C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

Quanto è difficile oggi "fare" l'avvocato?


Oggi voglio soffermarmi e riflettere insieme a tutti voi sulla libera professione forense, ovvero  parlare dell'avvocatura.
Per farlo dovrò riferirmi alla mia esperienza di vita, di tutti gli ostacoli superati e di tutti quelli che restano da superare, ancora, per esercitare e garantire quel diritto alla difesa costituzionalmente garantito in cui credo fortemente, specialmente quando si dice che la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.

Il sottoscritto come tanti è figlio di genitori dipendenti pubblici. I loro genitori, i miei nonni, erano contadini.
E' interessante notare il passaggio delle generazioni.

I miei nonni coltivavano la terra, hanno fatto sacrifici enormi per i miei genitori, che non hanno però avuto la possibilità di studiare all'università.
Si sono fermati prima.
Loro, la mia famiglia, invece con sacrifici, ha dato la possibilità al sottoscritto di proseguire gli studi ed arrivare alla laurea in giurisprudenza.
Quindi, si è partiti da una generazione non scolarizzata per arrivare ad una generazione laureata.
Ovviamente come tutti per mantenere la possibilità di svolgere gli studi ho svolto molti lavori.
Dal tipico volantinaggio per le strade, al cameriere e lavapiatti ammazza schiena.

Ma in ogni caso mi reputo fortunato perchè ho avuto la possibilità di studiare, di acculturarmi.
Ecco le crisi tipiche del percorso degli studi, continuo? vado avanti? mi fermo?
Continuo.
Continuo per arrivare a quel giorno, la laurea costata non so quanti milioni di lire, e parlo di Universtià Pubblica e decido di proseguire seguendo l'ideale.

Ideale consistente in sostanza nel lottare utilizzando gli strumenti normativi esistenti per difendere i lavoratori, gli sfruttati gli oppressi dal sistema e nel sistema.
 Il percorso è lungo, molto lungo.
Ma frutto di una libera scelta.
Decido quindi di effettuare l'iscrizione all'albo dei praticanti.
 Si svolgono due anni grautiti di pratica legale, in cambio di avere la formazione per svolgere la professione.
Ho la fortuna di entrare in uno studio dove l'ambiente di vita è ottimo, cordiale, informale, umano.
Cosa non assolutamente scontata in questo campo.

Finito il biennio della pratica inizia il calvario dell'esame.
Esame che non è concorso ma neanche vera e propria abilitazione.
Non esistono posti definiti ma in verità esistono percentuali misteriose decise dall'alto che non devono essere superate.
L'esame di norma si effettua a dicembre.
Tre prove scritte, otto ore l'una.
Gli orali per prassi iniziano a settembre dell'anno successivo.

Di media l'esame si tenta un paio di volte.
Così è stato per il sottoscritto.
Al secondo tentativo è andata bene, superato scritto ed orale, quindi abilitato.
Sulla questione esame di come funziona avevo già scritto in passato ricordando in particolar modo proprio la mancanza di veri criteri con cui si decide la percentuale che deve superare l'esame.
Perchè tale percentuale esiste è esistita ed esisterà fino a quando non arriverà anche formalmente il numero chiuso.
Dico formalmente perchè in sostanza è già chiusa come professione.
Servono le spalle coperte, servono soldi e soldi per mantenere uno Studio Legale, servono soldi per coprire le spese, servono soldi per tutto.
Ma anche clienti ed assistiti.
Per i giovani ciò è un disastro.
Specialmente per chi come il sottoscritto non ha le spalle coperte, non è come dire figlio di papà.
Devi scontrarti con un mercato, perchè di mercato si tratta, enorme.
Un mercato chiuso.
Un mercato monopolizzato da chi ha il potere economico e politico e sindacale.
Attenzione perchè ciò è un problema sociale.
Chi ha ideali come i miei o similari, che vuole difendere i più deboli in piena coerenza con il proprio credo in altra società, in piena voglia di lottare contro l'ingiustizia, avrà enormi difficoltà per fare ciò.
Ed allora dove sta andando l'avvocatura?
Sarà una professione che potranno svolgere solo i ricchi e chi si è inserito negli anni passati?
Come verranno difesi i ceti deboli?
Che difesa avranno?
Per non parlare della questione pagamento...
Scegliendo di difendere i più deboli certamente non pui chiedere loro, giustamente, prezzi in linea con il mercato.
Ma essendo agli inizi non puoi neanche proporre il gratuito patrocinio, perchè se tutto va bene quel compenso lo vedrai dopo anni ed anni.
Quindi?
Spieghi loro la situazione.
Spieghi loro le possibilità di scelta.
Quando va male perdi clienti, quando va bene è tutto un mistero da scoprire.
Certo è una libera scelta.
Nessuno mi ha obbligato a svolgere tale professione.
Ma è un dramma sociale non solo per i giovani avvocati e siamo tanti, veramente tanti, ma anche per la difesa sociale e dei più deboli che è per forza di cose compromessa.
Quindi, in sostanza non è possibile svolgere lavoro di difesa sociale in linea con i propri ideali.

