Il problema edilizia scolastica
nella città di Trieste esiste e persiste.
Dopo alcuni casi che hanno visto
il cedimento di parti strutturali di alcune scuole, ultima il caso
dell'Istituto Nautico ove i calcinacci
caduti dalla facciata dell'edificio hanno ferito uno studente, gli
studenti hanno reagito con una manifestazione di piazza.
Infatti, il 25 ottobre un
centinaio di studenti triestini hanno urlato tutto il loro dissenso per lo
stato di precarietà dell'edilizia scolastica invocando anche la chiusura delle
scuole non sicure.
Qualche momento di tensione si è
registrato sotto i portici del palazzo del Comune, nessuno scontro fisico, ma
tanta rabbia per chiedere ed ottenere una risposta, sul tema, dal primo
cittadino.
Un tema dallo svolgimento a dir
poco irrequieto.
Infatti, è giunta notizia che il
questore di Trieste vuole incontrare i genitori di alcuni ragazzi identificati
durante i momenti di tensione per "informarli dei rischi di conseguenze penali a cui
vanno incontro con comportamenti che possono condizionare anche il futuro dei
giovani stessi".
Sembra che la manifestazione con
il corteo, abbia effettuato un percorso diverso da quello concordato con la Questura.
Ora questo nuovo modo di
procedere, è a dir poco singolare ma comprensibile per come funziona la
società.
Penso che i genitori degli studenti
da soli possano ben venire a conoscenza dei “rischi” in cui incorrono i propri
figli quando decidono di manifestare o di non rispettare, se consapevolmente o
meno questo è altra storia o forse è la storia, le regole esistenti.
Regole che,
non dimentichiamolo, trovano origine in quel TULPS che è nato nel 1931 in pieno regime
dittatoriale, ed è ancora oggi in vigore.
D'altronde esiste la presunzione
legale del divieto dell'ignoranza della legge esistente.
Il motivo dell'incontro, come proposto
dal questore, ha anche l'aria di una sorta di richiamo politico finalizzato a
porre i ragazzi, od alcuni di essi, innanzi al bivio della consapevolezza contro ogni indiretta strumentalizzazione
tramite il controllo genitoriale.
Tale mossa certamente non ha carattere
preventivo poiché se prevenzione nella commissione di eventuali illeciti vi
doveva essere questa poteva ad esempio, in base alla normativa esistente, essere attuata durante la manifestazione con
gli strumenti previsti dallo stesso articolo 18 del TULPS ingiungendo i manifestanti
a rispettare il percorso concordato.
Deve essere letta, invece, come una
ingerenza nelle scelte politiche sul modus di manifestare e protestare passando
attraverso una sorta di ultimatum che verrà conferito alle famiglie degli
studenti.
Non è e non può essere questa
competenza della Questura, poiché tali problematiche con tutti i connessi ed
annessi devono essere, a parer mio, affrontate nelle sedi sociali, come le scuole,
o politiche.
A Trieste ultimamente sono arrivate denunce
per manifestazioni non autorizzate anche a chi portava una bandiera,
interpretando dunque in modo estensivo
l'articolo 18 del TULPS.
Il messaggio è chiaro, chiunque
parteciperà ad iniziative non effettuate secondo i precetti normativi,
rischierà una denuncia.
Coinvolgere le famiglie in tale
situazione, con tale ingerenza, è un qualcosa di opinabile e non condivisibile
anche per rispetto della individualità critica del singolo studente. Ciò può risultare legittimo da certi punti di vista
meno da altri. Dipende, come sempre, che visione si ha di quell'insieme che
edifica l'agibilità politica nella debole democrazia italiana.
Sarebbe invece auspicabile dalla Questura un
controllo, magari d'ufficio, da effettuare insieme agli Organi competenti,
sulla sicurezza e l'idoneità delle scuole triestine ad ospitare quotidianamente
la comunità scolastica. Perché entrare in una scuola con il timore che da un
momento all'altro possa cedere una parte strutturale della stessa, non è
proprio una esperienza degna di un paese come l'Italia che pretende di essere
una potenza economica mondiale ed anche democratica.
Marco Barone
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