Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Lavoro per non lavorare

Lavoro.
Ma chi lo ha deciso che per campare si deve lavorare?
Ma chi lo ha deciso che ?
Lavoro, lavoro, lavoro,
io odio il lavoro.
Non son nato per lavorare,
non esisto per lavorare,
esisto per vivere,
e desisto dal sopravvivere.
Eppure vige l'ordine imposto del lavoro.
Se vuoi mangiare devi lavorare,
se vuoi bere devi lavorare,
se vuoi viaggiare devi lavorare,
se vuoi guadagnare devi lavorare.
Ma io non voglio lavorare.
Rifiuto il lavoro.
Voglio fare ciò che mi piace,
e mi piace sognare,
e mi piace scrivere e poetizzare,
e mi piace semplicemente vivere.
Eppure a quell'ordine si deve disobbedire,
troncando la dipendenza dell'esistenza degna di tal nome
dalla catena lavoro e capitale.
Io posso lavorare,
se voglio lavorare,
per contribuire,
senza alcuna imposizione,
al miglioramento sociale di una collettività
sempre più individuale.
Solidarietà,
socialità,
nessun profitto,
nessun capitale,
nel baratto sociale
equo e solidale.
Ebbene,
ribaltiamo l'ordine imposto,
disobbediamo,
lavoriam
per non lavorare.
Io mi chiamo Marco
ed odio lavorare.
Il lavoro rende schiavi,

la libertà da conquistare,
certamente,
non mi offende,
forse mi sorprende,
ed allora,
ahimè
devo lavorare,
perchè questo non è il tempo
per sognare?
Forse è l'attimo vivo e ribelle
per rivoluzionare
l'adattamento omologato
a tal società.
Società meschina,
società che pretende di determinare
l'autodeterminazione,
eppur vivo la mia indignazione,
eppur credo nella rivoluzione
per liberare l'esistenza,
da questa penitenza
laica
ed ostile,
che il grido per la vita
in modo vile
or
detiene.
Scioperare per non lavorare,
o lavorare con lentezza?
Sciopero per lavorare con lentezza.
Ma perchè compromettere
l'essenza della vita,
per il non dio lavoro?
No.
Non lavoro con lentezza,
non sciopero per non lavorare,
semplicemente io non vado a lavorare.



Marco Barone

Commenti

  1. se riesci a non lavorare e campare
    spiegami come fare
    che ti voglio imitare...

    RispondiElimina
  2. Per ora mi limito a sognare,
    per ora mi limito a provocare,
    con lo scopo di svegliare il dormiente,
    per un mondo semplicemente più libero...

    RispondiElimina

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