La bellezza di una città...

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  La bellezza di una città non è data dalle sue statue, dai suoi fiori o piazze rinnovate, ma dalla convivenza civile. Convivere pacificamente, ognuno con le proprie identità, peculiarità, nello stesso contenitore, insieme. Nulla di più bello di questo può esserci in una città, il resto, è solo specchietto per le allodole. mb

Alcuni interrogativi su "E Johnny prese il fucile"

La recente pre-recensione che ho scritto sull'audio-dramma E Johnny prese il fucile, dalla grande guerra per denunciare ogni guerra, mi ha spinto ad andare alla ricerca di quel libro di Trumbo, che avevo sfogliato anni ed anni or sono, per approfondire alcuni punti che il tempo aveva lasciato in sospeso. Si è scritto tanto sul ruolo, perché un ruolo questo libro lo ha avuto, antimilitarista, uno dei primi che ha affrontato la problematica dell'eutanasia, il rapporto complesso tra padre e figlio sono certamente quelli più rilevanti. Dopo averlo riletto, però mi son posto interrogativi ai quali cercherò di dare una risposta e questi sono: Vi sono altri temi affrontati? E Johnny avrebbe preso il fucile per lottare nella resistenza? E' realmente a favore dell'eutanasia?  Sì, vi sono altri temi affrontati nel libro, oltre ai canonici.  
Penso, per esempio, alla denuncia, forte e considerevole, della condizione di sfruttamento a cui erano sottoposti soprattutto i messicani per la costruzione della ferrovia che attraversava il deserto di Uintah. Condizioni di lavoro degne del peggior schiavismo, non che possa esistere un miglior schiavismo sia beninteso, il cui unico sollievo era il bagno in un laghetto puzzolente e la vita era lavorare duramente come bestie per ore ed ore senza sosta alcuna, perché se si fermava un solo operaio pagavano tutti gli altri operai il prezzo dello stop, dunque una solidarietà imposta nella condizione di schiavismo che non ha portato ad alcuna forma di ribellione ma alla fuga, la fuga con il treno merci verso quella vita oltre il caldo soffocante del deserto. Vi è anche la vita rinchiusa nell'orto del padre. Quel padre con il quale condividerà l'ultimo abbraccio il passaggio del divenire adulti, e la perdita della canna da pesca del padre porrà in essere, quel materialismo tipico di buona parte della cultura occidentale in secondo piano, perché una canna da pesca persa, per quanto cara ed importante possa essere, vale certamente meno dell'ultimo abbraccio tra padre e figlio nell'alba di una nuova vita, quella del divenire adulti e vivere la propria indipendenza anche nelle relazioni sociali. Ed il padre continuerà a coltivare il proprio orto, lavorando anche il terreno altrui, al prezzo della propria libera fatica, perché nella bellezza dell'orto si contrapponeva quella società che vive di danaro, quel danaro nel nome del quale la vita umana non ha valore alcuno, quel danaro che determinerà guerre ed ancora guerre. Joe, ridotto a tronco, senza braccia, gambe, bocca e naso, cieco e sordo, ma dal pensiero vivo e coscienza viva, nell'ultimo paragrafo nel capitolo intitolato i Morti, prima parte del libro,urlerà con la forza del pensiero “ non ascoltateli più quando vengono a battervi sulla spalla e vi dicono andiamo dobbiamo combattere per la libertà”per concludere il libro, nel capitolo intitolato ai Vivi, “dateci un fucile e noi sapremo cosa farne, dateci uno slogan e non lo trasformeremo in realtà.Voi progettate pure le guerre voi padroni di uomini progettate le guerre e puntate il dito e noi punteremo i fucili”.
Due concetti che pur essendo opposti in realtà si armonizzano nella fisionomia del libro. Joe dirà no alla guerra per la libertà, per la democrazia, per l'onore, voluta dagli Stati, dagli eserciti, dalle gerarchie militari, perché quelle non saranno mai guerre per la libertà, non ci possono essere guerre per la libertà,  la libertà la si conquista con altro, quell'altro che si chiama resistenza e la resistenza sarà il puntare i fucili contro quel sistema che punterà il dito per condurti alla morte per la sua gloria, per il suo ordine di potere, quello che nuoce ad ogni senso di umanità. Uno dei passaggi che induce molto alla riflessione è quello, anche se è una parola che non verrà mai pronunciata,  dell'eutanasia. Joe desidererà spesso la morte, però la parte che alla fine prevarrà sarà la forza della coscienza di ribellione, il voler immaginare di sapere di essere all'esterno, fuori nel mondo, percepire l'alba ed il tramonto con la propria sudorazione e mostrarsi per quello che è diventato non per proprio volere ma per colpa altrui, per la guerra, la guerra che ti riduce a tronco, alla più elevata solitudine che cercherai di sconfiggere battendo la testa sul cuscino per cercare di parlare con l'umanità. Quella umanità che all'inizio fuggirà dal suo figlio, perché Joe è figlio di quella umanità che ha voluto con la grande guerra la morte, la madre patria che ha ucciso i propri figli, quella umanità che non riuscirà a capire cosa vorrà Joe,violentandolo anche nella sua fisicità per una errata interpretazione dei desideri e volontà, umiliandolo, quella umanità che quando comprenderà cosa vorrà Joe deciderà di lasciarlo marcire in qualche angolo di qualche ospedale sperduto perché il mondo non doveva vedere cosa la guerra può fare, perché il mondo non deve avere paura della guerra, il mondo deve onorare la guerra, perché devi essere eroe.Senza eroi non ci possono essere guerre e senza guerre non ci possono essere eroi. Pur desiderando spesso la morte in realtà pare vincere la vita in uno stato di non vita, una vita rinchiusa nella coscienza, nei pensieri, nei ricordi, nelle sensazioni, nell'adattamento ad una situazione terrificante ma per quanto terrificante non è stato ucciso Joe perché i regolamenti lo impedivano, per quanto terrificante Joe non ha avuto la forza di uccidersi trattenendo il respiro, per quanto terrificante Joe continuerà a pensare, a contare i giorni, a percepire le vibrazioni ad opporsi alla morte pur spesso desiderando la morte. Questo è il problema dello stato di coscienza, perché anche senza gambe, braccia, naso e bocca, anche senza orecchie ed occhi, una vita pare essere possibile, in uno stato brutale di non vita fisica. E dunque la sensazione che ho percepito dalla lettura del libro, forse nel film le cose saranno diverse, avranno sfumature diverse è la forza del dubbio, e certamente non la convinzione di porre fine al proprio stato, in ogni caso ciò dovrà essere una scelta, dovrà essere il diritto alla scelta, scegliere se vivere o morire dignitosamente, una scelta di Joe, quella che lui non ha conosciuto, perché Joe non ha potuto scegliere.
Ed oggi Joe potrebbe scegliere?

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