La celebrazione del fascismo della passeggiata di Ronchi di D'Annunzio e l'occupazione di Fiume

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Mio caro compagno, Il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Ancora una volta lo spirito domerà la carne miserabile. Riassumete l'articolo !! che pubblicherà la Gazzetta del Popolo e date intera la fine . E sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio Non sarà stato forse un fascista dichiarato, D'Annunzio, certo è che non fu mai antifascista, era lui che aspirava a diventare il duce d'Italia e la prima cosa che fece, all'atto della partenza da Ronchi per andare ad occupare Fiume, fu quella di scrivere a Mussolini, per ottenere il suo sostegno. Perchè D'Annunzio ne aveva bisogno. Il fascismo fu grato a D'Annunzio, per il suo operato,  tanto che si adoperò anche per il restauro e la sistemazione della casa dove nacque D'Annunzio e morì la madre. E alla notizia della morte, avvenuta il 1 marzo del 193

Si riapre il caso della strage di Vergarolla?

Una festa del circolo canottiere Pietas Julia, in tal 18 agosto del 1946, centinaia di persone sulla spiaggia e poi la strage di cui ancora oggi non si conosce la verità.
O meglio una verità lentamente viene fuori ma non è detto che è quella corrispondente ai fatti storici ed alle relative responsabilità e non è detto che sia la verità.
Cercando su internet informazioni in merito alla strage di Vergarolla, la quasi totalità dei siti, molti dei quali di destra ed anche estrema destra, liquidano il tutto come opera dell'OZNA di Tito.
Tesi che è stata avvalorata grazie, in particolar modo, ad una informativa, che ha acquisito valore di atto storico esemplare, di verità esemplare, di unica voce a cui dare credito, contenuta nelle carte del National Archives di Kew Gardens, nei pressi di Londra dove emergerebbe che quella che è conosciuta come la strage di Pola sia stata organizzata dall’OZNA e tra gli esecutori materiali spunterebbe il nome di un agente di tale organizzazione: Giuseppe Kovacich, trentenne ex membro della Marina Militare italiana, allora già noto allo spionaggio alleato come terrorista. Con nota del 18 dicembre 1946, archiviata “War Office 204/12765 Secret”, in relazione al sabotaggio di Vergarolla a Pola sarebbe stato segnalato che uno dei sabotatori era Kovacich Giuseppe alto, magro, capelli castani, naso aquilino, occhi blu.
Tesi, che vuole una diretta responsabilità degli "uomini" di Tito, che è stata anche condivisa dall'attuale Presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani.
Dunque uno dei sabotatori, perché probabilmente, anzi certamente,ve ne erano di altri, come altri erano i mandanti.
Come è noto, da quando è stato istituito il giorno del ricordo, si è verificato un mero accanimento sia verso Tito che verso quella che era la Jugoslavia.
Se da un lato si occultano i campi di concentramento italiani, per esempio, che imprigionavano uomini, donne e bambini di quella che era la Jugoslavia, e si nasconde anche l'esodo che gli jugoslavi hanno vissuto in Italia a causa delle violenze fasciste, dall'altro lato spuntano ovunque foibe, si sparano numeri, senza alcuna e concreta reale verifica, di migliaia di infoibati, ovviamente manco a dirlo per mano di quelli che vengono definiti come titini, si  assumono ispettori che devono cercare foibe e si cerca in tutti i modi possibili ed immaginabili di delegittimare l'immagine di Tito.
Ora non che io sia un fan di Tito, io non sono fan di nessuno ma solamente della dignità e della verità, ma quando si realizza un simile accanimento e quando le voci convergono soprattutto in certi ambiti nazionalistici e di destra, qualcosa ovviamente non torna.
La dignità e la verità è fondamentale per rispettare le vittime, i morti, i civili che rischiano di essere strumentalizzati per deprecabili scopi politici. 
Ed in questo quadro si inserisce pienamente la strage di Vergarolla, sconosciuta ai più, ed il rischio è che nelle scuole si insegnerà agli studenti una verità che verità ancora non è e forse mai tale sarà.
Vi erano sulla spiaggia di Vergarolla accatastate ventotto mine marittime con nove tonnellate di tritolo, prive di detonatori ma non vuotate dell’esplosivo in esse contenuto. Quelle mine, dalle varie informazione recuperate in rete e dalle varie testimonianze diffuse sembra che siano state disinnescate da tre squadre di artificieri e che dunque non sarebbero mai potute scoppiare senza detonatori.
Alcune testimonianze, proprio per evidenziare la convivenza che sussisteva con quelle mine, evidenziavano che i bambini ci giocavano con quelle mine, a cavalcioni sopra i cilindri metallici, che tutti sapevano essere degli oggetti di origine militare ma inoffensivi e lasciati incustoditi sulla spiaggia dai militari alleati verso cui, gli italiani di Pola, riponevano una immensa fiducia.
Poi quello che è accaduto è solo ora fatto notorio, una prima esplosione che ha scatenato l'inferno facendo esplodere le mine che inoffensive, a quanto pare, proprio non erano.

