La celebrazione del fascismo della passeggiata di Ronchi di D'Annunzio e l'occupazione di Fiume

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Mio caro compagno, Il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Ancora una volta lo spirito domerà la carne miserabile. Riassumete l'articolo !! che pubblicherà la Gazzetta del Popolo e date intera la fine . E sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio Non sarà stato forse un fascista dichiarato, D'Annunzio, certo è che non fu mai antifascista, era lui che aspirava a diventare il duce d'Italia e la prima cosa che fece, all'atto della partenza da Ronchi per andare ad occupare Fiume, fu quella di scrivere a Mussolini, per ottenere il suo sostegno. Perchè D'Annunzio ne aveva bisogno. Il fascismo fu grato a D'Annunzio, per il suo operato,  tanto che si adoperò anche per il restauro e la sistemazione della casa dove nacque D'Annunzio e morì la madre. E alla notizia della morte, avvenuta il 1 marzo del 193

Scuola e controlli antidroga, prevenzione o repressione?


In questi mesi, probabilmente perché vi saranno delle ignote scadenze, ignote alla collettività, non a chi si adopera per rispettarle, nelle scuole di molte città dilagano i controlli antidroga con le unità cinofile. A volte nell'area delle pertinenze scolastiche, a volte dentro le aule scolastiche interrompendo anche l'ordinaria attività didattica. Non entro nel merito della questione proibizionismo ed antiproibizionismo, mi soffermo sul perché di questi controlli che vengono definiti come attività di prevenzione. A parer mio non si tratta di prevenzione, ma repressione vera e propria e non sempre legittima ed a volte sussistono anche dubbi di legalità. Prevenire significa intervenire tramite i processi cognitivi, formativi, educativi, coinvolgendo l'agenzia educativa scuola famiglia.
Prevenire significa dialogo, confronto, informazione, formazione.
Prevenire non significa presentarsi un bel dì in una scuola qualunque, con mezzi delle forze dell'ordine e uomini in divisa e cani antidroga. E' una immagine preoccupante, brutta, che incute timore, che incute dubbi e mille perplessità, ma specialmente è l'immagine che rappresenta il fallimento delle politiche di prevenzione in tema di antidroga;  è il fallimento del processo educativo della e nella scuola. Perché quando lo Stato è costretto a mostrare i muscoli  significa che esiste un deficit enorme, che si cerca di colmare tramite il timore, l'autoritarismo ed all'interno di quel luogo che dovrebbe essere protetto, ed essere protetto non significa terra franca, ma significa semplicemente che la scuola tramite i suoi processi educativi deve essere l'unica soggettività deputata ad intervenire con gli strumenti formativi e preventivi ma non repressivi a sua disposizione. Senza dimenticare che in Italia non esiste alcuna emergenza di assunzione di droghe tra gli studenti, il Piano nazionale antidroga,per esempio, parla di decremento considerevole rispetto alla media europea, invece risulta essere in aumento  il consumo di alcol.

Il Piano Nazionale Antidroga 2010/13 in nessuno dei suoi passaggi prevede perquisizioni o controlli nelle scuole, così come oggi vengono effettuati. Si parla, invece, di dialogo, formazione, informazione, ma non di controlli così invadenti come quelli attuati recentemente. D'altronde lo stesso Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze nel 2002 scriveva che “La maggior parte dei programmi di prevenzione dalla droga hanno l’obiettivo di evitare o di ritardare l’assunzione di stupefacenti e la tossicodipendenza, a partire dall’ambito scolastico tradizionale. È necessario distinguere tra programmi di prevenzione specifici al di fuori dei curricula scolastici e attività preventive integrate nei programmi scolastici. La prevenzione nella scuola non dovrebbe focalizzarsi esclusivamente sul problema droga, ma al contrario comprendere aspetti di carattere personale e sociale, anche attraverso il coinvolgimento delle famiglie degli alunni”.

Anche il protocollo d'intesa stipulato tra il MIUR ed il Dipartimento delle Politiche Antidroga con la Presidenza del Consiglio dei Ministri nel dicembre 2012 sembra indicare vie diverse da percorrere, rispetto ai controlli con unità cinofile o perquisizioni nelle scuole. Si scrive per esempio che “gli interventi di prevenzione, per essere maggiormente efficaci, devono essere associati a interventi finalizzati alla riduzione della disponibilità di droghe sul territorio attraverso il mantenimento del rispetto della legalità ed in particolare mediante la repressione del traffico, dello spaccio, della coltivazione e della produzione non autorizzata. Oltre a queste azioni dirette alla riduzione dell’offerta, è opportuno anche mantenere fattori e condizioni deterrenti l’uso di droghe mediante regolamentazioni e normative nel rispetto dei diritti umani. Tutto questo all’interno di un approccio bilanciato che deve trovare sempre il giusto equilibrio tra le azioni di riduzione della domanda e le azioni di riduzione dell’offerta”.

Accade però che vengono stipulati accordi territoriali tra Prefetture, Questure, USP, USR e Comuni, che prevedono modalità operative di interventi specifici e dettagliati e spesso questi protocolli,andando oltre le indicazioni nazionali, prevedono procedure che possono legittimare controlli antidroga effettuati all'interno delle scuole. Ma il punto è il seguente:  le scuole coinvolte, in casi come questi, sono state realmente informate di tutto ciò? Il Consiglio d'Istituto ed il Collegio docenti, i rappresentati degli studenti e dei genitori, sono stati coinvolti nei processi formativi ed informativi che interessano la possibilità o la necessità di dover provvedere a simili azioni di controllo?
Spesso ciò non accade.
Ma accade che mentre svolgi la tua lezione in classe senti all'improvviso bussare la porta, e vedi le forze dell'ordine con le unità cinofile lì pronte ad entrare. Come rimanere indifferenti a ciò? Il problema è culturale, sociale, educativo, formativo.  Altra riflessione andrebbe fatta sulla correttezza, anche dal punto di vista normativo, del comportamento assunto dal Dirigente scolastico che richiede l'intervento delle forze dell'ordine per effettuare simili atti all'interno della scuola. Spesso il tutto senza alcuna prova di uso e consumo o spaccio di sostanze all'interno dell'area scolastica, spesso senza indizi gravi, precisi e concordanti, ma solo per un senso del dubbio. Ciò sembra non essere vietato, ma il fatto che non sia vietato non significa automaticamente che il detto comportamento possa essere considerato liberamente come lecito sia dal punto di vista civile che penale che amministrativo che etico e morale.



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