Mentre scrivo ascolto il
suono della sirena della nave.
Una nave che partirà per
qualche destinazione ove distrarsi è possibile. Ma la distrazione a
volte è sintomo anche di quel malessere sociale figlio della
frenesia, del modus con cui si apprendono le notizie, che poi vengono
dimenticate.
In questi giorni ha
creato scalpore l'ennesima, perché di ennesima trattasi,
dichiarazione del Ministro dell'istruzione Profumo.
Durante la seconda
giornata del Meeting di Boves il ministro dichiarava che "Forse
non ha neanche più senso che il MIUR e il Ministero del Lavoro
lavorino in maniera disgiunta. Il mondo del lavoro è cambiato ma noi
non abbiamo ancora strutture formative e competenze adeguate"
Ma in realtà questo suo
pensiero non è nuovo.
A giugno 2012
intervenendo ad un conferenza dei servizi sulla formazione
professionale in corso a Roma, il ministro affermava che "In
futuro credo che avremo bisogno di un ministero unico per
l'istruzione e il lavoro. Un ministero per la persona che accompagni
il cittadino nella sua formazione e nel suo inserimento nel mondo del
lavoro. Questo perche' il futuro sara' una cosa completamente diversa
in cui sara' necessaria una costante alternanza fra scuola e lavoro
lungo tutto l'arco della vita"
Nulla di sorprendente,
perché se si pensa che la prima uscita pubblica del ministro, ex
rettore del Politecnico di Torino, si è realizzata in compagnia
della Fondazione Agnelli, come ospite d’onore del «Rapporto sulla
scuola in Italia 2011», ove era presente anche il presidente della
Fiat, John Elkann, è chiaro quale possa essere il suo progetto di
scuola.
Scuola- lavoro.
Un
progetto che in realtà è già in itinere.
Basta
andare sul sito del ministero del lavoro e scrivere nel motore di
ricerca la parola chiave scuola lavoro e si aprirà una pagina che
ricorderà in sostanza la normativa esistente.
Infatti,
i giovani che hanno compiuto i 15 anni di età possono svolgere, sia
nel sistema dei licei che in quello dell'istruzione e formazione
professionale, l'intera formazione dai 15 ai 18 anni attraverso
l'alternanza di periodi studio e periodi di lavoro. Secondo il sito
del ministero del lavoro, il sistema dell'alternanza scuola-lavoro
arricchisce la formazione che i giovani acquisiscono nei percorsi
scolastici o formativi, fornendo loro, oltre alla conoscenza di base,
competenze spendibili nel mercato del lavoro. Permette inoltre di
realizzare un collegamento tra l'offerta formativa e lo sviluppo
socio-economico delle diverse realtà territoriali.
Esistono
vari progetti già attuati anche da scuole paritarie con varie
aziende.
Vedrai
l’azienda occuparsi di varie questioni, come concordare con
l'Istituto scolastico il programma di “Alternanza”, che dovrà
perseguire obiettivi didattici, di orientamento e di acquisizione di
conoscenze del mondo produttivo anche al fine di agevolare le scelte
professionali.; nominare un Tutor aziendale quale punto di
riferimento per lo studente, al quale si rivolgerà e a cui
risponderà senza vincoli gerarchici per la parte organizzativa e
formativa oppure compilare e consegnare allo studente, al termine
dell’esperienza in Azienda, una scheda di attestazione e
valutazione dell’esperienza lavorativa, fornita dall’Istituto.
Quindi
il processo scuola lavoro è già in itinere.
Ma
si vede che ciò non basta.
I
principi a cui vuole richiamarsi il ministro, voce di quel sistema
ora dominante lo stato presente delle cose, è quello salesiano fatto
proprio anche dalla Fondazione Agnelli con cui sembra questo governo
concordare varie situazioni.
Don
Bosco, come insegna la storia, per tutelare al meglio i giovani dai
soprusi si fece promotore del primo contratto di apprendista che era
firmato dal datore di lavoro, dal giovane, dal genitore ed in sua
assenza dallo stesso don Bosco.
I
laboratori salesiani hanno attuato quel processo culturale e sociale
che vuole unire la scuola al mondo del lavoro.
Ma è
proprio indissolubile questo binomio?
La
scuola deve per forza di cose partorire forza lavoro?
Secondo
lo statuto delle studentesse e degli studenti della Repubblica
italiana, articolo 1 comma 1 «La
scuola è luogo di formazione e di educazione mediante lo studio,
l'acquisizione delle conoscenze e lo sviluppo della coscienza
critica.»
Riprendendo
questo concetto, personalmente posso sostenere che la scuola è
il luogo reale ove ogni definizione non ha definizione, ove ogni
inibizione del non sapere è liberata nella curiosità del voler
sapere, ove ogni ignoranza vive quella latitanza che renderà l'uomo
più libero e meno dipendente da quelle catene dell'essere suddito e
non individuo nella società, perché l'uomo sarà consapevole.
Questa
è a parer mio la scuola.
Una
scuola che deve formare lo stato della consapevolezza, esseri consapevoli.
Una
scuola che deve formare l'individuo ma non necessariamente
l'individuo lavoratore.
Ma
la società di oggi giorno sembra correre verso altra direzione.
Da
un lato vorrebbe una scuola elitaria dove far maturare la futura
classe dirigenziale e dall'altro lato una scuola che potremmo
definire proletaria, ovvero sudditi e lavoratori e non individui
liberi di criticare e decidere.
Perché
la scuola che vorrebbe il precetto salesiano, richiamato dagli studi
della Fondazione Agnelli e fatti propri a parer mio dal ministro
Profumo è una istituzione che condiziona la decisione, indirizzando
la scelta, fornendo allo studente una cultura nozionistica e
frammentaria, una cultura che tende alla valutazione e concorrenza,
una cultura acritica e materialista.
Pasolini, nei Dialoghi
con Pasolini" su «Vie Nuove» 1965, p. 1077 , affermava che "Puoi
leggere, leggere, leggere, che è la cosa più bella che si possa
fare in gioventù: e piano piano ti sentirai arricchire dentro,
sentirai formarsi dentro di te quell'esperienza speciale che è la
cultura."
Questa dovrebbe essere la
scuola pubblica. Una scuola che affronta le problematiche sociali,
anche quelle del lavoro, ma che non formi il futuro lavoratore, ma il
futuro cittadino libero di scegliere eventualmente di che lavoro
morire.
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