C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

Immagine
    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

La 'ndrangheta in ospedale


Di Fabrizio Gatti espresso.it
Parenti e amici dei boss controllano l'ospedale di Locri. Dopo l'assassinio di Fortugno nulla è cambiato. Così la mafia conquista il business della salute...
Ha vinto l'onorata sanità. Venite a vedere cosa succede a Locri, in Calabria. Tredici medici dell'ospedale pubblico hanno legami di parentela, di amicizia o addirittura precedenti penali con i vertici della 'ndrangheta. E hanno fatto carriera: sono quasi tutti dirigenti e primari. Stesso curriculum per ventinove infermieri e tecnici ospedalieri che lavorano o hanno lavorato negli stessi reparti. E per ventitré addetti alle pulizie. E, ancora, per altri diciotto medici in servizio nel territorio. Ecco cosa sono oggi l'ospedale e la Asl di Locri.

Dovevano essere il simbolo della riscossa nazionale contro la mafia. Ricordate? Si leggono ancora su Internet le promesse fatte dallo Stato e dalla Regione quando il 16 ottobre 2005 proprio in questa città viene assassinato Francesco Fortugno, primario del pronto soccorso dell'ospedale e vicepresidente del consiglio regionale. Promesse già dimenticate. Lo Stato sta smobilitando. E la politica locale si sta preparando alle elezioni regionali.

"L'espresso" è andato a Locri. Una settimana con una tuta blu addosso. Una settimana in giro tra corsie, sale operatorie e sotterranei accanto agli addetti alla manutenzione. Per scoprire da vicino come si riempiono i cassetti che continuano a trasferire milioni pubblici nelle mani insanguinate della nuova borghesia mafiosa. Da queste parti le lottizzazioni si chiamano Bruzzaniti, Cataldo, Cordì, Morabito, Nirta, Palamara dai cognomi dei capibastone. È riduttivo definirla criminalità organizzata. Perché questo è un modello di Sanità marcia che ormai intossica un terzo d'Italia. Dalla Sicilia alla Puglia, dalla Calabria alla Campania con ramificazioni in molte altre regioni. Un sistema che sfrutta il terrore e la violenza dei picciotti per farsi largo, incassa gli appalti, corrompe la politica e magari si garantisce i voti e l'ascesa al Parlamento. A volte sono solo gang di funzionari corrotti. Molto più spesso è l'espressione di una setta eversiva che riunisce intorno agli stessi conticorrenti killer quasi analfabeti, infermieri diplomati, professionisti laureati e candidati alle elezioni. Così come hanno scoperto le indagini sugli assassini di Francesco Fortugno.


Locri è stata ed è tuttora un esempio. Anche perché qui il modello di onorata sanità continua a provocare vittime. All'omicidio del vicepresidente del consiglio regionale, va aggiunto il caso di una bambina di 4 anni. Sara Sarti l'estate scorsa è in vacanza in Calabria con i nonni. Due dottori della guardia medica e una pediatra non sono in grado di scoprire a cosa sia dovuto il suo mal di pancia. La pediatra dell'ospedale di Locri, terza visita, la dimette nonostante il parere contrario della nonna. E il 24 agosto, il giorno dopo, Sara muore. Negli ospedali calabresi è la sesta morte sospetta in meno di tre settimane. «Poche ore dopo un medico ha detto a mia moglie che se l'avessero ricoverata, al novantacinque per cento Sara si sarebbe salvata», racconta il papà, Alessandro Sarti, 39 anni, cameriere.

Entri all'ospedale e ti aspetti di leggere un cartello come quelli stampati sui pacchetti di sigarette: "Nuoce gravemente alla salute". Lo vedi subito dai cavi elettrici che penzolano dappertutto, perfino dalle pareti del blocco operatorio. Lo senti dalla puzza di guano che si è accumulato sui davanzali del pronto soccorso, uno strato di almeno trenta centimetri che nessuno rimuove da stagioni.

