Tornano e ritornano.
E' una battaglia quotidiana.
E' una battaglia personale.
E' una battaglia che potrebbe essere la battaglia.
Pensieri.
Osservi i gabbiani svolazzare liberi e sopra la tua
testa.
Osservi persone prendere il sole sul Molo Audace.
Osservi l'acqua del mare divenire sempre più aspra
ed amara.
Osservi il solito traffico.
Tra chi confonde le vie della città come una pista
da corsa e chi attraversa con lentezza le strade cittadine.
Uomini e donne.
Esseri viventi.
Viventi.
Una vita così strana, così vita a cui ogni
benedetta laica mattina cerchi di conferire un senso.
Un senso unico.
Un doppio senso.
Un senso senza ritorno.
Poi chiudi gli occhi.
Ti perdi tra il profumo di quel basilico contadino
che ancora non hai assaporato,
e la delicatezza dolce e tenera del bacio di
quell'amore che hai avuto la fortuna di conoscere.
Una conoscenza in continua esplorazione.
Una esplorazione senza inizio senza fine.
Così è l'amore.
Così è la vita.
Forse.
Già, la vita.
Tempo, regole meccaniche, ore legali, ore illegali,
minuti e secondi, attimi e secoli.
Tempo senza tempo.
Si osserva.
Si pensa.
Si riflette.
Ma senza riflettere quella paura che è prigioniera
in quel vaso che non si deve frantumare.
No.
Quella paura che è chiusa e rinchiusa nella
riva cementificata da ogni sentimento privo di turbamento.
Un sentimento lineare.
Limpido.
Un sentimento che ti spinge dicendoti "via via,
vai vai, vivi, oggi è oggi, domani si vedrà”.
Si vedrà.
Vita.
Tempo.
Senso.
Forse quando un giorno incontreremo il nostro tempo,
capiremo.
Quando affronterai l'ultimo respiro, capirai che in fondo eri solo un semplice essere umano.
Semplice essere umano.
Ed allora urlerai, consumando l'ultimo respiro nello sfogo di una vita forse senza vita:
Cosa sono?
Cosa sono?
Cosa sono?
Non lo so.
Non voglio sapere.
Voglio vivere nell'ignoranza del non sapere.
Non può finire tutto così. No.
Capiremo e comprenderemo il perché di una vita alla
ricerca dei mille perché.
Nessun perché .
Si vive per vivere.
Eppure abbiamo avuto la capacità di regolamentare
il nostro correre temporale con tanta viva fermezza, che quando
arriverà il momento dal quale non si potrà fuggire, ci chiederemo,
ma era questa la vita che volevo?
Tra chi dice no, e chi dice sì , chi lotta per una
rivoluzione sperando nel profondo del proprio cuore, che la
rivoluzione non possa mai trovare affermazione, perché poi cosa farebbe
della propria vita non è dato sapere, e chi impone ordine e
disordine ad una società sempre più precaria di dignità, continui
a vagare.
Ora sorridendo.
Ora cercando quella lacrima che vorresti sentire
scorrere sul tuo ruvido viso.
Piangere rende , senza alcuna dipendenza, umani.
Domande esistenziali, risposte esistenziali.
Un conflitto continuo.
Il tempo di spegnere la sigaretta, il tempo di
vedere quel fumo liberarsi via via e senza alcuna via, nelle sue non
forme senza essenza, per le strade inquinate di una Città che corre
corre verso la solita ordinaria burocrazia, che devi andare.
Da qualche parte.
Al lavoro, od a far la spesa, a lottare od a
pescare, a prendere un bus, o semplicemente devi andare via.
Marco Barone
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