Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

Immagine
Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Devi andare via.

Tornano e ritornano.
E' una battaglia quotidiana.
E' una battaglia personale.
E' una battaglia che potrebbe essere la battaglia.
Pensieri.
Osservi i gabbiani svolazzare liberi e sopra la tua testa.
Osservi persone prendere il sole sul Molo Audace.
Osservi l'acqua del mare divenire sempre più aspra ed amara.
Osservi il solito traffico.
Tra chi confonde le vie della città come una pista da corsa e chi attraversa con lentezza le strade cittadine.
Uomini e donne.
Esseri viventi.
Viventi.
Una vita così strana, così vita a cui ogni benedetta laica mattina cerchi di conferire un senso.
Un senso unico.
Un doppio senso.
Un senso senza ritorno.
Poi chiudi gli occhi.
Ti perdi tra il profumo di quel basilico contadino che ancora non hai assaporato,
e la delicatezza dolce e tenera del bacio di quell'amore che hai avuto la fortuna di conoscere.
Una conoscenza in continua esplorazione.
Una esplorazione senza inizio senza fine.
Così è l'amore.
Così è la vita.
Forse.
Già, la vita.
Tempo, regole meccaniche, ore legali, ore illegali, minuti e secondi, attimi e secoli.
Tempo senza tempo.
Si osserva.
Si pensa.
Si riflette.
Ma senza riflettere quella paura che è prigioniera in quel vaso che non si deve frantumare.
No.
Quella paura che è chiusa e rinchiusa  nella riva cementificata da ogni sentimento privo di turbamento.
Un sentimento lineare.
Limpido.
Un sentimento che ti spinge dicendoti "via via, vai vai, vivi, oggi è oggi, domani si vedrà”.
Si vedrà.
Vita.
Tempo.
Senso.
Forse quando un giorno incontreremo il nostro tempo, capiremo.
Quando affronterai l'ultimo respiro, capirai che in fondo eri solo un semplice essere umano.
Semplice essere umano.
Ed allora urlerai, consumando l'ultimo respiro nello sfogo di una vita forse senza vita:
Cosa sono?
Cosa sono?
Cosa sono?
Non lo so.
Non voglio sapere.
Voglio vivere nell'ignoranza del non sapere.
Non può finire tutto così. No.

Capiremo e comprenderemo il perché di una vita alla ricerca dei mille perché.
Nessun perché .
Si vive per vivere.
Eppure abbiamo avuto la capacità di regolamentare il nostro correre temporale con tanta viva fermezza, che quando arriverà il momento dal quale non si potrà fuggire, ci chiederemo, ma era questa la vita che volevo?
Tra chi dice no, e chi dice sì , chi lotta per una rivoluzione sperando nel profondo del proprio cuore, che la rivoluzione non possa mai trovare affermazione, perché poi cosa farebbe della propria vita non è dato sapere, e chi impone ordine e disordine ad una società sempre più precaria di dignità, continui a vagare.
Ora sorridendo.
Ora cercando quella lacrima che vorresti sentire scorrere sul tuo ruvido viso.
Piangere rende , senza alcuna dipendenza, umani.
Domande esistenziali, risposte esistenziali.
Un conflitto continuo.
Il tempo di spegnere la sigaretta, il tempo di vedere quel fumo liberarsi via via e senza alcuna via, nelle sue non forme senza essenza, per le strade inquinate di una Città che corre corre verso la solita ordinaria burocrazia, che devi andare.
Da qualche parte.
Al lavoro, od a far la spesa, a lottare od a pescare, a prendere un bus, o semplicemente devi andare via.
Marco Barone

Commenti

Post popolari in questo blog

Una storia per bambini della scuola primaria nella giornata Mondiale della Gentilezza

Come calcolare capienza di una piazza durante manifestazione?

Bruxelles e le vetrine hot