Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Qualche notizia di classica quotidianità dalla Calabria...


Vibo: commerciante accoltellato
Un commerciante, Giovanni Lo Piccolo, di 48 anni, è morto ieri sera nell’ospedale di Vibo Valentia dove si era presentato poco prima, con un taglio profondo alla gola provocato da una coltellata. Lo Piccolo è giunto in ospedale alla guida della sua automobile; sceso dalla vettura si è presentato al pronto soccorso, tenendosi una mano alla gola da cui perdeva abbondantemente sangue e chiedendo assistenza. Il commerciante, però, è morto poco dopo.
Sull'episodio indaga la polizia di Stato, che sta ricostruendo la dinamica dei fatti. Lo Piccolo, quando si e presentato in ospedale, non ha avuto il tempo, prima di morire, di riferire quanto era accaduto. Gli investigatori non escludono, al momento, alcuna ipotesi, anche se quella che viene ritenuta più verosimile è che il commerciante sia stato accoltellato, in circostanze da accertare, da una persona che è riuscita a fuggire e che si sta tentando adesso d’identificare. Lo Piccolo, è morto dissanguato dopo essere arrivato al nosocomio vibonese da solo e a bordo della sua autovettura, una Mercedes. Gli agenti della volante e della squadra mobile per tutta la notte hanno chiesto notizie ai familiari che abitano in via Domenico Savio della città capoluogo, per venire a capo a del misterioso omicidio.

Frana Maierato: rientrate in casa
duemila persone, 298 ancora fuori

Sono state completate nel pomeriggio di ieri a Maierato le operazioni di rientro degli abitanti residenti nelle zone del paese più distanti dal fronte della frana. Duemila persone hanno potuto tornare così nelle loro case in centro storico, nella parte bassa dell’abitato e nelle contrade.
L’emergenza però non è finita perchè 298 persone, i residenti nella cosiddetta 'zona rossa' che da ieri è transennata e non agibile, sono ancora ospitati nella Scuola di polizia di Vibo Valentia ma per la cui sistemazione sono allo studio soluzioni alloggiative.
«Abbiamo cercato di alleviare – dice il sindaco di Maierato, Sergio Rizzo – la sofferenza di quanti sono stati costretti improvvisamente a lasciare le loro case sotto la minaccia dello smottamento. Adesso stiamo provvedendo a completare il censimento delle persone che sono rimaste fuori e per le quali dovremo adoperarci allo scopo di trovare una soluzione di lungo periodo. Attendiamo l’ordinanza di protezione civile che dovrebbe essere approvata entro martedì prossimo».
Intanto, in paese, si colgono i primi segni di ritorno alla vita di tutti i giorni. Ha ripreso a funzionare l’ufficio postale mentre le scuole torneranno alla normalità da lunedì. Le attività commerciali sono tutte tornate in attività ad esclusione di quelle ricadenti nella zona rossa. Sono riprese anche le attività produttive più importanti ubicate nella zona industriale.
A giorni sarà aperto anche uno sportello della Banca di credito cooperativo la cui sede è inagibile perchè collocata nella zona rossa.
«Lentamente – aggiunge il sindaco Rizzo – stiamo cercando di tornare alla normalità anche se c'è la consapevolezza che il cammino sarà ancora lungo».

'Ndrangheta, nuovo colpo ai patrimoni
delle cosche della Locride

Beni per due milioni di euro sono stati sequestrati dalla polizia a Siderno. I beni, tra i quali figurano una concessionaria di automobili, un negozio di abbigliamento ed alcuni immobili, sono riconducibili a Michele Curciarello, di 48 anni, e Antonio Martino, di 34 anni, entrambi di Siderno.
I due sono stati arrestati il 18 dicembre 2008 nell’ambito dell’operazione «Pioggia di Novembre», coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, con l’accusa di avere partecipato all’organizzazione ed all’esecuzione dell’omicidio, compiuto il 31 maggio del 2005 a Siderno, di Salvatore Cordì, conosciuto come «u cinesi», nipote del boss Antonio Cordì «il ragioniere». L’omicidio, secondo gli investigatori, era stato compiuto per favorire il clan rivale dei Cataldo di Locri. nell’ambito della stessa inchiesta i due sono accusati anche di detenzione e porto illegale delle armi usate per l’omicidio.
Il sequestro dei beni, disposto dal Tribunale di Reggio Calabria-Sezione misure di prevenzione su proposta della Questura dopo le indagini della Divisione anticrimine e del Commissariato di Siderno, ha riguardato un terreno ed una villa a Siderno nella disponibilità di Curciarello; il negozio «Max Moda Donna» a Siderno, di proprietà della moglie di Curciarello, Francesca Fanito; la concessionaria di auto «M2 Car» di proprietà di Domenico Martino, fratello di Antonio; polizze assicurative intestate ad Antonio Martino; conti correnti, libretti di deposito ed altri valori mobiliari compresi nel patrimonio delle imprese sequestrate o comunque riconducibili ai familiari dei due. Dalle indagini, infatti, sarebbe emersa la palese sproporzione tra i redditi modesti dichiarati da Curciarello e Martino e la reale consistenza del patrimonio di cui potevano disporre.

