C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

Un dossier “Sui banchi del Regime” ed alcune note di riflessione sulla scuola fascista

Il CESP ( sezione di Bologna), Centro Studi per la Scuola Pubblica, nato nel 1999 per iniziativa di lavoratori della scuola di area Cobas, pubblica, gratuitamente, un piccolo ma importante dossier, i cui testi uscirono già nel numero 223 (gennaio 2014) della rivista Reggiana “Pollicino gnus”. Gli interventi saranno di Piero Fossati, Gianluca Gabrielli, Alberto Gagliardo, Fabio Targhetta. Si partirà con una declinazione ove l'oggetto ed il soggetto, nome e "verbo" sarà Mussolini e l'Italia e la venerazione che si doveva riservare allo stesso, amandolo e solo chi amava Mussolini poteva essere definito come “bravo ragazzo”. Ci sono voluti 75 anni a Trieste per avere una targa che ricordasse l'infamia dell'annuncio della proclamazione delle Leggi Razziali, ciò a dimostrare che occorre tempo, tanto tempo per rielaborare e prendere pienamente coscienza di ciò che è stato il fascismo nel suo complesso e la scuola è stata la “prima vittima” non casuale di tutto ciò. Si affronteranno con efficacia non solo l'aspetto della militarizzazione della scuola, il modo in cui è variata nella sua omologazione la didattica, ma anche quelle sfumature che hanno, a colpi di colore, illustrazioni e temi determinati e determinanti plasmato la mente di milioni di persone. Si parlerà della giornata del moschetto,del patriottismo bellico, si ricorderanno i tanti pellegrinaggi organizzati a colpi di circolari, da quello nazionale studentesco attraverso i luoghi del Martirio e della Gloria, al terzo anniversario della Marcia su Roma, ma anche gesti ridondanti che avranno il compito di saldare la fisicità dell'individuo all'autoritarismo del fascismo, come il saluto alla bandiera, il saluto romano fascista nelle scuole e così via discorrendo. Pagella, propaganda, politicizzazione dell'infanzia, la “cultura” militare l’uso spregiudicato di colori, illustrazioni e simboli saranno alcuni degli aspetti affrontati in questo dossier che ovviamente non può lasciare indifferenti e colpisce molto quando scriverà Piero Fossati : “il pensionamento dei vecchi maestri liberò posti e diede a Gentile la possibilità di indire in tempi rapidissimi (nella primavera del 1923 gli scritti, in autunno gli orali) un megaconcorso: 22.000 domande di ammissione 4792 promossi, pari a circa il 5,5% dell’intera popolazione magistrale (stando alle statistiche elaborate da Lombardo-Radice proprio nel 1923, ma riferite alla situazione del 1921, raggiungeva complessivamente le 86.366 unità), risultato limitato in termini numerici ma apprezzato da Gentile per il quale un successo di massa avrebbe avuto il sentore di inutile conformismo: i prescelti davano garanzia di fedele adesione per i successivi quarant’anni”. Gianluca Gabrielli ricorderà che “l’oggetto cui questi materiali di riflessione rivolgono lo sguardo è il fascismo, il regime che varò una legislazione razzista e antisemita, discriminò ebrei e africani, perseguitò chi non si piegava al razzismo di Stato e partecipò attivamente alla deportazione degli ebrei verso lo sterminio. In particolare si è scelto di puntare i riflettori storici sulla scuola del regime, soprattutto quella elementare, che si avviava ad accogliere percentuali della popolazione italiana sempre più ampie e che quindi funzionò come un potentissimo dispositivo di educazione (e indottrinamento) delle classi popolari”. Nel tempo ove si vuole lo scontro tra civiltà, tra Oriente ed Occidente, ove ognuno rivendica la superiorità dei propri precetti e dogmi, i concetti di libertà, uguaglianza e fraternità propri della Rivoluzione Francese, minati nello spirito da barbarie e violenze in un sistema dominato da intolleranza e profitti, dovranno essere la guida per la scuola del futuro, valori che l'antifascismo ha saputo seminare e coltivare e non lasciamo perire invano i frutti di tanta lotta e storia, la nostra.

MarcoBarone

segue il dossier a cura del CESP Bologna con gli interventi di Piero Fossati, Gianluca Gabrielli, Alberto Gagliardo, Fabio Targhetta:

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