Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Trieste: quando sport ed arte diventano questione nazionale


Dopo il 12 giugno del 1945, quando avverrà il passaggio di amministrazione dalla Jugoslavia, durata solo 42 giorni, agli angloamericani, sul territorio di Trieste si aprirà la grande questione di Trieste e verranno investiti miliardi di miliardi di vecchie lire per la causa nazionale, per la causa di Trieste, per il ritorno dell'Italia a Trieste. L'Ufficio Zone di Confine per la Venezia Giulia ha svolto un ruolo determinante in tutto ciò. Senza dimenticare il ruolo, che tale Ufficio, ha avuto per l'italianità di Trieste, finanziando e sostenendo attivamente, come denunciato da diversi storici, squadristi, gruppi di neofascisti, che si sono resi responsabili di nefandezze in città, in quel turbolento periodo del post guerra in cui ha operato. Ritornando alla questione propaganda. Vi saranno interessi supremi da garantire, ovvero l'interesse nazionale, anticomunista ed antislavo dovrà vincere. Così come vincente dovrà essere il legame di Trieste all'Occidente, all'America. 
Vincere per convincere gli alleati che Trieste è italiana. Vincere per convincere gli italiani che una sconosciuta Trieste, conquistata al prezzo carissimo nel 1918, è italiana e vuole l'Italia. E sarà fondamentale giocare e giostrare con i sentimenti, con la nostalgia. E sarà un successo la canzone Vecchia America, scritta e musicata dal triestino Luttazzi e fatta propria dal Quartetto Cetra. La Vecchia America dei tempi di Rodolfo Valentino, "quando Al Johnson canticchiava e Frank Sinatra era bambino, quando Gershwin rapsodiava tutto in “blue”(...)" dei tempi di Tom Mix e Ridolini, che facevan divertire tanto i grandi che i piccini, vecchia America dei baffi alla Menjou, sei rimasta un bel ricordo e nulla più." Un triestino e la nostalgia per l'America, quella che rischia di essere un ricordo e nulla di più. 



Ed il filo della nostalgia sarà un successo. E vincerà nel 1952 una tristissima canzone, Vola Colomba. Già, vincerà il secondo festival di Sanremo, era il 1952, canzone nazionalista, religiosa, e che invoca il ritorno dell'Italia a Trieste " Vola, colomba bianca, vola Diglielo tu Che tornerò"anche se a dire il vero doveva essere Trieste a ritornare all'Italia. 




La musica era solo uno degli aspetti fondamentali di quell'epoca. Vi era un canale molto importante da sondare, e sfruttare, tanto popolare quanto Sanremo, tanto diffuso come le canzoni di Sanremo. Il Calcio. La Triestina, nata nella Trieste conquistata dall'Italia, subito dopo la fine della prima guerra mondiale, e sarà la Triestina di Nereo Rocco, proprio negli anni caldi, quali quelli del Trattato di Pace a creare grande entusiasmo, ed arriverà seconda in classifica nella stagione 1947/48 e non sarà un caso che il declino della Triestina inizierà dopo il 1954, dopo il Memorandum di Londra, quando Trieste ritornerà all'amministrazione Italiana e la questione di Trieste giunse praticamente al suo epilogo che verrà sancito poi con il Trattato di Osimo. Una parabola che ben evidenzia e rappresenta anche il declino che ha subito nel corso dei decenni questa città, ovvero quando non è stata più nei pensieri del Governo centrale ed abbandonata a se stessa ed a vivere un ruolo marginale di periferia italiana. E sono diversi i libri che parlando della questione del Confine Orientale denunciano che l'Ufficio delle Zone di Confine con il beneplacito di Andreotti e della DC, investì parecchi soldi anche per favorire la Triestina. Questione che non dovrebbe sorprendere, perché vi era una causa nazionale importante, e la Triestina divenne in un certo senso la squadra di calcio di Stato e per la Nazione, almeno fino al 1954, almeno fino a quando era calda la questione di Trieste. Sport e musica, veicoli fondamentali nella propaganda nazionalistica per la questione del Confine Orientale e le terre contese. Come dimenticare la corsa ciclistica del 1946 e l'entrata in città, in quel caldissimo fine giugno, da vincitore, proprio di un triestino, Cottur? E tutta la retorica che ne è conseguita per il tramite anche dei giornali sportivi? 
Ma il calcio, come si evince da questo esempio, non è stato l'unico veicolo. A Gorizia per esempio sarà proprio negli anni turbolenti '50 che il basket, tipico sport americano, farà il grande salto di qualità e sarà importante per dimostrare il legame tra Gorizia ed i valori tipici dell'Occidente. Vi è stato, sempre in chiave nazionalistica, anche il pugilato. Nino Benvenuti, nato in Istria è diventato per Trieste un simbolo fondamentale e per l'Italia il segno anche dell'appartenenza di queste terre all'Italia. E' diventato il simbolo del riscatto soprattutto per i profughi istriani che costituivano in quel tempo una bella fetta importante della popolazione di Trieste. Cosa che in un certo senso ha confermato lo stesso Benvenuti a Trieste durante il conferimento della cittadinanza onoraria, quando ricordava il suo passato: “Salii sul balcone di questo Municipio, con una folla enorme in piazza. Ero come Cesare trionfante al ritorno dalla guerra. E via Carducci, un percorso tra due ali fitte di gente. Nessuno se l’aspettava quella folla. Neppure i giornalisti, la televisione, tanto è vero – precisa Nino – che le testimonianze più rilevanti di allora sono quelle di singoli improvvisati cineoperatori privati! E nessuno si sarebbe mai aspettato tanto amore: come quando una anziana signora riuscì a farsi largo nella massa per raggiungermi e donarmi una sua catenina d’oro. Un regalo incredibile, impensabile ! Capii allora che per i triestini, per queste terre, quella mia vittoria toccava dei sentimenti molto profondi e aveva anche il senso di un affrancamento da tante amarezze !”.E da Trieste, lentamente il filo conduttore si allungherà sino all'Istria, alla Zona B, fino a quando non si chiuderà la questione sul Trattato di Osimo, formato nel 1975 e ratificato qualche anno dopo, ed andrebbe analizzato ed indagato forse anche in questa ottica, in chiave nazionalistica, il successo di Endrigo, o delle " bellissime quattro" dalmato-istriane per capire quanto sia stato funzionale, od utile per la Trieste italiana e l'Istria e terre contese italiane. E soprattutto ci si deve interrogare perché ritorna oggi nuovamente la questione di Trieste e dell'Istria anche attraverso lo strumento della propaganda con l'ausilio dell'arte, dello spettacolo, della musica, del teatro e non solo. Forse per cercare di risollevare Trieste dal suo declino? Per attirare le attenzioni di Roma? E per l'Istria forse perché qualcuno spera ancora che possa ritornare all'Italia? Nonostante la presenza di italiani sia ai minimi storici? Dopo averla persa, per colpa soprattutto del nazionalfascismo nostrano

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