Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Trieste: dedicare una via, una piazza al 1° maggio,giorno della liberazione della città e festa del lavoro

Trieste è una città ove esistono una marea di vie dedicate ad irredentisti e nazionalisti e non solo, come a Timeus il quale scriveva, per esempio:“ la questione delle maggioranze slave non è per noi che accademia, perché siano gli slavi pochi o molti noi le province di confine le dobbiamo conquistare, in ogni caso, per ragioni politiche, economiche e soprattutto strategiche, indipendenti da ogni questione di diritto nazionale. Per noi ha comunque più valore l’esistenza di diecimila italiani che quella di cinquanta o cento mila slavi “ e precursore del fascismo,  a D'Annunzio che oltre ai suoi noti rapporti con il fascismo, alla marcia eversiva e militarista ed antesignana del fascismo, quale quella di Fiume, è il caso di ricordare anche alcuni suoi scritti razzisti nei confronti dei croati e delle comunità jugoslave: «il croato lurido, s’arrampicò su per le bugne del muro veneto, come una scimmia in furia, e con un ferraccio scarpellò il Leone alato oppure (…) quell’accozzaglia di Schiavi meridionali che sotto la maschera della giovine libertà e sotto un nome bastardo mal nasconde il vecchio ceffo odioso…» (dalla Lettera ai Dalmati); oppure «Fuori la schiaveria bastarda e le sue lordure e le sue mandrie di porci!»;oppure a colui che ieri come oggi non potrebbe che essere definito come terrorista, Oberdan, al quale è stata dedicata una piazza importante della città, ma esiste anche una scuola a lui intitolata. Vi è per esempio via del 24 maggio, giorno in cui l'Italia dichiarerà guerra al suo precedente alleato per ragioni di opportunismo rompendo ogni stato di neutralità e mandando a morire migliaia di giovani  ma non esiste, invece, una via dedicata al 1° maggio. Festa dei lavoratori ma anche giorno della liberazione della città dall'occupazione nazifascista. Il primo maggio del 1945 alle sei di mattina con cinque carri armati leggeri e duecento mitragliatrici, i partigiani jugoslavi, entrando a Trieste, libereranno de facto la città, atto che si ultimerà il 2 maggio con la resa degli ultimi reparti nazisti ad altre truppe alleate. I partigiani Jugoslavi furono anche i primi ad entrare in Risiera, salvando buona parte del materiale ivi raccolto e conservato presso l'archivio di Lubiana. Il 3 maggio del 1945 si riuniva il Consiglio dei Ministri al palazzo del Viminale il quale approvava una lunga mozione in merito alla liberazione di Trieste così scrivendo tra le altre cose, dopo aver ribadito il carattere di mera italianità della città:“manda un plauso riconoscente alle Truppe Alleate e alle formazioni Partigiane che hanno contribuito alla sua liberazione”.

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