C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

FVG ed enti locali: Tra unione dei Comuni come SPA, guerra dei confini e goodbye democrazia

Si vocifera, si parla, si dice, ma quanti realmente hanno compreso gli effetti devastanti della nuova Legge regionale 12 dicembre 2014, n. 26? Per capire meglio la situazione ho deciso di partecipare ad una seduta del consiglio comunale di Ronchi, chiamato a pronunciarsi sulla mozione presentata dal Consigliere di opposizione ( Federazione della Sinistra Rifondazione Comunisti Italiani ), Bon, che chiedeva al Consiglio Comunale di pronunciarsi contro la Legge ora citata eccependo alcune motivazioni che ora sintetizzerò. Come è noto il FVG è attualmente diviso in in 217 comuni e 4 province. Nel 2013 la Regione ha erogato al sistema delle autonomie locali complessivamente 377,4 milioni di euro, con una riduzione del 16,2% rispetto al 2012 e del 19,9% rispetto al 2011. I trasferimenti ordinari ai Comuni nel 2013 ammontavano a 293,2 milioni di euro, il 10,5% in meno rispetto al 2012 e il 18,2% in meno rispetto al 2011 . Un quadro desolante che se abbinato agli effetti della nota legge di austerità, pardon, di stabilità, il dado è tratto e lo si vede quotidianamente nelle nostre città, piccole o grandi che siano. Ed allora dal 2016, quando la Legge citata entrerà a regime, il FVG rischia di svoltare bruscamente via. Nel mentre di tutto ciò nel territorio di Udine e Pordenone le proposte di unione tra comuni avanzano, nel goriziano la situazione procede con lentezza e per fortuna da un certo punto di vista. I Comuni rischieranno di divenire delle SPA, ove attraverso il processo di Unione, ogni Sindaco, in rappresentanza del proprio Comune conterà in questo modo:

a) un voto per i Comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti;
b) due voti per i Comuni con popolazione da 3.001 a 10.000 abitanti;
c) quattro voti per i Comuni con popolazione da 10.001 a 15.000 abitanti;
d) sei voti per i Comuni con popolazione da 15.001 a 30.000 abitanti;
e) nove voti per i Comuni con popolazione da 30.001 a 50.000 abitanti;
f) dodici voti per i Comuni con popolazione da 50.001 a 100.000;
g) quindici voti per i Comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti

Dunque più è grande la circoscrizione che rappresenti, più rilevante sarà il peso del voto. Insomma il pacchetto azionario più rilevante sarà nelle mani dei sindaci delle grandi località e visto che in Fvg la maggior parte dei Comuni non vanno oltre i 10 mila abitanti ben si può capire dove si vuole arrivare. La cosa significativa è che l'assemblea degli azionisti dell'Unione dei Comuni inciderà su materie specifiche che riguarderanno la vita dei singoli Comuni come le modifiche statutarie; regolamenti; bilanci annuali e pluriennali, relative variazioni, conti consuntivi; atti di programmazione e di pianificazione; organizzazione e concessione di pubblici servizi, affidamento di attività o di servizi mediante convenzione; per citarne solo alcuni.  Insomma un processo che sicuramente favorirà il peso decisionale dei grandi Comuni a discapito dei piccoli Comuni i cui consigli comunali non conteranno più un nulla salvo deliberare pareri non vincolanti.  E'  la privatizzazione della gestione della cosa pubblica ove saranno i grandi partiti e ciò che correrà dietro ad essi a determinare il cosa od il non cosa si potrà o non potrà più fare nelle singole realtà comunali. Ovviamente questa legge, per forza di cose, incentiverà non solo l'unione tra Comuni ma la fusione tra piccoli Comuni e tutte le identità secolari, le specificità culturali locali andranno in un nano secondo a farsi friggere. Certo se ciò significa garantire migliori servizi per i cittadini e maggiore democrazia e partecipazione avrebbe un senso, ma così pare proprio non essere. Saranno i grandi a comandare ed a governare la sorte dei piccoli che dovranno sottostare alla volontà del Re o grande azionista. 
Certo, esiste sempre la concreta possibilità che i piccoli concorreranno per unirsi, creando nuovi Comuni, diventando anche loro grandi, per avvicinarsi  al peso azionario delle gradi città del FVG, pur senza mai raggiungerlo. Rinunciando, dunque,  alla propria secolare storia. Eppure i piccoli Comuni sono stati sempre espressione di partecipazione, democrazia, di vicinanza al territorio, ai cittadini, in tutti i sensi. Ed  è più che evidente che ora partirà anche la guerra dei confini all'interno del FVG, perché si proporranno fusioni tra Comuni per opporsi ad altri Comuni, dunque rivalità contro la solidarietà. La democrazia andrà in lutto, poiché  i singoli Comuni non conteranno più nulla, perché i consigli comunali non avranno più alcun senso, perché i piccoli partiti, spesso espressione di specificità territoriali, rischieranno l'estinzione, perché l'opposizione non avrà più alcun senso, qualora sussistente, perché le "minoranze" e comunità di riferimento, penso alla slovena, per esempio, non avranno alcun ruolo,  perché i cittadini non conteranno nulla, come tra le altre cose ben evidenzia il nuovo mostro elettorale che partorirà a breve il Parlamento italiano.
Il Sindaco di Ronchi ha riconosciuto espressamente che tale legge non recepisce i valori nati dalla resistenza, che è una cattiva legge, ma confida nel fatto, così come ha fatto il Pd di Ronchi, che le cose possano cambiare nel corso del tempo, pur prendendosi atto che la Legge è, ora appunto, Legge. 
Però, alla fine la proposta politica di Bon è stata bocciata, una proposta politica che criticava questa Legge, che invitava a dire no, ben tenendo conto anche del rischio che correranno i lavoratori, dal sovraccarico di mansioni alla mobilità, senza che questi siano stati informati di nulla. E bocciare una proposta politica che dice no significa dire sì.  Di questa riforma regionale, a parte gli addetti ai lavori, i cittadini non hanno capito nulla, non hanno compreso come cambieranno le cose. Esistono ancora delle vie per fermare questa Legge, vie offerte dalla democrazia e dalla legalità, e non si esclude che verranno intraprese, ma la prima cosa da fare è spiegare ai cittadini cosa è accaduto alla fine del tremendo 2014, bisogna loro spiegare che è caduta la democrazia nella terra che per prima ha conosciuto la resistenza. 

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