Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

#Calcio #‎sosunione‬ quando si mobilità una comunità per una squadra di calcio: salviamo la Triestina

La Triestina il 3 aprile 1922 insieme alla Juventus Italia ed altre squadre acquistava il diritto a partecipare alla prima edizione di quella che sarà la Coppa Italia. Nella Stampa del 4 aprile del 1922, alla voce domenica sportiva, si presentava questa competizione come una sorta di coppa d'Inghilterra. Prima grande partecipazione nazionale della Triestina, nata, qualche anno precedente, dalla fusione tra il CS Ponziana e il FC Trieste. Il calcio non è una questione di nazionalismo, si dirà, e non dovrebbe esserlo, si ribadirà. Ma a Trieste è difficile che non lo sia, ma volendo sorvolare ed ignorare gli spiriti irredentisti, nazionalisti e tradizionalisti, che in parte riguardano la storia della Triestina e di una parte della sua tifoseria, e volendo vedere nella Triestina di oggi l'espressione di quel calcio che dovrebbe unire comunità, rioni,e quartieri e città, senza più confini e frontiere,  ben sottolineando che il calcio non deve essere strumento di propaganda politica alcuna e di campagna elettorale, non si può rimanere indifferenti alle vicende incredibili che hanno spazzato via, per colpe di pessime gestioni, una parte di storia rilevante del calcio nostrano. Si è mobilitata una intera città, dalla politica, alla rete,dalla stampa a wikipedia, il tutto per chiedere la salvezza di una squadra che ha fatto sperare, sognare intere generazioni.
La Triestina di oggi paga la crisi che caratterizza il calcio nel suo complesso. Dove si spendono centinaia di milioni di euro per comprare un giocatore e dove non si riescono a trovare qualche migliaia di euro per mantenere in vita una società calcistica. Calcio affossato dalla rincorsa al danaro, società in svendita e spesso prese di mira da soggetti che vedono in questo sport solo business e non passione. E ciò altro effetto non ha che fomentare illusioni e rabbia. Bisognerebbe interrogarsi sul come sia possibile che la Triestina si trovi nelle condizioni in cui oggi si trova. Dove è finita l'imprenditoria triestina? Il grande capitale finanziario triestino? Queste sono alcune domande che si pongono migliaia di tifosi. Perché, purtroppo, come la società di oggi ha insegnato, il calcio può essere portato avanti solo a certi livelli, con la mano ed il portafoglio del grande capitale. Potrebbe essere la Triestina una forma di esperimento sociale, di acquisto partecipato collettivo da parte dei cittadini triestini? Potrebbe esserlo, nulla è vietato. Ma ritornando con i piedi alla realtà della modernità,si deve rilevare che la Triestina, a Trieste, è vista come bene comune, se tale deve esserlo, che lo sia a fatti e non solo a parole. Nessuno pretende che si spendano soldi pubblici, specialmente oggi, per una squadra di calcio, ma nessuno può accettare che una squadra di calcio possa diventare il trampolino di lancio per i propri investimenti, per i propri particolari affari, mandando in frantumi gloria calcistica,mandando a pezzi storia e passione che corrono ed hanno corso per quasi un secolo qui a Trieste. Il calcio è malato, seriamente malato, le cure esistono, i tamponi non servono ad un bel nulla. Ma una cosa è certa, quando è una città intera che si mobilita, quando la solidarietà è diffusa in tutta Italia ed anche oltre, basta vedere il numero enorme ed impressionante di adesioni che ha avuto in pochi giorni il gruppo sos Unione Triestina, i tantissimi messaggi di solidarietà da diverse città italiane e non, che vanno anche oltre la rete come dimostrano alcune foto come pubblicate in quel gruppo





per salvare la storia di una squadra che rischia di essere spazzata letteralmente via, significa che il calcio, nonostante tutto, ancora resiste e mobilita di più, molto di più, rispetto ad altre tematiche sociali. Comunque sia,ricordando i versi di Saba, il suo studio poetico sul calcio, sul perché il calcio unisce,sul perché il calcio condiziona stati d'animo in modo altalenante non posso che scrivere anche io non salvate,ma salviamo la Triestina perché Della festa anch’io son parte e la festa si chiama ora Triestina.



note: foto dal gruppo sos unione Triestina


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