Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Punta Sdobba lì ove mare e fiume si confondono

Tra l'isola della Cona e la solare Grado, tra fitti ed alti anche più di due metri canneti, lì ove dolce e salato, Isonzo ed Adriatico, fiume e mare, si confondono oltre ogni confine, ecco Punta Sdobba.


Un piccolo villaggio di pescatori, alcuni sentieri nel mezzo del Caneo, una passerella in legno sovrastante la riva dell'Isonzo, anche se bruscamente interrotta da logorio del tempo.




Tempo inesorabile.
Tempo che giostra con le correnti del nord,tempo e vento nella melodia del suono del canneto.
Una distesa, alta, e gialla, una piccola oasi di meraviglia che sfugge alla modernità.
Questa è Punta Sdobba, grezza e viva,silente e solitaria.
Bocca selvaggia, bocca d'amare.
E poi l'Isonzo.
E poi il bacio, con l'Adriatico mare,

difficile da odiare,
facile d'amare.

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