In
un mio recente intervento scrivevo che il renzismo è la nuova
espressione del capitalismo italiano e che ben dopo cinque anni di
guerra, l'Europa del Sud, martoriata, ad oggi, ha due strade, o
chiudersi nei recinti del nazionalismo esasperato, o rincorrere quel
capitalismo che ha imposto miseria ed austerità con tutte le
implicazioni del caso. Ciò perché ancora latita la terza via,
quella rivoluzionaria ed anticapitalista.
La
bozza della bozza renziana chiamata, non casualmente, JobsAct, eppure l'Italia
è stata per secoli la patria della civiltà giuridica occidentale ed
ora pure la terminologia muta così come muterà la concezione del
nostro diritto sociale, ricorda, per molti aspetti, alcuni principi
presenti nel sistema capitalistico
tedesco. E'
interessante notare come nel 1952, l’anno successivo alla
emanazione della MITBESTIMMUNG, venne promulgato in Germania, il
GERMAN WORKS CONSTITUTION ACT.
Coincidenze?
Tra
le varie cose, con le sue normali evoluzioni, si è previsto, dal
1976, la cogestione che stabilisce che i rappresentanti dei
lavoratori e gli azionisti siano presenti in modo paritetico nelle
imprese con più
di duemila addetti.
Cosa
prevede la bozza del JobsAct? Legge
sulla rappresentatività sindacale e presenza dei rappresentanti
eletti direttamente dai lavoratori nei CDA delle grandi aziende.
In
Germania quella norma nacque per sostenere una crescita economica
degna di tal nome e per forza di cose si dovevano ridurre le
conflittualità nel mondo del lavoro, ed il miglior modo per ridurle
era quello di attirare i rappresentanti sindacali nella gestione
diretta delle aziende, dove ognuna delle parti metteva da parte le
proprie rivendicazioni nell'ottica della produttività. Insomma
il conflitto sociale è andato a farsi friggere con tutte le
conseguenze del caso. Sono
stati riconosciuti diritti essenziali solo ai sindacati maggiormente
rappresentativi e spazzati via quelli non rappresentativi. Come è
noto per essere rappresentativo oltre che la diffusione nazionale è
necessaria,per come funziona il sistema, essere inciuciato con lo
stesso, avere grandi capitali ed essere parte integrante dello
stesso, salvo eccezioni che possono essere frutto solo di ondate
rivoluzionarie, che ad oggi non si intravedono. In
realtà questa forma di cogestione in Italia esiste, basta vedere
quello che accade in moltissime aziende italiane dove le RSU di
alcuni sindacati rappresentativi, che spesso piangono lacrime di
coccodrillo proprio in tema di democrazia sindacale, sono in realtà
in piena armonia e sintonia con il datore di lavoro, e guai a
chiamarlo padrone.
Una
delle conseguenze di questa cogestione è stata, per esempio, la
disciplina del diritto di sciopero come vigente in Germania. Una
giurisprudenza padronale ha posto numerosi vincoli, escludendo dalla
proclamazione degli scioperi le organizzazioni sindacali che non
facciano parte dei contratti collettivi, oppure lo sciopero deve
riguardare solamente il miglioramento delle condizioni di vita e il
rinnovo dei
contratti di lavoro. Nessuno sciopero per ragioni sociali o meglio
politiche è ammissibile.
Altra
conseguenza di questa situazione di cogestione è il licenziamento.
La maggior parte dei licenziamenti avvengono per la canonica rottura
del vincolo fiduciario. Principio di diritto che si sta consolidando
anche in Italia. Quando si è logorato un rapporto di fiducia, in un
sistema fondato sulla cogestione i sindacati facilitano l'espulsione
dei lavoratori una volta che questo vincolo fiduciario si è rotto.
Ma
l'altro elemento che favorisce i licenziamenti è, paradossalmente,
la tutela tedesca che viene data in tema di licenziamento. I sussidi sociali
sono importanti e spesso sono una sorta di incentivo, per i
lavoratori, ad abbandonare il proprio posto di lavoro piuttosto che
lottare per i propri diritti, visto e rilevato che il sistema della
cogestione ha lo scopo di annullare ogni conflittualità. Ma se il
lavoratore che percepisce il sussidio se rifiuta la ricerca di lavoro
e non tiene conto delle sollecitazioni rivolte per indirizzarlo al
lavoro viene sanzionato con tagli crescenti al sussidio di
disoccupazione che possono arrivare anche all’interruzione degli
assegni sociali di sussidio.
Bene.
Cosa
propone il JobsAct?
L'Assegno
universale per chi perde il posto di lavoro, anche per chi oggi non
ne avrebbe diritto, con l’obbligo di seguire un corso di formazione
professionale e di non rifiutare più di una nuova proposta di
lavoro.
Questi
due aspetti sono rivoluzionari nella cultura giuridica e sociale
italiana. L'Italia è devastata, ha necessità di riprendere la
crescita ma per riprendere la crescita non servono, per il sistema,
conflittualità, ed il modello tedesco insegna tanto, con tutte le
conseguenze del caso.
Se
passa una sola delle cose del modello tedesco, alla fine rischia di
passare tutto, perché se è quello il modello che si insegue, non si
possono prendere solo piccole questioni a spezzatino, ma si dovrà
prendere tutto il modello per adattarlo a quello italiano.
Ovviamente
come prima cosa introdurranno le norme più accettabili, la
famigerata carota, come l'assegno universale o la cogestione, che
vista in modo superficiale può sembrare una grande figata, ma in
realtà è pericolosa per la democrazia sindacale, per la libertà
sindacale, per la difesa dei diritti dei lavoratori.
La
parola d'ordine sarà produttività e zero conflittualità,
scommettiamo?
E
per questo, per tutte le conseguenze che verranno, io il JobsAct non
solo lo critico ma lo rifiuto integralmente, a partire dal suo nome.
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