C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

Trieste, un 1°maggio diviso



Il primo maggio a Trieste ha un peso ed un sapore diverso rispetto ad altre località italiane. Vuoi perché qui i lavoratori hanno spesso ricevuto dure repressioni, dai fuochisti di Piazza della Borsa sotto l'Impero Austro-Ungarico, fatto rimosso dalla memoria collettiva, ai lavoratori di San Giacomo presi a cannonate dalla Brigata Sassari. Una città che ha conosciuto diverse sovranità, una città multiculturale ma che nello stesso tempo vive l'omologazione della crisi sociale. A Trieste vige un silenzio, un silenzio ammortizzato dal tampone previdenziale, certo, il primo datore di lavoro è quello pubblico, ma son tanti ad aver perso il lavoro, son tanti ad aver perso una speranza, son tanti a vivere nella latitanza di un futuro certo e sereno.Si partirà da Campo San Giacomo, come sempre. Una partenza mattutina che vedrà insieme sigle sindacali diverse, spesso opposte, migliaia di individualità. Ma, forse per la prima volta a Trieste,e la prima volta in questo nuovo secolo, il corteo non terminerà più in modo “condiviso” innanzi alla fontana dei quattro continenti di Piazza dell'Unità.
No.
Così come manca un continente a quella fontana, mancherà una componente sociale e  piazza dell'Unità  non sarà più tale. Sarà la piazza  disunita ovvietà oggi inevitabile. La goccia che ha fatto traboccare il vaso della tolleranza è il pessimo accordo sulla rappresentanza sindacale determinato dalle principali organizzazioni sindacali di questo Paese e rappresentative per Legge. Come rimanere ancora indifferenti verso tutto ciò? Accordo antidemocratico, accordo che limita l'agibilità sindacale nei luoghi di lavoro, accordo che riconosce il pieno esercizio della democrazia solo al più forte ed il più forte è chi ha capitale e risorse economiche a disposizione, è chi oggi non è più solo sindacato ma soggettività che vende o sponsorizza prodotti finanziari, come fondi pensioni integrativi, figli di quella disposizione normativa che consente ai lavoratori di poter investire il proprio TFR nei fondi pensioni senza poter ritornare indietro, spesso senza alcuna informazione, mentre se il TFR lo mantieni nel sistema tradizionale avrai sempre la possibilità di fare marcia indietro. Sindacato, con la sua non lotta, che ha fatto poco per evitare quella specifica  pacificazione sociale che ha facilitato la riduzione drastica dei diritti dei lavoratori, imposizione di nuovi obblighi, riduzione degli stipendi, blocco degli scatti di anzianità, blocco del rinnovo dei contratti, blocco di ogni principio, senza mai alzar veramente la voce, senza mai protestare contro l'arresto dei diritti dei lavoratori. Non ci sono più le condizioni per ultimare il primo maggio nella stessa piazza ed insieme.

Non che prima ci fossero, ma ora,anche qui a Trieste, il limite è stato oltrepassato. A Trieste il gruppo anarcosindacalista, ha lanciato la piazza alternativa, Piazza della Borsa. Probabilmente lì convergeranno tutte le realtà di movimento e del sindacalismo non rappresentativo per Legge, che non vogliono più condividere spazi e luoghi e cerimonie con chi si è reso complice, nel bene o nel male, della situazione attuale vigente in Italia. Hanno demolito il pensiero critico nato dal maggio francese. E' arrivato il momento  ideale di un nuovo abbraccio francese, a quella voglia di libertà che si può conseguire solo con la via della coerenza e dell'umiltà ripudiando ogni complicità con chi vuole la cogestione delle rappresentanze sindacali nei luoghi di lavoro con il datore di lavoro, o meglio con i padroni. Questa è la società della frenesia, una frenesia che vuole ignoranza e riduzione della democrazia partecipata e condivisa, nel nome del si deve fare, ora, subito. Ma esiste una lentezza che rispecchia analisi e condivisione critica, una lentezza che vuole ragionamento ed ideale ed anche ideologia, proprio quell'ideologia che oggi è etichettata come un male, come se il capitalismo non fosse ideologia. Infatti, quella che vogliono è l'ideologia unica dominante, unico dogma, una sola verità, quella  imposta, quella che consente loro di governare. Ed allora dobbiamo, per amor di consapevolezza e di coscienza sociale, chiamare le cose con i loro nomi, i padroni son padroni e rimarranno sempre tali, i lavoratori son lavoratori,  e non capitale umano, punto. Né datori di lavoro, né imprenditori, né padri di famiglia, ma semplicemente padroni. Perché sono padroni del tempo altrui, sono padroni per otto ore al giorno della libertà altrui, perché sono padroni delle ricchezze prodotte con la fatica altrui. E questo altrui deve ben emergere da Campo San Giacomo di Trieste sino a Piazza della Borsa. E chissà che da questo primo maggio 2014 non si pongano, da Trieste, le basi per un nuovo Primo Maggio, un Primo Maggio alternativo, un Primo Maggio che vada oltre i riti seppur importanti, un Primo Maggio che includa tutti quelli che non solo preferiscono ma anche dicono di no, con ferma decisione, a questo sistema. 
Divisi per unire contro quel capitalismo che ha massacrato, in questi cinque anni, volutamente, l'Europa del Sud.

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