Lo annusi nei ripostigli dei sotterranei trasformati in discariche di macerie e scarti ospedalieri. Lo dice anche un rapporto ufficiale dell'aprile 2008: «Le maggiori difficoltà affrontate riguardano: grave carenza di professionalità interne; scarsa sinergia con l'assessorato regionale alla Salute; presenza di un parco tecnologico in stato di grave e generalizzata obsolescenza ». È scritto così nel dossier della Commissione di indagine sul servizio sanitario in Calabria, affidata all'allora alto commissario contro la corruzione, Achille Serra. Una situazione già denunciata alla Prefettura di Reggio dall'ennesima commissione straordinaria di gestione della Asl.Non è difficile trovare lavoro all'ospedale di Locri. Basta mettersi all'opera e fingere di fare qualcosa. «Sembra incredibile», ammette la Commissione parlamentare antimafia nella relazione annuale 2008 sulla 'ndrangheta: «ma né la Guardia di finanza né la Prefettura di Reggio Calabria sono venute a capo di una situazione di profonda anomalia, per cui in un'azienda sanitaria lo Stato non è riuscito a far luce sul numero dei dipendenti, sul posto indicato in organico e sulla figura professionale che quel posto è destinata a ricoprire ». Di commissione in commissione, però, qualcuno avrebbe dovuto chiamare anche un bravo elettricista.

Il corridoio sotto le finestre dei reparti
Cavi elettrici volanti e matasse di fili telefonici dondolano perfino dalle pareti di pediatria. Strappare per sbaglio una connessione del telefono, oggi che tutto viaggia via computer, significa mettere fuori collegamento un'intera divisione. Tre piccoli materassi di scorta sono accatastati nello stesso locale sporco accanto a un carrello aperto per rifiuti ospedalieri, un bidone dell'immondizia, scatoloni e vecchi registri. Il reparto dei bambini è nel seminterrato. Appena sotto il livello di travi e pilastri di cemento armato che si sbriciolano sul cortile come biscotti, mostrando staffe e tondini corrosi dalla ruggine. Questa è una delle regioni più sismiche al mondo e questo ospedale dovrebbe reggere terremoti da 7 gradi Richter.

La legge 626 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro è in vigore in Italia dal 1994. Ma a Locri i cavi elettrici pendono dalle pareti perfino nel blocco operatorio. Andate a vedere lungo il cosiddetto "corridoio sporco". A sinistra le finestre mostrano le colline di Gerace. A destra il muro e una fila di vetrate smerigliate nascondono le sale operatorie. Proprio il lato destro è una esemplare rassegna di come non si facciano gli allacciamenti. Anche qui matasse di fili volanti tenuti con il nastro adesivo. Giunti scoperti. Scatole di connessione aperte. I cavi si infilano in tre punti nella parete delle camere operatorie.

E c'è da sperare che nessun corto circuito e nessuna scarica mettano in pericolo i pazienti sotto i ferri dall'altra parte. A Vibo Valentia è già successo: nel gennaio 2007 Federica Monteleone, 16 anni, entra in ospedale con un'appendicite e muore dopo un black-out elettrico durante l'operazione.

A Locri un filo volante aziona perfino l'ascensore che sale a medicina, geriatria e all'unità di terapia intensiva di cardiologia. Il bottone bianco pende dalla pulsantiera e prima di schiacciarlo ti chiedi se stai per farti un elettroshock. Non hanno più soldi nemmeno per comprare i coperchi alle scatole elettriche e telefoniche: le trovi scoperte in quasi tutti i reparti. Si sono mangiati tutto nei sei anni dal 2000 e il 2005. O meglio, hanno mangiato soltanto i laboratori e le cliniche private di amici degli amici che l'Asl di Locri ha avuto il piacere di accreditare.

Il bottino l'ha calcolato la Prefettura di Reggio Calabria nel 2006, poco prima che la Asl venisse commissariata per infiltrazioni mafiose: 88 milioni 227 mila 864 euro, ossia 14 milioni 700 mila euro l'anno. Contro un limite di spesa annuo che la Asl aveva fissato in poco più di 8 milioni 200 mila euro. Se n'è andato quasi il doppio. Quanto abbia sprecato l'azienda sanitaria di Locri è scritto nella stessa relazione di commissariamento. Nei sei anni la Asl ha autorizzato e pagato 11 milioni e 224 mila interventi in strutture convenzionate. Cifra che divisa tra i 130 mila residenti del distretto dà il simpatico risultato annuale di 13,96 visite ed esami per ogni abitante. Significa che ogni anno noi contribuenti abbiamo rimborsato alle società mediche private di Locri e dintorni 14 prestazioni per ogni singola persona, contando anche i bambini, i ragazzi e gli adulti sanissimi che non si sono mai fatti visitare.

