In
questi giorni i collegi docenti delle scuole italiane, con forte
ritardo, affrontano e deliberano sul BES, i così detti bisogni
educativi speciali introdotti dalla Direttiva Ministeriale 27
dicembre 2012 “Strumenti d’intervento per alunni con bisogni
educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione
scolastica” ed applicato tramite la CIRCOLARE MINISTERIALE n. 8
Prot. 561 del
6 marzo 2013 .
Il
BES avrebbe lo scopo di elaborare un percorso individualizzato e
personalizzato per alunni e studenti con bisogni educativi speciali,
anche attraverso la redazione di un Piano Didattico Personalizzato,
individuale o anche riferito a tutti i bambini della classe con BES,
ma articolato, che serva come strumento di lavoro in itinere per gli
insegnanti ed abbia la funzione di documentare alle famiglie le
strategie di intervento programmate. Le scuole – con
determinazioni assunte dai Consigli di classe, risultanti dall’esame
della documentazione clinica presentata dalle famiglie e sulla base
di considerazioni di carattere psicopedagogico e didattico –
possono avvalersi per tutti gli alunni con bisogni educativi speciali
degli strumenti compensativi e delle misure dispensative previste
dalle disposizioni attuative della Legge 170/2010 (DM 5669/2011).
I
problemi ovviamente sono di varia natura, carico di lavoro aggiuntivo
e non retribuito per i docenti, carenza di formazione del personale
interessato che in sostanza rischia di rendere nullo quanto previsto
per il BES, inevitabili ritardi nella didattica ordinaria ma anche
uno strumento di “ricatto”, perché le disposizioni che
riguardano il BES sono così generiche che in sostanza chiunque
potrebbe essere identificato come tale e dunque difficilmente non
ammissibile alla classe successiva.
Insomma
si scarica ancora una volta tutta la responsabilità sulle spalle dei
singoli docenti e lo Stato, in via teorica con i suoi principi cerca
di tutelare l'immagine di quella integrazione che nella realtà non
sarà mai tale per i motivi brevemente indicati in precedenza. Ma
la mia attenzione cade ora su una problematica giuridica.
La
certezza del diritto è ancora una volta rappresentata dalla sua
incertezza ma anche, a parer mio, da una presunta, se non palese,
violazione delle fonti giuridiche e di quello stato di diritto che
dovrebbe caratterizzare ogni civiltà democratica.
La
Direttiva del 27 dicembre 2012 e la Circolare applicativa del 6 marzo
2013 sono a rischio di illegittimità se non nullità , il problema
tecnico, nel primo caso, è che sarebbero decaduti i tempi ordinari
per impugnare gli atti presupposti ma non quelli consequenziali, tipo
le delibere dei collegi docenti che attuano quanto normato e previsto
in tema di BES, ma, come sempre accade, su questo punto, sulla
impugnabilità dell'atto consequenziale per invocare l' illegittimità
dell'atto presupposto, la giurisprudenza non è univoca e neanche
chiara.
All'interno
della citata direttiva si legge che estende pertanto a tutti gli
studenti in difficoltà il diritto alla personalizzazione
dell’apprendimento, richiamandosi espressamente ai principi
enunciati dalla Legge 53/2003. (...) Al riguardo, la legge 53/2003 e
la legge 170/2010 costituiscono norme primarie di riferimento cui
ispirarsi per le iniziative da intraprendere con questi casi. Dunque
si parla di ispirazione a principi enunciati da due fonti primarie
di diritto. La
Legge 53/2003 (Delega in materia di norme generali sull'istruzione
e di livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e
di formazione professionale) all'articolo 2 (Sistema educativo di
istruzione e di formazione) comma afferma che" I decreti di cui
all'articolo 1 definiscono il sistema educativo di istruzione e di
formazione, con l'osservanza dei seguenti principie criteri direttivi: a) e' promosso l'apprendimento in tutto l'arco della vita e sono assicurate a tutti pari opportunita' di raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le capacita' e le competenze, attraverso conoscenze e abilita', generali e specifiche, coerenti con le attitudini e le scelte personali, adeguate all'inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro, anche con riguardo alle dimensioni locali, nazionale ed europea".
