Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Debito pubblico, esiste l'impossibilità definitiva di adempimento, ripartiamo da zero



Recentemente è stato reso noto il nuovo record, perché quando si parla di debito pubblico è sempre un continuo record, del debito pubblico italiano che è pari a 2.034.763 miliardi.
Come è noto, continuano da anni, senza sosta alcuna, manovre finanziarie, economiche, di stabilità, che da un lato hanno lo scopo di cogliere l'attimo offerto dalle speculazioni del mercato finanziario con l'alibi della crisi reale e sociale, per svendere i beni comuni e pubblici, liberalizzazioni, privatizzazioni, dall'altro invece si riducono i diritti complessivi sociali, distribuendo le ricchezze in modo sempre assolutamente ingiusto. I ricchi sempre più ricchi, il ceto medio è destinato all'estinzione con l'inevitabile crescita esponenziale del ceto sociale povero.
L'Italia mai e poi mai potrà soddisfare il debito pubblico esistente.
E' materialmente e teoricamente impossibile.
Neanche la ricontrattazione è una misura idonea, poiché ciò comporterà sempre una continuità con le politiche capitalistiche di ieri e di oggi.
L'unica soluzione è sollevare l'impossibilità assoluta sopravvenuta di adempiere a tale obbligazione ricollegandosi a dei principi universali di diritto ben recepiti anche nel nostro sistema giuridico. L'articolo 1218 del Codice civile afferma che il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile, mentre il primo comma dell'articolo 1256 che l'obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile.
Dunque per non pagare il debito, di cui certamente questa generazione ma anche le prossime che verranno non hanno alcuna responsabilità contrattuale né diretta né indiretta, deve emergere in primis l'impossibilità sopravvenuta che deve emergere dopo la contrazione del debito, in secundis la prestazione deve essere oggettivamente e realmente impossibile e non divenuta impossibile solo per il debitore, il debitore non deve aver causato con il suo comportamento nel corso del tempo l'impossibilità della prestazione, infine l'impossibilità deve essere di natura tale da non consentire in alcun modo l'adempimento.
Esistono tutte le condizioni giuridiche e sostanziali per esprimere tale concetto. Mancano, ovviamente, quelle politiche. E' impossibile,anche vendendo la stessa Italia con tutti i beni connessi, pagare un debito, destinato a crescere, che ad oggi ammonta a 2.034.763 miliardi. Il debitore, in questo caso l'Italia e conseguentemente gli italiani, se da un lato hanno favorito con manovre politiche azzardate, figlie delle peggiori speculazioni e logiche clientelari, la crescita del debito pubblico, certamente, il comportamento assunto dall'Italia, con manovre continue di rigore ed austerità hanno ben evidenziato che la stessa ha provato, a discapito dei propri cittadini a soddisfare tale entità di debito, ma ciò non è e mai potrà essere idoneo per conseguire i detti scopi. E lo stesso pareggio di Bilancio, come costituzionalizzato, che dal 2014 entrerà in vigore nel nostro ordinamento giuridico, partorirà una infinità di manovre durissime non solo per l'economia italiana ma in particolar modo per i diritti sociali. Il debito ha subito una grave accelerazione nella sua crescita a causa di quella così detta crisi nata nel 2008 imputabile in prevalenza alle speculazioni finanziarie e di mercato. Dunque da eventi non dipendenti dallo Stato italiano, esterni e di causa di forza maggiore . Causa di forza maggiore che oltre ad incrementare la consistenza del debito pubblico ha conseguentemente reso impossibile anche la soddisfazione del precedente debito contratto, come una sorta di effetto domino. Insomma, se forse nei primi anni in cui tale debito veniva contratto era possibile riuscire a soddisfarlo, gli eventi sociali, economici e reali che si sono susseguiti nel tempo, hanno travolto l'intero debito pubblico rendendo questo semplicemente ingestibile.
Dunque, che gli italiani prendano coscienza e consapevolezza di ciò.
Tutte le manovre che verranno, l'incremento delle tasse, la riduzione drastica dei diritti, finalizzata unicamente al pagamento del debito pubblico, ivi incluse le svendite dei beni comuni, sono illegittime, inefficaci, sono un cappio al collo per tutto il Paese.
Che l'Italia abbia il coraggio di dire no al pagamento del Debito Pubblico, per impossibilità sopravvenuta di adempiere alla prestazione, senza condizione alcuna e che si riparti semplicemente da zero.
D'altronde le strade sono due, o si continua sulla strada vigente, ed ognuno ne trarrà le proprie drastiche conseguenze oppure si ricomincia da zero.
Sì, il momento zero per l'Italia è possibile, dipende esclusivamente da noi, uomini e donne che viviamo in questo malandato Paese.

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