Sono le 9 di mattina, il supermarket ha
appena aperto, e sembra di vivere l'arrembaggio alle ultime scorte di
cibo, come se stesse per giungere una catastrofe, una guerra, una
serrata di cui conosci l'inizio ma non la fine.
Ma è semplicemente la vigilia di
natale.
Oltre 100 chili di pane venduti in
poche ore, persone che si prendono letteralmente a spallate per
accaparrarsi gli ultimi prodotti necessari a riempire la pancia di
amici e famigliari come quella di un maiale da ingrassare.
Ma è semplicemente la vigilia di
natale.
Per l'occorrenza e per essere più
buoni si assumono, rigorosamente in nero, persone in difficoltà
economica, gli si porge una paletta ritagliata e di cartone, da un
lato una macchia rossa, dall'altro una macchia verde, e con quella
paletta deve dirigere, ovviamente abusivamente, il parcheggio
pubblico, in quel momento diventato parcheggio privato per il
supermercato.
Vigili urbani?
Anche loro indaffarati a fare la spesa.
Si deve mangiare.
Crisi?
Ma è natale.
E poi casualmente ti capita, metaforicamente scrivendo, di entrare
in una casa che non riconosci più come tale, sembra essere diventata
una piccola cappella mariana. Statuine della madonna ovunque, qualche
icona di Padre Pio e San Giuseppe, calendari rigorosamente religiosi, rosari e croci
ed amen senza mai un reale amen.
E poi l'evento degli eventi. La messa
in latino da Piazza San Pietro in diretta televisiva sul canale
pubblico italiano.
Non bastano le varie Radio Maria, i
canali del Vaticano, no, la Rai deve essere oggi del Vaticano.
Ed ecco che sommessamente, già con
quel benedetto sommessamente ritrovato ultimamente anche dalla
politica teatrale, sia di destra che sinistra, ti arrivano quelle
voci in latino, incomprensibili, quei canti inquietanti, quella voce
che accompagna la cronaca dell'evento, quella musica da setta,
invadere ogni tuo senso di pazienza.
E' natale.
Certo, ma il problema è che ogni
giorno è per l'Italia Natale, e forse ora comprendo perché siamo un
popolo che non ha voglia di far nulla, perché è sempre in festa.
Ed allora esci da quel delirio, fuggi
per le strade nebbiose di una società ferma all'anno zero che vive
ancora di processioni e per le processioni, atti di devozione, segni
di martirio, atti di dolore, abiti e vesti senza cappuccio, gesti di
accompagnamento verso quei simboli che incidono, scalfiscono
profondamente la coscienza dell'essere liberi, ed urli, urli nel tuo
silenzio fugace come quel tiro di sigaretta in una notte di un Natale
qualunque.
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