L'articolo 9 della Legge 38 del 2001 è chiaro quando afferma che: “negli organi collegiali e nelle assemblee elettive aventi sede nei territori di cui alla presente legge e' riconosciuto il diritto all'uso della lingua slovena negli interventi orali e scritti, nonche' nella presentazione di proposte, mozioni, interrogazioni ed interpellanze, compresa l'eventuale attivita' di verbalizzazione. Le relative modalita' di attuazione sono stabilite dagli statuti e dai regolamenti degli organi elettivi”.
Il comma due afferma che:”A cura dell'amministrazione competente si provvede alla traduzione contestuale in lingua italiana sia degli interventi orali sia di quelli scritti”, mentre il comma tre che: “i componenti degli organi e delle assemblee elettive possono svolgere le pubbliche funzioni di cui sono eventualmente incaricati anche in lingua slovena, a richiesta degli interessati”.
Si parla espressamente del riconoscimento del diritto all'uso della lingua slovena, non dunque di una opzione. Chiaramente il riconoscimento per essere tale necessita di un recepimento, cosa che il Comune di Trieste, ad oggi, non ha ancora provveduto ad effettuare e che grazie all'iniziativa del presidente del consiglio Itztok Furlani› (Prc) e del consigliere Igor Švab (Pd) è stata giustamente posta all'attenzione dell'opinione pubblica, la quale forse in larga parte dava come per assodato il compimento di questo diritto.
Ma anche, visto che a breve ci sarà la ricorrenza dell'inizio della restituzione di Trieste all'Italia, che sarebbe il caso di provvedere a ricordare quelle oltre
500 giornate di violenza che dal 12 giugno del 1945 al 26 ottobre del 1954 si sono realizzate per l'italianità di Trieste. Si parte con il 12 giugno 1945, quando elementi di destra e collaborazionisti infiltrati nel corteo dei manifestanti inneggianti all'Italia, provocano numerosi incidenti e scontri nel primo giorno dell'amministrazione anglo-americana a Trieste.Nei pressi di piazza della Borsa le truppe Jugoslave, che il primo maggio avevano de facto liberato la città dall'occupazione nazifascista, vengono salutate con braccio teso, simbolo del fascismo, da gruppi di dimostranti mentre scandiscono slogan ed intonano canti del regime fascista, per arrivare al 26 ottobre giorno del passaggio dall'amministrazione alleata a quella italiana con iniziative di squadre di estrema destra che provocano la popolazione slovena di Opicina, all'attentato neofascista ai danni del circolo comunista di Gretta. Ma queste violenze, che si pongono in continuità con il nazionalismo italiano della prima guerra mondiale e poi con il fascismo, hanno continuato a trovare affermazione sino alla fine degli anni '70. Lo scopo di tutto ciò era deslavizzare la Venezia Giulia e Trieste ed il Friuli, decomunistizzare la regione, in nome e per conto di quella italianità che doveva dominare e regnare sovrana nella Trieste d'Italia. Questo 26 ottobre ci sarà l'ennesima ricorrenza del “ritorno di Trieste all'Italia, tra iniziative istituzionali e politiche, sono da segnalare anche cortei nazionalistici nonché un concerto di "camerati" organizzato per l'occasione da alcune realtà. 500 giorni di violenza fascista dalla caduta formale del fascismo, 500 giorni di attentati, sparatorie, lancio di bombe, aggressioni, ove non sono mancate né vittime né feriti, 500 giorni di nazionalismo estremo tutelato dal governo centrale di Roma ed anche alleato e non è un caso che il germe nefasto di Gladio e quello delle strutture parallele paramilitari eversive che avranno un ruolo importante nel periodo così detto della strategia della tensione nascerà proprio a Trieste in alcuni suoi rioni. Hanno attaccato, attraverso azioni
terroristiche, per imporre, strumentalizzando il concetto della difesa, il nazionalismo estremo italiano, anticamera del fascismo e l'anticomunismo seminando nel tempo condizioni e sentimenti ed odi finalizzati anche a conseguire la restituzione delle così dette terre contese, partita ancora oggi aperta.
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