Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Caso Moro, per il Procuratore Marini ancora tre le persone impunite


Nella seduta del 18 febbraio 2015, l'attività della Commissione Commissione parlamentare d'inchiesta sulla strage di via Fani, sul sequestro e l'assassino di Aldo Moro e sul terrorismo in Italia è stata caratterizzata dall'audizione del dottor Antonio Marini, Procuratore generale presso la Corte d'appello di Roma.  Il dottor Marini si è occupato per lungo tempo delle inchieste relative al sequestro e all'uccisione di Aldo Moro. 
Il Procuratore generale affermerà sin da subito che “ancora oggi il mio grande rammarico è che ci sono ancora due persone che, secondo me, restano impunite, quelle a bordo della moto Honda”. 
Nel testo della sentenza Moro 1 e Moro bis, 24 gennaio 1993; atti della X legislatura, Moro, fascicolo 35, pagina 801 si legge che "Moto Honda di colore blu di grossa cilindrata sulla quale erano due individui, il primo dei quali coperto da un passamontagna scuro e quello dietro che teneva un mitra di piccole dimensioni nella mano sinistra, sparò alcuni colpi nella mia direzione, tanto che un proiettile colpiva il parabrezza del mio motorino”. A tal proposito è il caso di ricordare che il senatore Ferdinando Imposimato ha chiesto di programmare la sua audizione, nella citata commissione, successivamente alla decisione del GIP in ordine all’opposizione che, in qualità di legale della signora Maria Fida Moro, ha presentato alla richiesta di archiviazione formulata dalla Procura generale di Roma con riferimento al fascicolo riguardante gli occupanti della moto Honda presente a via Fani al momento della strage. 
Ma Marini dirà anche che “ c' è, secondo me, una terza persona ancora impunita, quella che stava a bordo del furgone in cui era stata portata la cassa”. Ed evidenzierà la non attendibilità della versione di Morucci il quale “mi vuol far credere, dopo ore e ore di interrogatorio, dopo giorni e anni di interrogatorio, che avevano messo in quel furgone la cassa dove poi hanno messo Moro, lasciando il furgone incustodito. La prova logica in un processo però ha un'importanza. Tu non puoi lasciare incustodito un furgone in cui c’è la cassa e in cui devi mettere l'ostaggio, perché da un momento dall'altro il furgone lo possono rubare. Allora che fai ? Dopo tutto quello che è successo in via Fani, tu arrivi e non trovi il furgone e la cassa ? Ancor di più mi arrabbiavo con lui quando diceva che non c'era. C’è anche la signora Stocco, la quale dice che, quando è arrivato un uomo con la macchina e ha buttato le borse di Moro nel furgone, lei ha visto un altro scendere dal furgone. Eppure di fronte a tutte queste contestazioni... Sono state giornate intere di interrogatorio, mesi, anni. Ogni tanto ritornavamo. Sono processi che si sono fatti nell'arco non di un mese, di due mesi o di un anno, ma nell'arco degli anni”.
Sulla questione della nota moto Honda, affermerà che noi non abbiamo mai accertato che a bordo della moto Honda ci fossero due della ’ndrangheta o due dei servizi segreti. Noi ritenevamo, in base a quello che era emerso negli anni – che ci faceva vedere come i brigatisti, cominciando da Morucci e Faranda e dagli altri, volessero salvare i loro compagni – che molto probabilmente a bordo di quella moto Honda ci fossero due loro compagni di cui non volevano fare i nomi”, rimarcando l'importanza del perché della presenza della moto “ Ecco perché è importante se si accerta, naturalmente, che ci fossero persone degli apparati dello Stato a bordo di quella moto, perché allora stava lì per fare l'attentato, non soltanto per coprire, o nel caso in cui si fossero verificate degli imprevisti. È lì la moto Honda. Questo è un fatto fondamentale, che è stato accertato. Non abbiamo alcuna remora nel negare che questo medico si sia sbagliato, tant’è vero che lui è ritornato a dire sempre...”.
Sempre sulla moto Honda  e sulla presenza di una possibile seconda moto, vorrei ricordare quanto detto da Marini nella seduta del  9 marzo 1995 (9 marzo 1995 - pagg. 390, 391, 392) “A noi risulta, infatti, la presenza di una moto Honda in via Fani e questa è una circostanza pacifica, accertata con una sentenza ormai passata in giudicato. Poi abbiamo la circostanza della presenza di una moto sotto lo studio di Moro. Mi riferisco cioè all’episodio legato ad una visita dell’ex direttore del ‘Corriere della Sera’ Di Bella. Questa circostanza fa parte del primo processo Moro e del Moro-bis, in cui si parla della presenza di una moto e tale episodio viene riferito soprattutto dalla scorta di Di Bella. Ci è stato detto infatti che un giorno Di Bella va a trovare Moro e, appena arriva, alla sua scorta viene detto, dagli agenti che sono a protezione dello studio di Moro, che è stata vista aggirarsi nelle vicinanze una moto, che poi viene identificata per una Kawasaki. Gli agenti si mettono al suo inseguimento, ma la perdono. Pertanto, non si è mai riusciti ad accertare chi guidasse la Kawasaki”. In realtà sia la moto Honda che la moto Kawasaki di quel periodo si assomigliavano parecchio e nulla osta che la moto Kawasaki potesse essere in realtà la moto Honda. “Un’altra circostanza legata alla presenza di una moto nelle operazioni è quella che si registra in via Gradoli. In proposito, infatti, abbiamo la testimonianza dei Vigili del Fuoco che furono chiamati in via Gradoli. Costoro, mentre aspettano la polizia, che poi arriva a sirene spiegate e quindi manda a monte l’operazione, dal balcone vedono una moto che segnalano all’arrivo dei poliziotti. Gli agenti si mettono all'inseguimento della moto e in quel caso viene identificata una persona, che poi però viene ritenuta estranea ai fatti”. MARINI seduta 9 marzo 1995 (9 marzo 1995 - pagg. 390, 391, 392)

Marco Barone 

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