Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Il nuovo Inno per la Serie A calcio: un mix tra preghiera religiosa, e spirito di romanizzazione

Aveva ragione Piero Purini quando durante il convegno sulla questione della toponomastica di Ronchi-Ronchi dei legionari-Ronchi dei partigiani- invitava a riflettere sull'operazione nazionalizzazione che ha avuto in Italia il calcio, riscoperta dei valori tradizionali, dell'inno, del tricolore, della patria. Noto è come durante il ventennio si esaltasse soprattutto l'aspetto della forza, della virilità, dell'essere maschio, uomo, combattente, eroe, gladiatore, del calciatore. E devo dire che l'inno della serie A, come realizzato da Allevi, è lontano, musicalmente sicuramente dall'inno ufficioso d'Italia, quale quello di Mameli, può, per alcuni aspetti riportare alla mente l'inno d'Europa, ma è certamente, molto vicino allo spirito della romanizzazione. Già. Quella musica, e poi il testo nelle sue prime battute in latino, sembrano accompagnare il gladiatore dentro l'arena. Sembra di ascoltare la musica epica, al cui suono, alle cui caratteristiche ci hanno abituato per anni, tipica dei film sull'antica Roma. 
D'altronde quante volte è stato detto, scritto che i calciatori sarebbero i gladiatori moderni? Un testo che ha un qualcosa di dannunziano, D'Annunzio per esempio scriveva "Qui, dove la più generosa gioventù conveniva anelante di armarsi e di combattere" il titolo dell'inno di Allevi è o Generosa, e si parla di nobiltà d'animo, di gloria al vincitore. Un testo per combattenti, per vincitori, con sfumature religiose e spirituali, con il più volte espressamente richiamato Alleluia e Gloria. Sembra quasi una preghiera. Anzi, forse lo è.  Un testo che ha una doppia lettura. Una, che sarà quella più superficiale e banale, ma la più percepita non lascia spazio agli sconfitti, non vi è spazio per la partecipazione. D'altronde ogni moralismo falso ed ipocrita vorrebbe che quello che conta è partecipare, non vincere. Stupidate. Sono decenni, se non di più, che esaltano la vittoria, poi nel centenario della grande guerra figuriamoci se potrebbe essere altrimenti, sono decenni che gli sconfitti non hanno spazio, anzi subiscono denigrazioni. Una seconda lettura, che è quella più profonda e religiosa, che pare essere un recepimento di qualche discorso papale,e non laico, riguarda il contrasto alla corruzione, per lasciar regno all'anima al cuore, alla gioia. Insomma inno che si addice a questa Italia, e forse è per questo che è tanto criticato perché ha messo innanzi allo specchio gli italiani.



Questo il testo dell'Inno:
Oh forza nobile!
Oh nobile, vieni da noi!Gloria al vincitoreil suo cuore si muove sempre con onestà.
Gloria al vincitore
Gloria al vincitore
Custodisci la tua anima
affinché si astenga dalla corruzione,
riceverai una gioia inaspettata
Oh nobile!
vincitore sarai nel tuo cuore
Gloria, a te dico, Alleluia!
vincitore sarai nel tuo cuore
sempre lo sarai.


Gloria al vincitore
Gloria, a te dico, Alleluia!


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