C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

Qualunquismo indignato?

Giorno, pomeriggio, sera, notte.
Varie tappe della giornata, vari momenti a volte dolenti a volte dolcemente violenti della quotidianità, ove pensieri ed emozioni si alternano cercando un punto fermo da porre  innanzi alla monotonia oggi presente.
Una piazza, tante strade, tante vie e contrade.
Persone che discutono, persone che si dedicano al consumismo, persone che osservano le colonne reggenti i sospiri in tal cielo senza più colore, persone che.
Ogni spazio è occupato.
Ogni tempo è disoccupato.
Curiosità.
Curiosità umana.
In lontananza intravedi delle mani alzate.
Ascolti delle voci.
Chi parla di casa, chi parla di Istituzioni, chi parla di come si deve parlar, chi semplicemente sfoga il proprio malessere.
Condivisione del malessere, condivisione del presunto essere.
Nessun radicalismo.
Nessun estremismo.
Esistono regole.
Regole all'interno della legalità di Stato.
Carte, documenti e tanti sentimenti.
Sentimenti recintanti nel campo delle regole.
Moderato.
Nessuna destra, nessuna sinistra.
Moderato.
Ma ciò che non è di destra o sinistra, ciò che non ha identità cade in quel qualunquismo legalitario che mai potrà debellare l'altare del potere .
Ed in effetti non si vuol debellare.
Si vuol chiedere.
Permesso?
Si può?
Posso entrar?
Posso?
Non è questo il conflitto sociale.
No.
Solo e quando dal chiedere si passerà alla pretesa, allora possiam iniziar a discutere di conflitto.
E' questa la nuova generazione che tende all'azione per la via dell'indignazione?
Dignità sociale.
Dignità reale.
Dignità non regale.
Dignità dell'esser uomo o donna.
Dignità per la conquista della mera libertà.
La discussione è certamente positiva se non costruttiva.
Ogni persona seduta in piazza corrisponde ad una televisione spenta.
Spenta.
Tempo.
Occorron anni per disintossicarsi dal berlusconismo.
Il berlusconismo ha drogato milioni di persone, una intera generazione tramite la televisione.
Pazienza o spazienza?
In tal dilemma nessun stratagemma.
Ascoltare per ribaltare,
ribaltare per catastrofare,
catastrofare per amare,
amare per rivoluzionare.

La piazza continua a parlar, la città continua ad avanzar nella sua indifferenza.
Non ti vedo, non ti ascolto.
Persone sedute con le mani alzate nella piazza.
Persone che corron per le vie, altre che sorridon per le contrade, altre che gossipando per la città contribuiscon ad alimentar quell'indifferenza che non diverrà penitenza.

Dicon che non è una questione generazionale.
Dicono che è una questione epocale.
Ma verità nella verità in tal moderazione per la via della giusta indignazione, non giungerà l'attesa rivoluzione.
Rinnegar la burocrazia, rifiutar il partito, criticar il confederale, è cosa buona, è cosa giusta, ma occorre andar oltre il qualunquismo.
La verità rivoluzionaria sarà tale solo se vorrai distrugger il sistema.
Il sistema non si discute.
Il sistema si debella.
Non più chieder dovrai.
Pretendere è.
Non è ammessa conciliazione, non è ammessa mediazione, non è ammessa moderazione se veramente vuoi lottar per la rivoluzione.
Ma non è questo il tempo.
Non è questa l'età.
Anni di droga mediatica hanno omologato l'esser ora non più ritrovato.
Triste rivelazione in tal indignAzione?
Eppur giunge la repressione dunque nessuna rassegnazione, è necessaria una rivoluzionaria riflessione.
Marco Barone

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