Il tempo si è letteralmente fermato alla stazione di Miramare di Trieste

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Un gioiellino liberty di epoca asburgica, che consente di arrivare al castello di Miramare, attraversando il polmone verde di Trieste, che affascina il viaggiatore, perchè il tempo si è fermato in via Beirut, a  Grignano come in nessun altro luogo a Trieste.  Un gioiellino che è ora chiuso, ora aperto, ma che necessita di essere valorizzato, riqualificato. Purtroppo già in passato preso di mira da azioni di vandali, ragione per cui venne eliminato il glicine che caratterizzava la pensilina esterna, preso di mira con vandalismi che hanno comportato spese per migliaia di euro da parte di RFI per effettuare interventi di restauro di natura  conservativa. Quella piccola stazione affascina e non ha eguali in Italia, ed è auspicabile che si possano trovare le risorse, gli intenti, la volontà, per farla ritornare ai fasti di un tempo. Purtroppo il tempo fa il suo corso e dei lavori di manutenzione sono necessari per ripristinare quel bene storico che viene invidiato da chiunque si soffermi a

Natale surreale, forse no



Sono le 9 di mattina, il supermarket ha appena aperto, e sembra di vivere l'arrembaggio alle ultime scorte di cibo, come se stesse per giungere una catastrofe, una guerra, una serrata di cui conosci l'inizio ma non la fine.
Ma è semplicemente la vigilia di natale.
Oltre 100 chili di pane venduti in poche ore, persone che si prendono letteralmente a spallate per accaparrarsi gli ultimi prodotti necessari a riempire la pancia di amici e famigliari come quella di un maiale da ingrassare.
Ma è semplicemente la vigilia di natale.
Per l'occorrenza e per essere più buoni si assumono, rigorosamente in nero, persone in difficoltà economica, gli si porge una paletta ritagliata e di cartone, da un lato una macchia rossa, dall'altro una macchia verde, e con quella paletta deve dirigere, ovviamente abusivamente, il parcheggio pubblico, in quel momento diventato parcheggio privato per il supermercato.
Vigili urbani?
Anche loro indaffarati a fare la spesa.
Si deve mangiare.
Crisi?
Ma è natale.
E poi casualmente ti capita, metaforicamente scrivendo, di entrare in una casa che non riconosci più come tale, sembra essere diventata una piccola cappella mariana. Statuine della madonna ovunque, qualche icona di Padre Pio e San Giuseppe, calendari rigorosamente religiosi, rosari e croci ed amen senza mai un reale amen.
E poi l'evento degli eventi. La messa in latino da Piazza San Pietro in diretta televisiva sul canale pubblico italiano.
Non bastano le varie Radio Maria, i canali del Vaticano, no, la Rai deve essere oggi del Vaticano.
Ed ecco che sommessamente, già con quel benedetto sommessamente ritrovato ultimamente anche dalla politica teatrale, sia di destra che sinistra, ti arrivano quelle voci in latino, incomprensibili, quei canti inquietanti, quella voce che accompagna la cronaca dell'evento, quella musica da setta, invadere ogni tuo senso di pazienza.
E' natale.
Certo, ma il problema è che ogni giorno è per l'Italia Natale, e forse ora comprendo perché siamo un popolo che non ha voglia di far nulla, perché è sempre in festa.
Ed allora esci da quel delirio, fuggi per le strade nebbiose di una società ferma all'anno zero che vive ancora di processioni e per le processioni, atti di devozione, segni di martirio, atti di dolore, abiti e vesti senza cappuccio, gesti di accompagnamento verso quei simboli che incidono, scalfiscono profondamente la coscienza dell'essere liberi, ed urli, urli nel tuo silenzio fugace come quel tiro di sigaretta in una notte di un Natale qualunque.




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