Ad
aprile 2013 in Italia risulta un tasso di occupazione, che è il
rapporto tra gli occupati e la corrispondente popolazione di
riferimento, pari al 56,0%. Cresce,
nel primo trimestre 2013, il numero delle
persone in cerca di occupazione, si parla di 475 mila persone in più,
ma cresce anche la disoccupazione
straniera, oltre 107 mila unità in più su base annua, cresce il numero di disoccupati generale, pari a 3 milioni 83 mila, così
come il tasso di disoccupazione maschile cresce
per il sesto trimestre consecutivo portandosi all’11,9%; quello
femminile, in aumento per l’ottavo trimestre, sale al 13,9% anche
quello relativo alla popolazione straniera è in crescita, discorsi
similari valgono anche per l'inattività, anche questa in crescita,
insomma si è parlato così tanto di crescita, che la crescita
esiste, ma è quella delle persone senza lavoro o che il lavoro non
lo cercano proprio più.
Si
è interrotta anche la dinamica positiva dei dipendenti a termine,
che diminuiscono di 69.000 unità mentre prosegue a
ritmi più sostenuti il calo dei collaboratori (-10,4%, pari a
-45.000 unità), diffuso soprattutto nel terziario, in particolare
nel comparto dell’informazione e comunicazione.
In
Friuli Venezia Giulia la situazione è preoccupante da allarme giallo
se non rosso.
Ben
47 mila persone in cerca di occupazione nei primi mesi del 2013, nel
primo trimestre del 2012 erano 38 mila, tasso di disoccupazione
dell''8,6%, nel 2012 era fermo al 7% e nel 2007, prima dell'inizio
della così detta crisi, al 3,41%; 8,6 % che coincide con la media
del nord est , certamente inferiore al 24,6% della Calabria, che ha
il primato negativo, ma anche lontano dal 4,5% di Bolzano. Risultano
501 mila occupati, 390 mila sono dipendenti, divisi prevalentemente
tra industria ed in via maggioritaria nei servizi e solo 2 mila
unità in agricoltura, mentre ben 112 mila sono lavoratori
indipendenti in prevalenza nel settore dei servizi.
Insomma
in passato scrivevo che la priorità è il lavoro ma con i diritti,
perché un lavoro senza diritti, senza uno stipendio equo, è una
bestemmia che si esercita verso tutte le conquiste maturate nel corso
del tempo, conquiste che sfumano sempre di più e questa situazione
stabile ed emergenziale rischia di comportare la realizzazione del
lavoro senza diritti, perché l'importante è lavorare pur di
campare. Certo, di lavoro si può anche morire e si muore, ma
l'attenzione deve rimanere massima, perché è proprio con cifre e
dati di questo tipo, catastrofiche, che si creano le condizioni del
lavoro senza diritti.
Ed
allora ribadisco sì all'emergenza lavoro ma con diritti.
Ed
infine l'emergenza non può durare all'infinito, perché se così
sarà non si potrà più parlare di emergenza ma di normalità.
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