La celebrazione del fascismo della passeggiata di Ronchi di D'Annunzio e l'occupazione di Fiume

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Mio caro compagno, Il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Ancora una volta lo spirito domerà la carne miserabile. Riassumete l'articolo !! che pubblicherà la Gazzetta del Popolo e date intera la fine . E sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio Non sarà stato forse un fascista dichiarato, D'Annunzio, certo è che non fu mai antifascista, era lui che aspirava a diventare il duce d'Italia e la prima cosa che fece, all'atto della partenza da Ronchi per andare ad occupare Fiume, fu quella di scrivere a Mussolini, per ottenere il suo sostegno. Perchè D'Annunzio ne aveva bisogno. Il fascismo fu grato a D'Annunzio, per il suo operato,  tanto che si adoperò anche per il restauro e la sistemazione della casa dove nacque D'Annunzio e morì la madre. E alla notizia della morte, avvenuta il 1 marzo del 193

Forse

Per qualche giorno non aggiornerò il blog, vi "lascio" con questa poesia scritta in tal momento senza più tempo.Grazie a tutte e tutti per la condivisione quotidiana della mia prospettiva di vita in tal società.
M.B.

Forse.
Cerco il sorriso, cerco la voglia di andar oltre, cerco il senso del dubbio,
cerco.
Penso all'amore, penso alla follia, penso alla vita, penso all'umanità sconvolta,
penso.
Sogno l'oltre, poi all'improvviso la solitudine in tal universo ben compreso, trascina con virulenza
il tuo essere cercatore ad un bivio.
Ancora il bivio.
Quel bivio offuscato dalla prospettiva dell'orizzonte rivoluzionario, dall'amor rivoluzionario, ora giace innanzi al tuo corpo.
Innanzi ai tuoi sogni.
Tuo.
Tuoi.
Forse.

Silenzio.
Non ascolto, non vedo, non agito i pensieri stanchi, non agito i sogni dormienti.
No.
Silenzio.
La vita senza amici e nemici,
la vita avvolta, alonata nel perenne individualismo,
evade dal ticchettio della tastiera.

Virtualità reale,
virtualità presente,
realtà assente.
Voglio la realtà, 
voglio la libertà,
voglio la dignità,
voglio l'umanità.

Cavi, fili,rete,
pensieri che corrono e scorrono in quel nozionismo frenetico
destinato a divenir oblio nel momento in cui  il non dio ucciderà il grande cavo.
Parole perse, 
parole smarrite,
parole non più scalfite.

Pagine riciclate,
accarezzate dall'essere persona senza più maschera teatrale,
pagine di vita,
pagine reali,
pagine.

Forse.
In tal momento senza più tempo,
giunge il ricordo della liberazione.
Siamo liberi?
Lo siam mai stati?
Siamo  solo dei poveri pesci intrappolati nella grande rete?
Siamo?

Forse.

Marco Barone

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