Nella società italiana, quando si parla di avvocato, di norma si ha l'idea di uno ricco, di uno che ha soldi .
Già la solita apparenza.
Tutte cavolate.
E le cose andranno peggio se passerà la riforma forense dove per mantenere l'iscrizione all'albo si deve conseguire un minimo di reddito che per voci sembrerebbe essere di circa quindicimila euro lordi l'anno.
Verrebbe da ridere per non piangere.
Chi li vede quei soldi?
Per non parlare del fatto che ritornano, forse, le tariffe minime, una mazzata sia per i giovani avvocati che per i clienti.

Quindi,in sostanza se non sei figlio di papà, se non erediti studio, se non sei legato a strutture partitiche o sindacali che contano in Italia, se non vuoi essere dipendente di qualcuno e non essere condizionato nella difesa, svolgere la libera professione è quasi mission impossible.

Ma non finisce qui.
Perchè poi bisogna far fronte ai crediti formativi, frequentare corsi, che per fortuna Ordini Professionali come quello di Bologna riescono a garantire gratuitamente, ma in altre parti di questo paese non è sempre così, ed in ogni caso non durerà questa gratuità.
Poi ci sono i contributi, poi ci sono le tasse.
Insomma chi me lo ha fatto fare?
Si può sempre tornar indietro certo.
Ma per andare dove?
Della situazione dell'avvocatura si parla poco.
E' una cosa che non deve sorprendere perchè è una categoria che bada molto a tutelare la propria immagine.
Molte proteste di aspiranti avvocati si sono verificate nei mesi passati contro la riforma forense.
L'esame per accedere alla professione sarà ancora più difficile, si potrà effettuarlo solo tre volte ad esempio.
Quindi, lentamente l'abilitiazione all'avvocatura inizia a divenire ed assumere i connotati di un vero e proprio concorso, con la piccola differenza che se nei concorsi pubblici,se lo superi, se pagato dallo Stato, nella libera professione non lo sei certamente.

Ed allora bisogna discutere.
Porre il numero chiuso a giurisprudenza?
Porre il numero chiuso alla professione?
Io sono contrario ai numeri chiusi.
Deve essere diritto di tutti di formarsi, di studiare diritto, di contribuire a ribaltare o migliorare l'esistente.
Tanto il numero chiuso è creato dal mercato falsamente concorrenziale, quindi, tranquilli, la testa contro il muro la sbatterete quando diventerete avvocati.
Infatti, sono molti quelli che dopo aver intrapreso questo percorso hanno deciso di lasciare.

D'altronde anche il masochismo ha un limite comprensibile direi.

I requisiti formali per accedere alla professione erano e sono questi:
  1. essere cittadino italiano (alla cittadinanza italiana è tuttavia equiparata quella di uno degli Stati membri dell'Unione Europea);
  2. avere il pieno godimento dei diritti civili;
  3. laurea in giurisprudenza (vecchio ordinamento) oppure la laurea specialistica in giurisprudenza conseguita dopo la laurea in scienze giuridiche, o ancora laurea magistrale in giurisprudenza di durata quinquennale a ciclo unico;
  4. avere sostenuto con continuità e diligenza due anni di praticantato presso un Avvocato abilitato (la pratica viene attestata ogni sei mesi dal relativo Consiglio dell'ordine degli avvocati presso il quale si è iscritti, con la partecipazione per ogni semestre ad almeno 20 udienze (civili, penali o presso i Tribunali Amministrativi Regionali e/o gli altri Tribunali speciali) e con deposito e discussione di quattro relazioni semestrali su argomenti di diritto trattati durante la pratica);
  5. essere in possesso del certificato di compiuta pratica rilasciato dal proprio Consiglio dell'Ordine;
  6. avere superato l'esame di abilitazione alla professione forense;
  7. avere proferito giuramento presso il Tribunale considerato;
  8. aver consegnato quota iscrizione, verbale di giuramento e documentazione supplementare presso il proprio Consiglio dell'Ordine;
"Giuro di adempiere ai miei doveri professionali con lealtà, onore e diligenza, per i fini della giustizia e per gli interessi superiori della nazione".
Ecco la formula del giuramento.
Ma come fare per adempiere ai doveri professionali con pienezza se ab origine si è privati dei mezzi per raggiungere gli scopi volti a garantire i fini della giustizia?

Sia ben chiaro, quello che ho scritto, non è un mio libero sfogo, ma la rappresentazione della realtà vera, vissuta per anni ed in itinere non solo dal sottoscritto ma da migliaia di giovani avvocati che de facto iniziano il mese sperando di capire come fare per arrivare forse se tutto va bene alla metà del mese stesso.

Marco Barone

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