Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Piazza Fontana, spuntano nuove prove

«RIAPRITE le indagini su Piazza Fontana». Lo chiederanno i familiari delle vittime al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che il sette dicembre li incontrerà in prefettura in occasione del 40esimo anniversario della strage che nel dicembre del ’69 fece 17 morti e un’ottantina di feriti. Ma intanto lo ha già chiesto con formale istanza alla Procura l’avvocato Federico Sinicato, storico legale delle parti civili nei processi che delineato le responsabilità della cellula di Ordine nuovo che faceva capo a Franco Freda e Giovanni Ventura, non più processabili perché a suo tempo già assolti definitivamente sia pure per insufficienza di prove. L’obiettivo delle nuove indagini della magistratura, a 40 anni di distanza dai fatti, sarebbe quello di individuare i complici di Freda e Ventura rimasti finora sullo sfondo. E la clamorosa iniziativa presa a fine luglio dall’avvocato Sinicato, mai resa pubblica fino ad oggi, si fonda su tre nuovi spunti investigativi.
Il primo è legato alla figura di Gianni Casalini, ordinovista padovano che tra il ’72 e il ’75 fu informatore del Sid, i servizi segreti militari di allora. Un anno fa Casalini scrisse al giudice Guido Salvini, tra i primi a riaprire i fascicoli sulle bombe della destra, dicendosi disposto a raccontare nuovi particolari. E così ha fatto di recente anche davanti alla Corte d’assise di Brescia, dove ha lasciato l’impressione di essere pronto ad aggiungere nuovi particolari.
Il secondo spunto riguarda un altro camerata padovano legato a Freda, Ivano Toniolo. Figlio di una gerarca fascista, indicato da Casalini come il camerata insieme al quale egli andava a mettere le bombe sui treni, è l’uomo che ospitò una famosa riunione a Padova, nell’aprile del ’69, durante la quale sarebbe stata pianificata la stagione delle stragi. Toniolo è scomparso dagli inizi degli anni ’70, prima rifugiandosi in Sudafrica e poi, stando alle ultime notizie, in Angola e Mozambico. Ma è ancora vivo e vegeto e potrebbe custodire importanti segreti.
L’ultima novità, forse quelle più clamorosa, arriva invece dagli archivi del palazzo di giustizia di Catanzaro, dove si celebrò il primo storico processo per Piazza Fontana e da dove è spuntata fuori una vecchia agenda di Ventura con appunti che si riferiscono ad alcuni incontri avvenuti a Paese, nel Trevigiano. E proprio in un casolare di Paese, stando al pentito nero Carlo Digilio, Freda e i suoi camerati avrebbero preparato l’esplosivo per i primi attentati. Però Digilio, nel frattempo defunto, non era stato creduto dai giudici. Ma ora la vecchia agenda di Freda potrebbe riaprire anche questo capitolo.http://roma.indymedia.org/node/14754

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