Una di queste società si chiama "Laboratorio Pio Center" e ha incassato dalla Asl di Locri 3 milioni 836 mila euro in sei anni, contro un tetto annuale di spesa per il settore di 264 mila euro. Dopo un'indagine della direzione investigativa antimafia di Reggio Calabria, la "Pio Center" e la società alla quale appartiene, la "Poliambulatorio salus" sono sotto amministrazione giudiziaria. «Il laboratorio di ricerca in questione è stato interessato da due provvedimenti di sequestro beni», è scritto nella relazione con cui nel 2006 viene commissariata la Asl di Locri, «in quanto considerato facente parte del patrimonio di Nirta Antonio nato a San Luca... capo indiscusso della omonima cosca... detto provvedimento è esteso a terzi interessati, 9 persone, tra cui il dottor Francesco Nirta». Proprietaria del 49,5 per cento di questa società, che secondo la Prefettura ha partecipato all'affare dei laboratori convenzionati, è la moglie di Francesco Nirta, 52 anni, figlio del «capo indiscusso dell'omonima cosca». E mentre la società di famiglia incassava rimborsi, Nirta ha fatto carriera nella stessa Asl: è dirigente del servizio veterinario con uno stipendio di 91 mila euro.Lunghi corridoi collegano i reparti. L'Ufficio tecnico ha la porta sigillata: "Sottoposto a sequestro preventivo", spiega l'avviso firmato dal maresciallo capo dei carabinieri di Locri, Antonio Guarnieri. Si sale al quarto piano attraverso pianerottoli senza illuminazione ed ecco la divisione di Medicina d'urgenza. Un'azienda sanitaria che non ha nemmeno i soldi per sostituire le lampade bruciate dovrebbe risparmiare, accorpare reparti. Medicina d'urgenza ha 8 letti a disposizione, indice di occupazione posti letto 55,1 per cento, posti letto utilizzati 4. Lo rivela la relazione 2007 presentata ta dal direttore generale dell'ospedale, Giustino Ranieri. Quattro posti letto equivalgono a una camera. Però qui con l'attività di una camera si sono inventati un reparto: un caposala, due operatori sociosanitari, un infermiere generico, 8 infermieri professionali, quattro dirigenti medici e un direttore, Luigi Giugno, 110 mila euro di stipendio, una carica da consigliere provinciale a Reggio Calabria nell'Udeur di Clemente Mastella e una di presidente nella commissione provinciale Politica istituzionale.

In questa regione che fonda la sua storia nell'Antica Grecia, già nel 2006 la Prefettura dipinge Luigi Giugno come una specie di moira, le figure mitologiche che arbitravano il destino. Tra il 1983 e il 1988 i carabinieri annotano la sua partecipazione ai funerali di "noti segnalati": Rocco Mammoliti; Filippo Marrapodi, assassinato; Paolo Sergi; Pietro Romanello; Domenico Nastasi, assassinato. Il 9 febbraio 2002 il direttore di Medicina d'urgenza viene controllato e perquisito mentre è in compagnia di Francesco Cataldo, 51 anni, «già latitante, già diffidato... interessato da provvedimenti restrittivi per associazione mafiosa, estorsione, concorso in sequestro di persona, traffico di sostanze stupefacenti e altro». Aggiunge la relazione della Prefettura: Cataldo «risulta appartenere ad un contesto familiare e parentale caratterizzato da diversi soggetti controindicati, tra i quali il padre Nicola, elemento di spicco dell'omonima cosca».

Anche Francesco Fortugno aveva presentato nel 2001 un'interrogazione in Regione contro il reparto di Medicina d'urgenza, definendolo uno spreco. E in merito a quell'interrogazione, così è scritto nella sentenza che il 2 febbraio 2009 condanna all'ergastolo il caposala dell'ospedale di Locri, Alessandro Marcianò, 58 anni, il figlio Giuseppe e altri picciotti per l'omicidio del vicepresidente del consiglio regionale: «Anche in tale esempio di gestione clientelare dell'ente sanitario, vi vedono sulle opposte barricate Fortugno, strenuo oppositore di tale gestione clientelare-affaristico-mafiosa, dall'altro Crea (il consigliere regionale Domenico Crea) ed i suoi fedelissimi, Marcianò Alessandro e, nel caso in argomento, Luigi Giugno, 54 anni».

