C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

Cucchi a un detenuto: «Mi hanno ammazzato di botte i carabinieri»

«Gli ho domandato chi ti ha picchiato e Stefano mi ha risposto 'Mi hanno ammazzato di botte i carabinieri rispondendomi in romano e ha aggiunto 'tutta la notte ho preso botte'. Io gli ho chiesto ancora perche? E lui: 'per un pezzo di fumo'». È un passaggio di una lettera scritta da un compagno di cella a Regina Coeli,di Stefano Cucchi, il giovane morto lo scorso 22 ottobre, sei giorni dopo l'arresto. La lettera, ora in possesso dei pm della procura di Roma che conducono l'inchiesta sulla morte del giovane romano è stata raccolta dal senatore dell'IdV Stefano Pedica.

INFERMERIA - Il detenuto, che scrive in italiano, spiega di essere arabo ed era nell' infermeria del carcere il 16 ottobre all'arrivo di Stefano Cucchi. «È arrivato un ragazzo sulla barella - si legge nella lettera - faticava a camminare, mi sono messo a sua disposizione vedendo le sue condizioni, gli ho preparato il letto, lui mi ha chiesto una coperta, sentiva molto freddo. Poi mi ha chiesto dei biscotti e una sigaretta che ha fumato e poi vedendolo su viso come stava, aveva un colore rosso-viola mi ha risposto che i carabinieri lo avevano ammazzato di botte».


«ERA IMPAURITO» - Secondo quanto si è appreso, i pm Vincenzo Barba e Maria Francesca Loy non avrebbero avuto riscontro di tale circostanza dopo aver sentito altri detenuti. Il testimone poi spiega nella lettera che durante la notte Stefano era stato male: «Nella nostra cella si sentivano forti urla. Mi sono alzato dal letto insieme ad un altro amico e ci siamo avvicinati a Stefano per vedere cosa succedeva. Lui disse 'non chiamate nessuno, però sto male. Era impaurito. Il giorno successivo Stefano rispondendo alle domande del detenuto su chi lo aveva picchiato disse «per due volte i carabinieri».

VISITA MEDICA - Poi, secondo il detenuto, Stefano venne visitato da un medico. «Lo toccò ai fianchi - scrive il detenuto - e Stefano fece un urlo e il dottore disse che doveva andare immediatamente in ospedale«. Nella lettera il testimone spiega che tuttavia il geometra romano non voleva recarsi in ospedale. «Solo alla fine - si legge - mi rispose 'va bene vado in ospedale'. Prima che andasse via gli ho preparato una busta con dei biscotti e alcune mele. Lui si era offerto di chiamare i miei familiari». La lettera si conclude: »Quando Stefano è andato via io e il mio amico di stanza ci siamo parlati in arabo dicendo che non si può fare questo ad una persona umana, Dio non vuole così. Ora Stefano è nelle mani di Dio. Questi pagheranno per sette volte il male che hanno fatto. Stefano ora sei al sicuro, Pace amico mio».http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/09_novembre_27/cucchi_detenuto_picchiato_pedica-1602074205789.shtml

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