Finalmente in questi giorni si parla di lavoro,
dei problemi del lavoro, dei problemi del precariato, dei problemi
delle speculazioni industriali, dei soliti problemi che affossano
l'Italia.
Problemi che possono avere due soluzioni, o
adottare un processo riformista, l'ennesimo, all'interno di un
sistema fallimentare, o semplicemente andare oltre il capitalismo.
Chiamatela rivoluzione, catastrofe sociale,
chiamatela come volete, ma le alternative sono queste.
Dunque o allungare l'agonia per la morte certa,
o edificare un nuovo sistema sociale partendo con gli strumenti già
esistenti.
Il caso Ilva, il caso Alcoa, giusto per citare
i più recenti, ma si potrebbe parlare del caso Fiat, del caso
Ferriera di Trieste, del cementificio di Vibo, del polo industriale
di Gela e così via dicendo, rappresentano il fallimento, non
demagogico, ma reale, di una politica clientelare, di una politica
che ha regalato soldi pubblici, dei cittadini, nostri, per arricchire
i soliti imprenditori e manager, a discapito della salute collettiva
ed individuale a discapito di ogni tutela immaginabile per il
sistema sociale italiano.
La domanda sorge spontanea, ovvero, per quale
motivo continuare ad offrire soldi al privato?
Quando l'azienda non è in grado di intervenire
nei processi di ristrutturazione aziendale necessari per ammodernare
gli impianti, per rimanere sul mercato, lo Stato italiano anziché
continuare ad elargire soldi pubblici ai privati, ammortizzando la
fine del lavoro che verrà per migliaia di lavoratori e favorendo il
profitto dei pochi notabili imprenditori che si giovano di questo
sistema, dovrebbe semplicemente espropriare l'azienda e gestirla
direttamente, da buon datore di lavoro secondo i canoni di uno stato
sociale degno di questo nome.
La costituzione italiana questa ipotesi la
potrebbe prevedere, infatti, se incrociamo questi articoli della
Costituzione:
Art.
1
L'Italia
è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
Articolo 3 comma 2
È
compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e
sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei
cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e
l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione
politica, economica e sociale del Paese.
Art.
4
La
Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e
promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto
Art.
32.
La
Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo
e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli
indigenti.
Art.
35.
La
Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.
Art.
41.
L'iniziativa
economica privata è libera.
Non
può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da
recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La
legge determina i programmi e i controlli opportuni perché
l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e
coordinata a fini sociali.
Ebbene, partendo proprio dall'articolo 41, il
coordinamento che deve essere realizzato ai fini sociali, è quello
volto a garantire l'affermazione dei principi fondamentali della
costituzione, prevalenti rispetto alla libertà di mera iniziativa
economica privata.
Insomma basterebbe applicare la Costituzione
italiana per nazionalizzare le imprese che continuano ad elemosinare
soldi pubblici con il ricatto che i lavoratori perderanno il lavoro,
per non parlare dei problemi dell'indotto e delle città.
Lo Stato deve rilevare l'Ilva, l'Alcoa, la
Fiat, la Ferriera, e tutte quelle grandi aziende che non sono in
grado di garantire il diritto al lavoro ed il diritto alla salute dei
lavoratori, deve ammodernarle, prevedere forme di ammortizzatori
sociali ad hoc nell'iter necessario che comporterà la sospensione
temporanea del ciclo produttivo, necessaria per la realizzazione dei
lavori considerati, ed il profitto che ne conseguirà andrà a
diretto beneficio delle casse dello Stato che certamente
soddisfaranno anche il pareggio di bilancio ed il diritto dei
lavoratori al lavoro, dei cittadini alla salute, della collettività
al benessere sociale.
Ciò è difficile che accada con questo
governo, o con un governo gestito dal PD o Pdl, ciò può accadrà
solo se i lavoratori lo vorranno, con la lotta senza condizione di
resa, e con la voglia di ritornare ad essere protagonisti attivi
della vita sociale dell'Italia e di quella sovranità popolare di cui
tutti noi siamo stati, consapevolmente ahimè, spogliati.
Basta elemosinare, basta chiedere soldi
pubblici a favore dei privati, nazionalizziamo le imprese, non
esistono alternative.
Se poi si decide di vole continuare a
sopravvivere, libera scelta, ma con la consapevolezza che ciò altro
non è che aver rimandato solo la propria inevitabile fine.
Concludo con un mio recente motto da Trieste a
Lampedusa per l'anticapitalismo che non si USA.
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