Va detto che i fatti elencati nella relazione della Prefettura non si riferiscono soltanto a reati o a condanne. Nella maggior parte dei casi si tratta di semplici controlli di polizia che rivelano parentele, amicizie, frequentazioni. In qualche caso medici e infermieri sono stati addirittura prosciolti o assolti. Come è avvenuto per Francesco Stirparo, 56 anni, per Francesco De Matteis, 54 anni, dirigente del Servizio tossicodipendenze, e per Giorgio Barresi, 59 anni, primario del reparto di Gastroenterologia ed endoscopia digestiva. Ma ecco Giovanna Morabito, 54 anni, 69.852 euro di stipendio da dirigente medico. È la moglie di Giovanni Antonio Bruzzaniti, 61 anni di Africo: «Sul cui conto, si rilevano delle vicende giudiziarie per associazione mafiosa, traffico di stupefacenti, estorsione, sequestro di persona, reati inerenti l'ordine pubblico, violenza, reati contro la pubblica amministrazione, violazioni delle leggi di pubblica sicurezza». Ed è la sorella di Salvatore Morabito, 41: «Ritenuto vicino alla cosca mafiosa denominata Morabito-Bruzzaniti-Palamara». Ecco Giuseppe Baggetta, 50 anni, cugino acquisito di Cosimo Commisso, 59 anni: «Ritenuto elemento apicale dell'omonima cosca attiva in Siderno, con proiezione in ambito internazionale, in atto detenuto poiché condannato all'ergastolo ». Oppure Pasquale Cristiano, 64 anni, al quale nel 1970 «il questore di Reggio Calabria gli irrogava la diffida di pubblica sicurezza, rilevando che? è entrato a far parte della cosca operante in Bruzzano e zone limitrofe». E anche Giuseppina Morabito, 47 anni, che dopo aver lavorato nell'ospedale di Locri, è iscritta nella graduatoria regionale come psichiatra. La dottoressa Morabito è figlia di Giuseppe, 75 anni, alias Tiradrittu, il mammasantissima della 'ndrangheta arrestato nel 2004 con il marito di lei, Giuseppe Pansera, 52 anni, medico pure lui.Una volta ricoverati è perfino difficile pretendere il rispetto delle norme igieniche. I sacchi neri dell'immondizia attendono tutta la giornata che qualcuno li porti via. Li trovi ovunque: accatastati nei wc degli infermieri di chirurgia generale, nel corridoio tra le sale operatorie e la sala parto, nei ripostigli della biancheria, o nei bagni di reparto che da anni avrebbero bisogno di un'imbiancata disinfettante. Domenica 8 novembre sul pavimento del gabinetto del personale di urologia, tra il water, il bidone e un secchio, appare una teiera.

Ma come fai a protestare se rischi di scontrarti con la moglie o i figli di un pericoloso boss? La Prefettura sta provando una soluzione mai tentata prima: il licenziamento per familiarità. È cronaca di questi giorni con la protesta di 16 donne imparentate con i clan e rimaste senza lavoro. Nel frattempo la Coopservice, la società che le aveva assunte, si è sdoppiata e ha cambiato ragione sociale. I nomi ora sulle divise del personale sono Omnia Service e Nosside. Gli amministratori però sono gli stessi. Quelli della precedente cooperativa che su 85 dipendenti residenti nel comune di Locri, ne ha assunti 23 «legati da vincolo di parentela diretto con appartenenti di primo piano delle organizzazioni mafiosi», come era stato scoperto nel 2006.

Diranno ora che le istituzioni non si arrendono. Ma a Locri lo Stato ha rinunciato a vincere. Vincenzo Spaziante, 60 anni, commissario delegato della Protezione civile per l'emergenza sanitaria in Calabria, è ormai impegnato altrove. Il governo l'ha nominato coordinatore del piano Case per la ricostruzione a L'Aquila e commissario per l'esecuzione del nuovo Palazzo del cinema al Lido di Venezia. Il presidente della Regione, Agazio Loiero, su mandato della giunta ha denunciato Spaziante alla Procura e alla Corte dei conti. Non hanno denunciato gli imprenditori e i politici di centrodestra e centrosinistra che hanno contribuito al buco da due miliardi, ma il commissario di governo, ex assessore alla Sanità calabrese fino a un anno fa, per interruzione di pubblico servizio e rifiuto di atti d'ufficio. L'Alto commissariato contro la corruzione, che stava conducendo un'indagine su tutti gli ospedali calabresi, è stato sciolto da Silvio Berlusconi, ridotto a Servizio anticorruzione e messo sotto le competenze del ministro all'Innovazione, Renato Brunetta. Cioè è ripartito da zero. Ed è sparito dalla regione. Grazie anche al silenzio del ministero della Salute e dell'Ordine dei medici, avanti di questo passo i boss della 'ndrangheta devono solo aspettare. Il 31 dicembre scade lo stato di emergenza in Calabria. E da Capodanno tutto torna come prima.

Commenti

Post popolari in questo blog

Una storia per bambini della scuola primaria nella giornata Mondiale della Gentilezza

Come calcolare capienza di una piazza durante manifestazione?

Bruxelles e le vetrine hot