Le studiose Claudia Cernigoi e Alessandra Kersevan, hanno presentato l'inizio di quello che sarà un dossier proprio sulla strage di Vergarolla dal titolo molto forte ed eloquente che riporta a tecniche e modalità ben conosciute in Italia, ovvero, STRATEGIA DELLA TENSIONE IN ISTRIA: LA STRAGE DI VERGAROLLA , disponibile sul sito dieci febbraio.


E' interessante notare come emergerebbero dei forti sospetti sulla Decima MAS, è interessante ed importante comprendere come la Jugoslavia non avrebbe avuto alcun tipo di interesse a realizzare una simile mostruosità disumana anche perché, come evidenziano in tale scritto che invito a leggere, “era impegnata a Parigi a difendere e far valere le proprie ragioni in merito ai crimini commessi durante l'occupazione nazifascista delle loro terre non avrebbero tratto politicamente alcun profitto per aver messo in atto un'azione abietta come una strage di civili”

E probabilmente è in questa ottica che deve essere letto anche l'omicidio commesso da quella che da molti viene definita come eroina d'Italia o “paladina di una Giustizia che trascende quella umana”, Maria Pasquinelli, che il 10 febbraio del 1947 uccise, sparandolo alle spalle, il Generale inglese Robert W. De Winton, comandante la guarnigione "alleata" di Trieste.
Quell'assassinio è passato come atto di protesta eroico contro il Trattato di Pace e la cessione alla Jugoslavia dei territori contesi.
Ma alle spalle, di norma, si spara e colpisce chi tradisce.
E da ciò maturo alcune riflessioni.
E' singolare evidenziare che i servizi segreti degli Alleati, ben erano a conoscenza delle intenzioni della Pasquinelli, e se questa non è stata fermata è perché quel gesto probabilmente veniva ritenuto utile, forse per eliminare un personaggio scomodo che sapeva qualcosa che non si doveva diffondere proprio all'atto della definizione del Trattato di Pace?
Il fatto che gli inglesi non abbiano mai fatto veramente luce su quanto accaduto a Vergarolla, il fatto che non hanno fatto di tutto e di più per giungere alla verità reale, pur avendo le competenze e gli strumenti per consegnare alla giustizia gli esecutori ed i mandanti, sopratutto gli ultimi, mi lascia pensare che una responsabilità etica e morale e forse anche materiale sussiste.
Potrebbe essere l'attentato di Vergarolla nato non per favorire l'esodo,cosa che a detta di molti sarebbe accaduta, ma per colpire la Jugoslavia? Potrebbe essere che quella che forse doveva essere una strage minore, d'altronde la storia ha sempre insegnato che esiste un numero di persone sacrificabili per una causa maggiore rispetto al valore ed al rispetto della vita umana, sia sfuggita di mano e si è deciso di voltare le spalle al proprio alleato per la gravità e la non sostenibilità del gesto compiuto?
D'altronde se si voleva accusare la Jugoslavia di Tito perché ciò non è stato fatto sin da subito?
Potrebbe essere che le indagini non hanno portato a nulla semplicemente perché chi doveva indagare doveva essere anche giudice di se stesso?
Ora gli archivi sono aperti e disponibili.
Ma probabilmente non tutto verrà alla luce, perché ciò che deve rimanere occulto lo rimarrà per sempre, forse.
Ed è in questo forse che confido prima di ogni cosa per rispetto delle vittime e dei loro parenti, per una strage, vile,  che necessita non di una verità ma della verità.



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