Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Il caso del piccolo rigassificatore di Monfalcone

Una cosa è certa, la così detta crisi offre al capitale privato immense potenzialità e possibilità di speculazione. Ciò non è un mistero, d'altronde basta vedere quello che accade praticamente ovunque, ambiente devastato per la realizzazione di paradisi per ricchi, beni così detti comuni, privatizzati, diritti dei lavoratori ridotti al minimo. In un contesto del genere, mentre giunge l'ennesimo allarme rosso di rischio default per il sistema Italia, per la insostenibilità del suo debito, a Monfalcone si riscalda il dibattito, solo questo per ora, tra coloro che sostengono la necessità di realizzare un piccolo rigassificatore e coloro che si oppongono. A dirla tutta, ad oggi almeno, questo scontro sembra essere prevalentemente verticistico. Cioè tra politici, imprenditori, capitalisti, immobiliaristi, tra chi vorrebbe trasformare il golfo di Trieste in una sorta di paradiso turistico per pochi, pochissimi ed extra lusso, e chi, invece, vorrebbe investire nell'ambito industriale. Dal basso, invece, tra perplessità e variegate valutazioni, non pare essere emersa una contrarietà assoluta al piccolo rigassificatore di Monfalcone, così come non pare essere emersa una presa di posizione pienamente favorevole. Nel mentre del dubbio e dei conflitti verticistici ed apicali, qualche opinione bisogna pur averla in materia ed anche esprimerla, perché nel bene o nel male, il rigassificatore, piccolo o grande che sia, rischia di cambiare il volto dell'intera area del monfalconese e del golfo di Trieste. Come è noto, il mercato del gas, destinato comunque ad essere il futuro, continua a non fruttare come avrebbe dovuto ed in città come Livorno, la realizzazione dell'impianto ivi considerato ha subito un considerevole prolungamento dei tempi di realizzazione ed i costi hanno raggiunto cifre da capogiro, ben oltre quelle preventivate. L'impianto che dovrebbe sorgere a breve in Monfalcone, almeno sulla carta, vede tra i partner in Smart Gas, Sbe, l'acciaieria Abs, le Ferriere Nord, la Fantoni, la Bipan, le vetrerie Sangalli e la cartiera Burgo. Impianto che è finalizzato a garantire un sistema concorrenziale per le realtà produttive locali, del Friuli Venezia Giulia e pensato per essere inserito all'interno di quello che dovrà diventare il grande porto delle industrie del FVG, ovvero il porto di Monfalcone. Dunque si tratta di un mero investimento locale, per l'economica locale e non per quella nazionale. Le osservazioni contrarie, a questo tipo d'impianto, hanno riguardato diversi aspetti. Si è contestato che il progetto di rigassificazione in esame non può essere ritenuto attuativo delle infrastrutture definite dalla Strategia Nazionale né dal Piano Energetico Regionale e pertanto non lo si può valutare in termini di coerenza con le esigenze energetiche derivanti. Ma anche che non risulterebbe dimostrata l’esigenza di un nuovo impianto di rigassificazione nelle acque costiere dell'Adriatico settentrionale, area sensibile e portuale nella quale sarebbero previsti altri progetti di sviluppoSi afferma che la presenza di un nuovo impianto non incide direttamente su un’eventuale riduzione del costo del gas, che sussistono le criticità nelle operazioni di dragaggio, che l’impianto in progetto impatta temporaneamente (fase costruzione) e permanentemente (esercizio) con varie aree sottoposte a vincolo, ma specialmente che le opere previste indurranno forti alterazioni in termini di forma e volume, percepibili specialmente dal litorale monfalconese e da vari insediamenti nel Comune di Duino Aurisina - Devin Nabrezina. Il fronte del sì, invece, rileva che la sicurezza è garantita stante anche la distanza tra i serbatoi e la nave gasiera pari a circa 1.1 km, che non ci sarà alcun impatto acustico, che l'impianto non emette odori, che dal punto di vista visivo l'impatto sarà praticamente inesistente e che la presunta vocazione turistica dell'area non verrebbe danneggiata da questo tipo di progetto, che ci saranno ricadute occupazionali significative e che non si richiederanno incentivi o contributi pubblici perché finanziato integralmente dal capitale privato ed infine che il gas verrà importato da Paesi contrattualmente affidabili.  Il caso di Monfalcone è emblematico, perché ben spiega la situazione del sistema Italia, un sistema ove non esiste una pianificazione industriale, una pianificazione energetica, un sistema ove si naviga letteralmente a vista e nel mentre di tutto ciò ovviamente si dovranno fare i conti con un mondo che cambia e che non potrà certamente più dipendere dalle vecchie ed inquinanti risorse energetiche. Insomma questo impianto a chi gioverà realmente? A pochi, a poche soggettività, od all'intera comunità del Friuli Venezia Giulia? Sarà questo il vero punto nodale della questione che potrà sbilanciare il giudizio finale verso il sì o verso il no, almeno per la comunità locale.




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