C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

Se si adottano metodi tipici mafiosi contro chi contrasta il revisionismo storico


Continua la censura contro chi si oppone al revisionismo storico. Bevk nelle sue memorie scriveva: “i fascisti con l'annientamento delle scuole slovene, delle associazioni e dei giornali sloveni,con la trasformazione dei nomi di località e con grandi scritte pubbliche avevano ridipinto di italianissima la facciata della regione. E noi scrittori delle nostre opere testimoniavamo davanti al mondo intero che quella era pur sempre terra slovena abitata da gente slovena che a modo suo viveva,pensava e pativa. Questo era per loro come un pugno nell'occhio, come lo smascheramento della loro menzogna,e li faceva imbestialire. Io ero stato solo avvertito, ammonito, ma quello stesso anno venne sequestrato il racconto,sostanzialmente innocente Med srci in zemljo di Budal. Le autorità non si accontentavano del semplice sequestro volevano anche indagare sull'autore”. 
Ed oggi, seppur in modo diverso, lo stesso accanimento si realizza nei confronti di chi denuncia e ricorda ciò, di chi denuncia le menzogne, di chi condanna il "ricordare per tornare", di chi ricorda i crimini contro l'umanità e di guerra compiuti contro la Jugoslavia dalla "brava gente " italiana. Bravi manzoniani, verrebbe da dire. Una censura sistematica che perdura dall'inizio degli anni '90. Dopo il recente caso di Gorizia e la sala negata, non concessa, della Provincia al gruppo di resistenza storica, che comunque ha svolto ugualmente il convegno, partecipato, nel giorno della "memoria condivisa", anche se incondivisibile, ad Udine il 19 febbraio si è svolta in una sala di Piazzale d'Annunzio una partecipata conferenza stampa. Oltre una cinquantina i partecipanti. Ma, a parte Radio Onde Furlane, della stampa tradizionale non vi era traccia. Ma era una conferenza stampa. Forse se l'avesse convocata Casapound qualcuno della stampa ci sarebbe andato. Cosa si è denunciato? Che da quando si è iniziato a demolire il processo del revisionismo storico, la cui origine così come la conosciamo, risale alla caduta del muro di Berlino, nell'Italia dello stragismo mafioso, nella Jugoslavia che cadeva a pezzi con una guerra catastrofica, atti sistematici, metodici, di intimidazione sono stati realizzati nei confronti di chi per primo ha iniziato a dire la verità, a denunciare le menzogne e le falsificazioni storiche. Poi il numero dei "colpiti" è incrementato, perché è incrementato il numero delle persone che operano con e per Resistenza Storica. Con episodi di accanimento similari accaduti in tutta Italia. Non si colpisce più il contenuto, ma la persona.
Si colpisce lo storico, lo studioso, il ricercatore, l'attivista, senza entrare nel merito dei contenuti.
Con metodi propri del sistema mafioso. Intimidazioni, minacce, tentate aggressioni, azioni di isolamento, di discredito, di denigrazione, di censura, con lo scopo di creare nei confronti di chi si scaglia contro la menzogna di Stato del revisionismo storico, terra bruciata intorno. 
Metodi mafiosi che trovano terreno fertile nel civile Nord Est dove la mafia esiste, ma non lo si può dire, e chi la denuncia non viene preso sul serio. Nella terra dove l'omertà esiste, è al contrario, non tanto per paura, come accade nel Sud, ma per accettazione e simpatia verso il sistema mafioso. Perché si ha bisogno della mafia per i propri affari.

Come denunciato nel libro Mafia a nordest.  Perché l'interesse particolare deve prevalere su quello generale, sul bene comune. Tipica regola delle mafie ed anche del sistema fascista, che in ciò erano perfettamente uguali.
Ed in questo caso il bene comune è la verità storica.
Si potrebbe parlare  non impropriamente di una sorta di fasciomafiosità, e sistema fasciomafioso, intendendosi per tale una serie di condotte ed atti sistematici, con carattere intimidatorio, minaccioso, se non di violenza, e caratterizzati da una metodica continuità, che hanno lo scopo di isolare chi non si allinea al processo del revisionismo storico consistente nella riabilitazione della visione fascista della storia, finalizzata a salvaguardare il nazionalismo.
Chiaramente ciò non riguarda tutti, sia ben chiaro, ma una parte rilevante del sistema di potere del Nord Est. Appena arrivato ad Udine, nella prima periferia, dove l'italianità deve farsi notare, con la sua via Roma, via Dante, o piazzale D'Annunzio, chiederai delle informazioni per arrivare a destinazione. Al quinto tentativo incontrerai una persona di mezza età e gli dirai" scusi lei è di Udine?" Questa ti risponderà, "lei che dice?" Io replico che fino ad ora non ho incontrato nessuno di Udine e volevo sapere della sala in questione che non riuscivo a trovare. 
Questo affermerà "bisogna bruciare tutta questa gente intorno". Ed il riferimento era agli stranieri. Ed io ero un passante e sconosciuto e meridionale. Ma, in questo caso, non erano i meridionali il suo obiettivo rabbioso, almeno per ora.

Cent'anni d'Italia hanno comportato la distruzione del multiculturalismo, del carattere multietnico di queste terre, per secoli appartenute all'Impero Austro Ungarico dove l'integrazione e la convivenza era la normalità. Cent'anni d'Italia nel nome del revisionismo storico rischiano di rendere quell'odio viscerale di quella persona incontrata nella prima periferia della bella Udine, come la normalità. Perché si riabilitano le peggiori cose accadute in questo nostro Paese. E' questo il problema, è questo il sistema  e la riabilitazione che si vuole demolire.

Ma siccome la verità storica nuoce gravemente al nazionalismo, all'anticomunismo, al fascismo del terzo millennio, questa deve essere censurata, isolata,annientata, perché scomoda, perché turba il vittimismo di questo cattivo Paese dove la disonestà, sia etica, che morale, che di ordinaria vita è la regola comune di quotidianità. Nel Paese dove i metodi mafiosi sono diventati la normalità ed ora vengono utilizzati anche per colpire la storia cercando di isolare chi la studia e non si allinea alla volontà del revisionismo.  
Ma non lo permetteremo. Dunque si è detto che le mafie sono una montagna di merda? Altrettanto lo è il revisionismo storico. Il Revisionismo storico è una grande montagna di merda.

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