perchè D'Annunzio ne aveva bisogno. Il fascismo fu grato a D'Annunzio, per il suo operato,  tanto che si adoperò anche per il restauro e la sistemazione della casa dove nacque D'Annunzio e morì la madre. E alla notizia della morte, avvenuta il 1 marzo del 193

Se a Gorizia sventola la bandiera bianca nella sua ultima ora

Il titolo dell'articolo di Fain sul Piccolo di Gorizia non lascia spazio ad equivoci " nessun segnale di ripresa altri mille posti in pericolo". Così come efficace è a parer mio l'aver individuato i giusti versi che meglio si adattano alla situazione attuale goriziana, da parte di Maurizio Cattaruzza, che ora voglio richiamare per la terza volta, perché per ben due volte nell'editoriale sul Piccolo sono stati sottolineati. "Il morbo infuria / il pan ci manca / sul ponte sventola / bandiera bianca". L'ultima ora di Venezia di Fusinato, testo poi adattato nella celebre Bandiera Bianca di Franco Battiato. E verrebbe da dire che forse è veramente giunta l'ultima ora di Gorizia. Fusinato scriveva anche "Su le tue pagine scolpisci, o storia, l’altrui nequizie e la Sua gloria, e grida ai posteri: -Tre volte infame chi vuol Venezia morta di fame". E tre forse anche più di tre volte è infame chi vuol Gorizia ed il suo territorio morto di fame. Il lavoro è la prima questione sociale da dover affrontare. La sinistra governativa, salvo qualche eccezione, ha perso di vista il suo essere sinistra, dimenticandosi proprio della questione lavoro, e quando a questa vi ha dedicato attenzione ha fatto, ultimamente, solo dei disastri, basta pensare alla follia del Jobs Act che se in Italia è stato "accettato" perché si è veramente alla frutta marcia, in Francia ha sollevato le ira funeste del popolo, perché hanno ben compreso che non vogliono rischiare di fare la fine di noi italiani. I nostri padri costituenti hanno dovuto affrontare le pene dell'inferno per arrivare a scriver quel meraviglioso testo che è ancora inattuato e che qualcuno vuole bruciare. Hanno conosciuto la fame, la povertà, le diseguaglianze, la mancanza di lavoro. Ma il diritto al lavoro, del lavoro e per il lavoro non c'è più, è stato travolto da un sistema che non ha retto alla globalizzazione, e che ha svenduto il suo miglior essere per divenire semplicemente un nulla. Così come esiste da secoli la questione meridionale, dalla metà degli anni '50 esiste la questione goriziana, ovvero da quando è venuta meno la questione dei confini. A furia di chiudersi in recinti sempre più stretti, si è perso il contatto con il mondo globale, a furia di doparsi di nazionalismo, che non ha nulla da condividere con il patriottismo, si è fatto solo il male di queste terre. Ed i giovani fuggono, vanno via, ed il "nemico" è il più debole socialmente, non chi ha voluto o determinato la morte di Gorizia e territorio da considerarsi " tre volte infame" pensando a Fusinato, come giustamente richiamato nel breve ma profondo editoriale del Piccolo.
Ma il tempo delle riflessione è venuto meno, ora si deve agire, ora o mai più, perché dopo la resa di Gorizia o ci sarà il totale tracollo depressivo e deprimente di questo territorio, o un cambiamento radicale che potrà arrivare solo con quello choc culturale e sociale che auspicavo ma che tarda ad arrivare. Non esistono vie di mezzo.

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