28
giugno 1914, la data delle date, la data pretesto, la data attesa, la
data, forse, voluta. Una
data che cambierà gli equilibri del mondo, in un tempo ove anche la
pace serviva per preparare nuove guerre, in un tempo che ha
esternato, senza censura alcuna, la più dura e cruda natura disumana
dell'essere umano. Francesco
Ferdinando e consorte non erano ben visti dall'Imperatore Francesco
Giuseppe, si è spesso parlato di “erede” forzato e sgradito, ha
dovuto addirittura giurare, come ricorda Luciano Canfora in un suo
recente libro “ 1914- Sellerio editore Palermo” di rinunciare "per i propri eventuali figli alla successione degli Asburgo”. Ma
due colpi di pistola hanno risolto il problema. Già
la mattina stessa, per le strade calde di Sarajevo aveva evitato una
bomba. L'esplosione distrusse l'auto che stava immediatamente dietro
a quella dell'erede dell'Impero Austro Ungarico. Poi,
come le fonti storiche hanno tramandato, vuoi per errore, vuoi per
incomprensione, vuoi per mancata comunicazione, vuoi perché così doveva essere, proprio all'angolo della via che conduce sulla strada
Francesco Giuseppe, caso forse non tanto casuale, si presentarono, lui e sua moglie, davanti
all'attentatore, che questa volta non mancò il colpo. C'è chi dice che l'autista non era stato informato del cambio di
tragitto, c'è chi dice che l'autista aveva sbagliato strada, c'è
chi dice che la polizia non aveva fatto nulla per impedire il
passaggio “errato”,comunque sia con quei due colpi di pistola il vecchio Imperatore ha ottenuto
l'eliminazione dell'erede per nulla gradito ed anche il pretesto per
ultimare con una guerra lampo, che lampo non sarà, con una manovra
rapida e vincente, che vincente e rapida non sarà, quel piccolo
grande puzzle determinante nell'equilibrio dell'imperialismo allora
dominante.
Due
colpi di pistola, due piccioni con una fava avvelenata.
D'altronde l'Impero Austro Ungarico nulla farà per evitare la guerra, una guerra che voleva. Consegnerà
alla Serbia una sorta di ultimatum, la Serbia sarà possibilista verso tutti i
punti, tranne uno, quello che voleva la compartecipazione austriaca
alla inchiesta interna del governo serbo in relazione all'attentato
appena citato. Ma, come ricorda Luciano Canfora, “l'ambasciatore
a Belgrado ha abbandonato la sede diplomatica, fatte “già le
valigie prima di ricevere la risposta del governo serbo”. Ciò
a significare che quell'ultimatum era solo una formalità, inutile
per la Serbia, utile per la causa arrogante ed approssimativa
dell'imperialismo Austro Ungarico. L'Italia,
considerata come una realtà insignificante, non verrà neanche
avvisata dell'esistenza dell'ultimatum. Deciderà, il Regno d'Italia,
di mantenere, all'inizio, lo stato di neutralità, ma poi, sia per
gli effetti della neutralità violata in Belgio da parte della
Germania, in ogni caso non determinante, perché chi mai avrebbe
attaccato l'Italia? che soprattutto per le logiche imperialiste e
capitalistiche, abbandonerà lo stato di neutralità per trascinare
l'Italia in guerra, una guerra che spalancherà le porte al fascismo
ed alla reazione autoritaria pura, oltre che a milioni di morti. D'altronde, in quel tempo, vi erano circoli reazionari culturali che sostenevano che l'Italia fisica doveva essere ultimata, che la civiltà
“italica” era superiore a quella dei barbari, ed i barbari erano gli "slavi", concetti fatti
propri dall'irredentismo reazionario, da D'Annunzio e fascismo,
concetti che seppur minoritari, il regno d'Italia decise di
cavalcare, perché la vera ratio era ed altro non poteva essere che, cogliendo l'attimo offerto dalla guerra e dalle nuove alleanze, esercitare l'egemonia nell'Adriatico. Ancora
oggi si rivendicano simili principi, ma, come la storia ha insegnato,
il danaro, gli interessi economici vengono prima di ogni principio, ed il principio
se utile alla causa dell'imperialismo o del capitalismo da
minoritario ben può diventare maggioritario, quello che conta è il
fine, non il mezzo.
Ma
mezzi e fine coincisero nella distruzione dell'umanità e di ogni umanità.
Commenti
Posta un commento