Da
qualche settimana, da più voci, partono proclami per le ribellioni.
Ma
a dirla tutta è da luglio che dicono che questo autunno sarà caldo
ed a rischio di rivolte.
Peccato
che a dirlo non sono sempre i diretti interessati, chi vive il
problema della casa, del lavoro, del diritto allo studio, ma a farlo
sono spesso esponenti del potere.
Ad
oggi, fine settembre 2013, si respira una sorta di quiete, una quiete
che non lascia presagire alcuna volontà condivisa e partecipata da
parte del popolo italiano di rivoltarsi, ribellarsi contro il
sistema.
La
tensione sociale esiste, questo è indiscutibile, ma non è tale da
giustificare qualsiasi gesto violento di rivolta.
In
molte realtà, specialmente del nord est, cresce la voglia
secessionista, si promuovono referendum e manifestazioni, anche molto
partecipate ma ignorate dalla stampa nazionale, per conseguire
l'indipendenza dall'Italia.
Come
è noto il 18 ottobre vi sarà lo sciopero generale del sindacalismo
di base ed è prevista una manifestazione ordinaria a Roma.
Sarà
il primo sciopero generale di questo autunno e ciò non è cosa da
poco conto.
Ma
l'attenzione di una certa stampa cade sul 19 ottobre.
Chi
invoca e forse spera nel tris dopo i fatti di San Giovanni del 15
ottobre del 2011 e del 14 dicembre del 2010 sempre a Roma, chi scrive
che Roma tornerà ad essere nuovamente terreno di battaglia e di
guerriglia urbana, chi parla di relazioni dell'antiterrorismo
preoccupanti, chi collega la tensione del 19 ottobre alla partita di
calcio Roma Napoli che si svolgerà in quella data in secondo
pomeriggio e ne invoca lo spostamento, e guarda caso proprio nel
momento in cui si scopre la manifestazione del 19 ottobre che vedrà
la partecipazione del movimento No Tav, di chi si occupa del diritto
alla casa e così via discorrendo, ecco che dal carcere di Catanzaro
parte una lettera da parte di alcuni brigatisti e non si comprende
come sia stata possibile una cosa del genere, come sia stato
possibile che una simile lettera sia uscita con tale facilità dal
carcere ove vige anche il circuito di massima sicurezza.
Insomma
siamo alle solite.
I
fatti del 14 dicembre 2010 e 15 ottobre 2011 hanno dimostrato a cosa
portano certe e date azioni.
Alla
repressione, alla divisione, al mero inasprimento dei diritti di
manifestare, e non risolvono certamente i problemi, anzi aggravano i
problemi.
Nessuna
rivolta sociale condivisa ed estesa esiste nel Paese, una giornata di
lotta violenta non potrà certamente esprimere ciò che in Italia non
esiste, non potrà rappresentare ciò che non c'è.
Per
ogni auto bruciata, vi saranno cento militari in più in Val di Susa,
per ogni pietra scagliata contro lo scudo dello Stato vi saranno
cento arresti di diritti e libertà di manifestare che colpiranno
tutti quelli che al gioco delle strumentalizzazioni e della
vigliaccheria della violenza che è cosa diversa dalla resistenza non
ci stanno.
Le
manifestazioni violente in Grecia contro l'austerità si è visto a
cosa hanno condotto, al nulla.
Non
è scagliando pietre o bruciando auto o cassonetti della spazzatura o
colpendo le forze dell'ordine che si conseguono i diritti e si matura
il consenso dell'opinione pubblica.
Il
cambiamento può venire solo se si lavora nei territori, collegando
tutte le particolarità territoriali ed invadendo giorno dopo giorno
vestiti dalla voglia di andare oltre l'esistente, le strade e
contrade delle proprie città.
In
Portogallo ed in Spagna con puntualità ribelle quotidianamente
scendono in piazza mialgia di persone che condividono la povertà, la
distruzione dei diritti civili e sociali, ma uniti nella
determinazione di demolire l'austerità ed il rigore.
Dobbiamo
trasformare l'Europa, che sia Europa dei popoli, della dignità e dei
diritti e non dei bilanci, dei profitti.
Ma
non saranno le pietre, le violenze di piazza a determinare questa
trasformazione, anzi, si conseguirà il contrario e chi vive i
movimenti e le situazioni di piazza di tutto ciò ne è pienamente
consapevole.
Ed
è alla consapevolezza delle masse che dobbiamo puntare.
Chi
a Roma scenderà a manifestare, chi realmente vuole trasformare le
cose, è conscio di tutto ciò e non cadrà e non dovrà cadere in
quelle provocazioni ed istigazioni che nulla hanno a che vedere con
le vere lotte sociali finalizzate a ripristinare quella dignità che
oggi l'umanità vede essere quotidianamente calpestata.
Che
il 19 ottobre, insieme al 18 ottobre, ed a tutte le iniziative che
verranno prima, siano da impulso per il dopo 19 ottobre, ma che non
si piombi negli errori ed orrori del passato, perché a nulla hanno
portato se non alla distruzione di movimenti, di diritti e conquiste
sociali.
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