Strongoli, incendiata abitazione estiva del sindaco
Persone non identificate hanno dato alle fiamme la notte scorsa nella frazione Marina del comune di Strongoli, nel crotonese, l'abitazione del sindaco della cittadina, Luigi Arrighi (in foto).
L'incendio ha provocato danni alla struttura utilizzata da Arrighi e dalla sua famiglia nel periodo delle vacanze. Sull'episodio interviene il presidente della Provincia di Crotone, Stanislao Zurlo. «Esprimo – afferma Zurlo – la più sentita solidarietà al primo cittadino di Strongoli, ed invito, al contempo, le forze dell’ordine e gli inquirenti a fare piena luce su questo ennesimo atto di intimidazione ai danni di un pubblico amministratore del nostro territorio».

Armi, arrestato 36enne a Reggio Calabria


Carabinieri della Stazione Rione Modena di Reggio hanno tratto in arresto Tommaso Paris, 36 anni, su esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per il reato di detenzione di armi clandestine (nella foto).
Il 2 febbraio scorso i carabinieri avevano tratto in arresto la convivente dell’uomo, Anna Rita Silva poichè all’interno dell’abitazione della donna in zona centro, in prossimità del Calopinace, erano state rinvenute tre pistole: in particolare si trattava di un revolver cal.3 2 perfettamente funzionante, con matricola abrasa, cinque proiettili nel tamburo e altri due non inseriti, un revolver a canna corta modello Colt Cobra cal 38 special, perfettamente lubrificato con matricola abrasa e sei colpi nel tamburo ed una pistola semiautomatica Beretta Cal 7,65 perfettamente lubrificata e funzionante con sette colpi nel caricatore.
I militari in quella circostanza si erano messi subito alla ricerca di eventuali complici individuando come verosimile codetentore il convivente della donna, che al momento della perquisizione non era presente in casa e che, a seguito dell’attività svolta dai carabinieri, si era reso irreperibile.
A comprovare la responsabilità di Paris - secondo gli inquirenti – è stata innanzitutto la convivenza dell’uomo con la donna nell’abitazione perquisita. Ma ciò che ha realmente tradito l’uomo è stata una telefonata fatta proprio dalla convivente al momento della perquisizione: all’arrivo dei militari che dovevano procedere a perquisizione infatti, la donna, informata della facoltà di avvisare un difensore, effettuò una telefonata non al difensore, ma al suo convivente, particolare non sfuggito agli investigatori, che, dalla ricostruzione data dai tabulati hanno confermato che quella telefonata fu fatta proprio al Paris, da cui la donna ricevette indicazioni su come comportarsi. Silva, infatti, dopo la telefonata, consegnò ai militari due delle tre pistole. L'ultima la semiautomatica Beretta fu invece rinvenuta dai militari durante la perquisizione. A seguito delle indagini svolte il Pubblico Ministero ha richiesto ed ottenuto dal Gip un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per Paris. L’uomo è ora recluso nella casa circondariale di Reggio Calabria a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.

Vibo: allevatore ucciso in un agguato

Un allevatore, Pietro Carone, di 58 anni, e' stato ucciso in un agguato compiuto da sconosciuti nelle campagne di Drapia, nel vibonese. L'uomo e' stato raggiunto da alcuni colpi d'arma da fuoco al volto. Il cadavere e' stato trovato da alcune persone che hanno poi chiesto l'intervento dei carabinieri. Sul luogo dell'agguato e' stata trovata anche l'automobile della vittima, che e' parcheggiata a poca distanza dal cadavere. Carone, secondo quanto si e' appreso, era gia' noto alle forze dell'ordine. I carabinieri stanno effettuando numerosi controlli nell'ambito delle indagini sull'omicidio di Pietro Carone, l'allevatore ucciso in un agguato a Drapia, nel vibonese. Gli investigatori stanno sentendo anche i familiari e gli amici della vittima per ricostruire i suoi ultimi spostamenti. L'uomo, secondo una prima ricostruzione dell'accaduto, ha raggiunto una zona nelle campagna di Drapia con la sua automobile. Sceso dal mezzo, probabilmente per incontrare altre persone, e' stato raggiunto da alcuni colpi d'arma da fuoco ed e' morto all'istante. I carabinieri, che al momento non escludono nessuna ipotesi sul movente del delitto, stanno concentrando la loro attenzione sul mondo della criminalita' del vibonese.

e per concludere...

Bazooka per uccidere il pm
«Signor giudice, io una cosa gliela voglio dire…». Parla Gerardo D’Urzo, pentito di ’ndrangheta. Detenuto dal 10 gennaio del 1991, condannato all’ergastolo in via definitiva nel 1996 per la strage dell’Epifania di Sant’Onofrio e per associazione mafiosa, viene sentito a Vibo come testimone dell’accusa al maxiprocesso “Genesi”, che vede alla sbarra i mammasantissima del locale di Limbadi dominato dal clan Mancuso, assieme a capobastone e accoliti. D’Urzo rivela che per uccidere il pm Marisa Manzini la ’ndrangheta aveva ordinato un lanciamissili.

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