Dunque la Direttiva del 27 dicembre 2012 e la conseguente Circolare del 6 marzo 2013 sarebbero in linea con il comma 2 , ma l'articolo 1 della medesima Legge rileva che “Al fine di favorire la crescita e la valorizzazione della persona umana, nel rispetto dei ritmi dell'eta' evolutiva, delle differenze e dell'identita' di ciascuno e delle scelte educative della famiglia, nel quadro della cooperazione tra scuola e genitori, in coerenza con il principio di autonomia delle istituzioni scolastiche e secondo i principi sanciti dalla Costituzione, il Governo e' delegato ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto delle competenze costituzionali delle regioni e di comuni e province, in relazione alle competenze conferite ai diversi soggetti istituzionali, e dell'autonomia delle istituzioni scolastiche, uno o piu' decreti legislativi per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e di istruzione e formazione professionale”. Mentre l'articolo 7 Disposizioni finali e attuative che “Mediante uno o piu' regolamenti da adottare a norma dell'articolo 117, sesto comma, della Costituzione e dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentite le Commissioni parlamentari competenti, nel rispetto dell'autonomia delle istituzioni scolastiche, si provvede: a) alla individuazione del nucleo essenziale dei piani di studio scolastici per la quota nazionale relativamente agli obiettivi specifici di apprendimento, alle discipline e alle attivita' costituenti la quota nazionale dei piani di studio, agli orari, ai limiti di flessibilita' interni nell'organizzazione delle discipline;( omissis)”.
La Legge 170/2010, richiamata dalla citata Direttiva e Circolare, riguarda, in via esclusiva, la problematica del DSA, infatti la la presente legge riconosce la dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia quali disturbi specifici di apprendimento, di seguito denominati «DSA», che si manifestano in presenza di capacita' cognitive adeguate, in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali, ma possono costituire una limitazione importante per alcune attivita' della vita quotidiana.
Dunque una fattispecie diversa da quella del BES.
Cosa è accaduto? Che il MIUR con una Direttiva e Circolare,
fonti di carattere secondario, che non hanno carattere legislativo ma
solo amministrativo avendo come scopo quello disciplinare l'attività
degli organi amministrativi dipendenti, onde assicurare unità di
indirizzo e di coordinamento nell'attuazione dei loro compiti, hanno
totalmente innovato la materia prevedendo funzioni, mansioni,
attività, aggiuntive per il personale docente e per le scuole.
Deve
essere detto, che dalla lettura incrociata dell'articolo 1 ed
articolo 7 della Legge 53/2003, da cui il MIUR ha tratto ispirazione,
per sua testuale ammissione, l'unico modo per introdurre il BES nelle
scuole era e non poteva che essere o tramite Decreto Legislativo o
Decreto Ministeriale od ovviamente Legge, ma non certamente tramite
una Direttiva e Circolare. Dunque si è in presenza da un lato ad una
chiara illegittimità delle due fonti secondarie di diritto perché
innovative perché difettano per eccesso di potere, ma dall'altro,
potrebbe emergere anche una nullità delle stesse, poiché vi sarebbe
una mera incompetenza
assoluta e di difetto di attribuzione oppure una carenza di potere in
concreto
del MIUR nell'adottare gli atti ivi previsti. Ma la cosa che deve
indurre alla riflessione è anche un secondo concetto, questa
materia, delicata e fondamentale per la scuola pubblica
dell'integrazione, non può essere imposta dall'alto così come è
accaduto. E' necessaria una consultazione con le parti sociali.
Tanto detto auspico una revoca del MIUR della Direttiva e della
Circolare sul BES, cosa che può essere attuata anche in via di
autotutela per i motivi esposti, per una questione di buon senso, per evitare eventuali danni erariali, ma, in particolar modo, per rispettare la dignità della Scuola pubblica e della sua comunità.
Marco Barone
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