C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

no ai test sulla paternità senza il consenso del figlio

No ai test sulla paternità senza il consenso del figlio

Se non è indispensabile in sede giudiziaria, non si può effettuare il test sulla paternità e maternità senza il consenso del figlio. Il principio è stato ribadito dall'Autorità per la privacy affrontando il caso di un genitore, il quale, nell'ambito di indagini avviate per verificare l'effettiva consanguineità, aveva effettuato un'analisi genetica ad insaputa del figlio.

Su incarico del legale del genitore, un'agenzia di investigazioni aveva infatti raccolto due mozziconi di sigaretta gettati dal figlio maggiorenne. I campioni organici rilevati erano poi stati sottoposti, in segreto e senza informare l'interessato, a test per appurare la compatibilità genetica tra figlio e genitore. Venuto a conoscenza del fatto al momento della richiesta di disconoscimento di paternità presentata dal padre in tribunale, il figlio si era rivolto al Garante. La società d'investigazione e l'avvocato si erano difesi affermando che la legge garantirebbe la possibilità di effettuare analisi genetiche senza richiedere il consenso dell'interessato, qualora si tratti di difendere o far valere un diritto in sede giudiziaria.

L'Autorità ha ritenuto invece violati i diritti del figlio e ha vietato al genitore e al suo legale l'ulteriore trattamento dei dati genetici illecitamente raccolti.

Il Garante ha innanzitutto ricordato che la raccolta e il trattamento dei dati genetici può avvenire esclusivamente con il consenso informato, "manifestato previamente e per iscritto", dell'interessato. Si può derogare all'obbligo del previo consenso per far valere o difendere un proprio diritto in sede giudiziaria, ma solo nel caso in cui l'accertamento sia assolutamente "indispensabile" e venga svolto nel rispetto delle regole fissate dal Garante. In particolare, l'obbligo di sottoporre all'interessato una specifica informativa nel caso in cui l'analisi dei suoi dati genetici sia volta ad accertare la maternità o paternità.

"Il test di paternità senza consenso del figlio è possibile in sede giudiziaria solo se indispensabile e svolto nel rispetto delle regole" - ha affermato Giuseppe Fortunato, relatore del provvedimento. "Nella vicenda esaminata dall'Autorità sono emerse diverse violazioni. Dal punto di vista sostanziale, l'accertamento effettuato dal genitore non è risultato essere, sulla base di quanto dichiarato dallo stesso legale che lo assisteva, indispensabile a fini della tutela di un suo diritto in sede giudiziaria: circostanza questa che imponeva, di conseguenza, l'acquisizione del consenso del figlio. Dal punto di vista formale, non è stata fornita all'interessato l' informativa relativa ai test sulla paternità o la maternità".

Roma, 24 febbraio 2009 Garante privacy

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