Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Alcune note critiche sul 25 aprile alla Risiera di Trieste






Come ogni anno il 25 aprile a Trieste ha trovato alcuni momenti  importanti di riflessione alla Risiera di San Sabba.
Voglio soffermarmi su due aspetti specifici.
Il primo riguarda il bel messaggio lanciato da alcuni studenti che hanno visitato il malefico campo di concentramento di Auschwitz, intenso, partecipato e certamente importante. E’ giusto parlare di Auschwitz, ci mancherebbe,ma vorrei sentir parlare anche dei campi di concentramento italiani. Eppure non si deve correre lontano, quello di Visco, per esempio,  integro, anche se ancora non pienamente accessibile, esiste e si trova a  poca  distanza da Trieste.
D’altronde, nell’immaginario collettivo, quando si parla di campi di concentramento, la mente conduce alla bestialità dei nazisti, ma difficilmente a quella dei fascisti italiani, un motivo vi sarà o no? Il secondo elemento critico riguarda un passaggio del discorso del Sindaco di Trieste.
Il Sindaco ricorderà che “I valori di libertà, democrazia, vanno riaffermati e trasmessi per evitare che anche nei nostri tempi, come accaduto in passato, disagio, inquietudine e rabbia causati da una grave crisi economica e sociale alimentino odio verso chi è diverso, per pelle, religione o per lingua innescando così odio e intolleranza e degenerando verso pulsioni autoritarie”.
Ebbene, è emersa, ahimè, una dimenticanza, grave.
E’ il caso di ricordare, visto che si effettua un paragone con il triste passato, che l’odio fascista, dunque a rischio di riaffermazione, non è stato alimentato ed attuato solo verso chi è diverso per pelle, religione, o per lingua, ma anche per orientamento sessuale, per esempio. Il regime fascista agì  con odio e violenza per escludere dal corpo sociale anche gli omosessuali poiché reputati come pericolosi veicoli di indebolimento della «razza ariana di stirpe italica».
Ma l’odio e la violenza fascista si è manifestata ad esempio anche verso i Rom e Sinti, verso gli antifascisti, verso chi manifestava un’ idea diversa dal fascismo.
O si parla di tutte le soggettività che hanno subito violenze, e che possono oggi in via analoga subire le medesime violenze,  o ci si deve limitare ad affermazioni generiche ove possano rientrare tutti i soggetti, le persone, le vite umane che hanno patito ogni tipo di violenza. Il non citare, il non ricordare, anche inconsapevolmente,  è un danno che si reca non solo alle persone interessate, ma alla società tutta che pretende di essere  fondata su valori, sulla carta chiari, come la democrazia, libertà, rispetto della vita umana, della dignità umana, valori oggi che in molti casi sono mera utopia, specialmente in Italia. Poiché il nostro tempo, la nostra epoca, è ancora violenta, e violenta  la dignità di quelle persone che nel fascismo minavano la superiorità della razza ariana di stirpe italica, già.



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